Danimarca: vince la sinistra, ma c'è ancora una maggioranza all’insegna dell’austerità.

Finalmente, dopo dieci anni, il governo di destra composto dal Venstre (liberali), dai Conservatori e con il sostegno esterno del Partito del popolo danese (DF), populista e razzista, è stato sconfitto nelle elezioni del 15 settembre. Il risultato è tuttavia molto confuso, e porterà la Danimarca verso una situazione politica assai turbolenta.

Venstre, il principale partito di destra, ha guadagnato qualcosa rispetto alle ultime elezioni, soprattutto a causa del collasso completo dei conservatori (il partito tradizionale del grande capitale), che sono stati ridotti al più piccolo partito rappresentato in Parlamento con il 4,9% dei voti, solo la metà dei voti che hanno ricevuto l'ultima volta.  Anche il Partito del popolo danese ha perso consensi, soprattutto perché sono stati parte di tutti gli attacchi contro i lavoratori ed i ceti meno abbienti negli ultimi dieci anni. Un nuovo partito, ma non ancora consolidato, Alleanza Liberale,  ha ottenuto il 5% dei voti.

I negoziati per formare una coalizione intorno ad un "programma di governo" sono ancora in corso, ma sembra che si concluderanno molto presto. La prospettiva più plausibile è che il governo venga formato dai socialdemocratici (SD), dal Partito Popolare Socialista (SF) e il partito di centro-sinistra, che per oscure ragioni storiche si chiama Sinistra Radicale (RL) ma che non è né radicale né di sinistra. La Danimarca ha una tradizione di governi di minoranza sostenuti dall’appoggio parlamentare esterno, e questo governo SD-SF-RL avrà tale sostegno dal partito più a sinistra presente in Parlamento, la Lista per l’Unità (in Italia spesso chiamata Alleanza rosso-verse, ndt).

Molti lavoratori e giovani hanno esultato dopo la sconfitta del governo di destra, ma si tratta di una vittoria dolceamara. L’opposizione ha vinto di strettissima misura, e il nuovo governo si trova ad affrontare enormi problemi già ancor prima di essersi formato. Anche se l’ "opposizione" ha vinto le elezioni, in Parlamento esiste ancora una maggioranza a favore di un programma di austerità.

Questa situazione pone sfide enormi per i leader dei partiti operai: i socialdemocratici, il Partito socialista del popolo e la Lista per l’unità.

Sinistra Radicale: un partito borghese

Sinistra Radicale è un partito borghese, che addolcisce le sue politiche economiche di destra con una politica cosiddetta "progressista" sull'immigrazione e l'ambiente. Hanno già chiesto che il  prossimo governo socialdemocratico porti avanti una politica economica "responsabile", cioè di destra.

In primavera, prima delle elezioni, Sinistra Radicale aveva raggiunto con l'allora governo di destra un accordo relativo ad una "riforma" delle pensioni che attaccava pesantemente il prepensionamento e innalzava l'età pensionabile per i nuovi nati a 73 anni! Questo accordo non è stato votato prima delle elezioni, ma attualmente c'è ancora una maggioranza in Parlamento a favore di questo accordo, e Sinistra Radicale chiede che diventi una parte del programma del nuovo governo. E questo è solo l'inizio: RL si oppone anche a tutta una serie di piccole riforme che i Socialdemocratici e SF avevano suggerito prima delle elezioni, come una tassa sui  redditi milionari, più tasse sulle banche, ecc, e intendono continuare a portare avanti il massiccio attacco alle indennità di disoccupazione che il governo di destra ha introdotto in primavera. I leader di RL lo hanno espressamente dichiarato: la situazione economica è molto grave, e questa manovra sulle pensioni è solo l'inizio.

Il suo carattere di classe è apparso chiaro quando una delle prime cose che ha fatto appena le elezioni sono state indette è stato quello di allearsi con i conservatori  pianificando  per dopo le elezioni una "larga cooperazione" attraverso il centro, con l’obiettivo di “mettere un freno alle politiche di blocco (della sinistra, ndt)”.

In queste elezioni, Sinistra Radicale è riuscita ad aumentare ampiamente i suoi voti. Questo è un duro colpo per i lavoratori danesi, ma la colpa si può imputare solo ai leader dei partiti operai danesi, in particolare SD e SF. Sinistra Radicale è sempre stato usato dai leader socialdemocratici come scusa per non perseguire una politica a favore della classe lavoratrice una volta giunti al governo (l'ultimo volta risale agli anni ’90). Dai tempi del governo Stauning, negli anni ’30, la leadership socialdemocratica ha considerato suo compito difendere il capitalismo. Sinistra Radicale è stato usato come un parafulmine per scaricare la pressione proveniente dalla base socialdemocratica e dai sindacati. La leadership socialdemocratica ha sempre respinto le critiche dal basso con la scusa che "ci piacerebbe molto portare avanti una politica di classe, ma in considerazione dei nostri alleati,  Sinistra Radicale, dobbiamo scendere a compromessi ... “. Così i dirigenti socialdemocratici hanno fatto tutto il possibile per assicurarsi che il risultato delle elezioni non sarebbe stato una maggioranza dei soli SD, SF e Lista per l’Unità, ma che Sinistra Radicale divenisse necessario per formare un nuovo governo. Questa strategia piuttosto rischiosa ha quasi portato alla sconfitta, ed  ora mette i partiti dei lavoratori in una situazione molto difficile.

Proprio come i socialdemocratici di destra, i dirigenti della SF hanno concluso di avere bisogno di Sinistra Radicale nel nuovo governo e sono stati altrettanto ansiosi di difendere l'idea di una "ampia collaborazione di centro” cioè collaborazione di classe. Se SD e SF avessero chiaramente affermato che Sinistra Radicale è un partito borghese e che non si sarebbero alleati con loro dopo le elezioni, è chiaro che Sinistra Radicale avrebbe ricevuto molti meno voti. Molti di coloro che hanno votato per la Sinistra Radicale lo ha fatto nonostante le sue politiche economiche. Volevano un nuovo governo e sono stati disgustati dalla svolta a destra di SD e SF sull'immigrazione negli ultimi anni.

Se i vertici di SD e SF avessero detto fin dall'inizio: "Saremo in grado di garantire un nuovo governo solo se i partiti dei lavoratori otterranno una vera e propria maggioranza", Sinistra Radicale sarebbe stata decimata e ci sarebbe stata una reale possibilità per un governo dei partiti dei lavoratori  SD, SF e  Lista per l’Unità. Invece quello che abbiamo oggi è una situazione in cui questi partiti saranno pesantemente ridimensionati se vanno al governo con Sinistra Radicale, esattamente come abbiamo visto accadere ai Socialdemocratici, che persero pesantemente le elezioni dopo essere stati in un governo di coalizione con i RL negli anni novanta.

I dirigenti di SD e SF avevano preparato questo letto piuttosto scomodo abbracciando l'idea di "un'ampia cooperazione" in tutto il centro, e questo significa che chi sarà costretto a pagarne le spese è  la classe operaia.

Con Sinistra Radicale nel nuovo governo sarà impossibile applicare una politica a favore dei lavoratori. Una parte della borghesia aveva chiaramente intenzione di creare le condizioni che rendessero possibile un governo dei Socialdemocratici,  SF ed un gruppo parlamentare di RL più grande possibile. Questi agenti della borghesia tra le file della sinistra, hanno il compito di fare in modo che i partiti dei lavoratori screditino se stessi così da aprire la strada in futuro ad un nuovo governo, più forte e più a destra. RL vuole un nuovo governo con la leader socialdemocratica Helle Thorning come primo ministro, ma vuole anche cooperare con i partiti di destra ad una politica economica di destra. Vuole continuare le politiche di austerità, ma con un nuovo primo ministro e quindi ridurre i partiti dei lavoratori ad una posizione di subordinazione.

È chiaro, se si considerano i voti minori del previsto ottenuti tanto dal Sd che da SF, che questo processo di discredito era già iniziato prima delle elezioni, e non potrà che incrementarsi ulteriormente nel corso della nuova legislatura se Sinistra Radicale  raggiungerà i propri scopi. Se SD e SF vogliono evitare di screditarsi ulteriormente devono smettere di collaborare con la Sinistra Radicale e presentare un programma chiaro volto a  migliorare il welfare e annullare gli attacchi alle indennità di disoccupazione e alle pensioni, e che faccia marcia indietro sulle passate privatizzazioni. Se anche con un tale programma RL accettasse ancora Helle Thorning come primo ministro, allora sarebbe il benvenuto a sostenere questo governo. Se invece dovesse rifiutare – il che oggi sembra essere lo scenario più probabile – si rivelerebbe pubblicamente per quel partito di destra opportunista che realmente è. Purtroppo questa non è la linea dei principali leader SD e SF in questo momento.

Una radicalizzazione evidente

Helle Thorning sarà primo ministro, ma ha alle spalle il peggior risultato elettorale per il SD dal 1903, con solo il 24,9% dei voti, e un calo di 0,6 punti percentuali rispetto alle elezioni precedenti.

In campagna elettorale, i Socialdemocratici non sono riusciti a convincere l’elettorato che sarebbero realmente stati in grado di risolvere qualcuno dei problemi dei lavoratori danesi. Insieme con SF avevano portato avanti il loro grande piano, la cosiddetta "soluzione equa", che includeva tra l’altro un'ora di lavoro in più a settimana (o "dodici minuti in più al giorno"). Nei comuni dove già  avevano la maggioranza, hanno effettuato tagli massicci a scuole, asili, eccetera, e in molte di queste città il voto socialdemocratico è crollato.

Oltretutto, molti ancora ricordano il governo socialdemocratico Nyrup degli anni ‘90 ed i suoi tagli al welfare, il prepensionamento e le privatizzazioni. Era chiaro già durante la campagna elettorale che Helle Thorning avrebbe continuato sulla stessa linea di allora, ma questa volta in assenza dove di una congiuntura economica favorevole. La base socialdemocratica, d'altra parte, non vuole la continuazione dell’austerità, bensì politiche in grado di soddisfare gli interessi dei lavoratori e fintanto che la leadership persisterà nell’attuale svolta a destra, il partito passerà da una sconfitta storica  ad un’ altra. Se si guardano i voti espressi per singoli candidati, è chiaro che la leadership del Partito Socialdemocratico ha perso sostegno. Secondo Politiken.dk, il 17 settembre i dirigenti socialdemocratici eletti ai primi quattro posti hanno perso un totale di più di 27.600 preferenze rispetto alle elezioni del 2007. Helle Thorning-Schmidt ha perso quasi un terzo  ( - 16.362) dei suoi voti personali.

Il risultato elettorale è stato in realtà un chiaro rifiuto del piano economico presentato dalla leadership di SD e SF, della loro "soluzione equa" - che non aveva nulla di equo - , dei tagli e, non da ultimo, dell'attacco alla settimana lavorativa incluso in questo piano.

SF ha sofferto quello che può solo essere descritto come un vero e proprio disastro elettorale, ottenendo solo il 9,3 per cento dei voti, con un calo del 3,8 per cento rispetto alle ultime elezioni. Questa battuta d'arresto è aggravata dal fatto che SF, in diversi sondaggi d'opinione del 2010, veniva data al 20%. È ovvio che la sua svolta a destra e l’appoggio all'ala destra del Partito Socialdemocratico sono del tutto errate e devono essere immediatamente abbandonate. Se la leadership del partito continua su questa linea (e ancor peggio se accetterà di entrare in un governo con Sinistra Radicale), non solo il declino continuerà, ma, ancora più importante, SF avrà deluso le centinaia di migliaia di lavoratori e giovani che guardavano al partito come difensore dello stato sociale e dei loro interessi in generale.

Una parlamentare di SF, Ida Auken, il giorno dopo le elezioni ha dichiarato al giornale Information: "Abbiamo pagato il prezzo per la creazione di una vera alternativa ad un governo che bisognava cambiare." La verità è che SF ha messo da parte i propri principi politici pur di entrare nel governo, ed è per questo che ora viene punito. È una regola generale che quando ci sono due partiti dei lavoratori che agli occhi del lavoratore comune hanno più o meno la stessa politica, è sempre il più grande che tende a vincere a scapito dell’altro. Giustamente, i lavoratori si chiedono perché mai dovrebbero essere rappresentati dalla più piccola delle due parti, se la politica è la stessa.

Nelle recenti elezioni locali in Norvegia, le reali, spaventose prospettive che SF potrebbe dover affrontare nel prossimo futuro sono state rivelate dal suo partito gemello, il Venstreparti Sosialistisk (SV). Nelle elezioni locali all'inizio di settembre SV è calato dal 6% al 4%. In precedenza era stato riconfermato con la stessa percentuale di voti, proprio come SF, ma il declino è cominciato con l'ingresso, nel 2005, in un governo con l'Arbeiterpartiet (socialdemocratici) e il Partito di Centro. Come avevamo già puntualizzato, il grande successo di SF è stato raggiunto nonostante la svolta a destra della leadership.

I passati successi derivavano dal fatto che il partito era visto come un'alternativa ai Socialdemocratici. Tuttavia, più è apparso chiaro che non era in grado di portare avanti una vera alternativa, più il  sostegno è calato. Lo stesso segretario del partito Villy Søvndal ha subito una massiccia perdita di preferenze: in queste elezioni ha ricevuto meno della metà dei voti che nelle precedenti elezioni. Ora è a malapena tra i primi 20, mentre prima era uno dei politici più popolari.

La battuta d'arresto elettorale, insieme con la prossima partecipazione al governo farà emergere in maniera esplosiva tutte le tensioni accumulate nel partito. Una importante discussione che si concluderà al congresso, in primavera, riguarda la necessità rinnovare il programma del partito. Le migliaia di iscritti SF ed i suoi elettori non vogliono certo un partito che, quando si viene al dunque, continua con le politiche del precedente governo.

Nelle elezioni abbiamo visto che una evidente radicalizzazione è avvenuta nella società danese, con un risultato elettorale storico per la Lista per l’Unità, che dal 2,2% alle ultime elezioni è balzato all’attuale  6,7%. La Lista per l’Unità ha aumentato significativamente il proprio voto proprio perché si è distinta nelle elezioni come unica alternativa alla sinistra e il loro risultato storico sottolinea anche la radicalizzazione che è cresciuta sotto la superficie della società danese negli ultimi anni. Con una sola eccezione - nel 1987 – i partiti a sinistra dei socialdemocratici non hanno mai conquistato così tanti voti come in queste elezioni, e i partiti a sinistra di SF (come il Partito Comunista e alcune scissioni minoritarie di SF) avevano finora raggiunto un così buon risultato solo una volta, nel 1977.

A Copenaghen la Lista per l’Unità ha avuto più voti di SF in tutte le circoscrizioni tranne una, e in tre (Nørrebro, Vesterbro e nel centro cittadino) la Lista per l’Unità è diventato il primo partito con rispettivamente il 27,6% (SD: 16,2% e SF : 15,2%), 22,8%, (SD: 17,4%, SF: 14%) e 18,3%, (S: 13,8%, SF: 11,6%) dei voti. Anche nelle altre maggiori città la percentuale di Lista per l’Unità è aumentata e SF ha perso voti.

Questo grande successo per Lista per l’Unità e la prospettiva del nuovo governo sollevano importanti questioni per il prossimo periodo. I dirigenti di Lista per l’Unità ha intrapreso la stessa strada dei leader di SF, come è stato chiaramente dimostrato, ad esempio,  dall’appoggio ai bombardamenti NATO in Libia. Di volta in volta, Lista per l’Unità si troverà di fronte alla scelta tra accettare i tagli o votare contro il nuovo governo. Johanne Schmidt Nielsen, leader di Lista per l’Unità, ha dichiarato esplicitamente che in nessun caso il suo partito intende far cadere questo governo. La linea della dirigenza di Lista per l’Unità si è concentrata tutta sulla lotta parlamentare e si è basata solo sull’ottenere seggi in Parlamento, piuttosto che sulla costruzione del partito nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università. Il partito sarà di fronte a scelte decisive nel prossimo periodo e tutti i di questa strategia verranno alla luce. Più volte, durante la campagna elettorale, i cronisti hanno intervistato la Nielsen sul programma del partito e sulla sua proposta di nazionalizzazione delle grandi aziende, eccetera. A molte di queste domande si è rifiutata di rispondere, definendole una campagna diffamatoria da parte dei media. Non c'è dubbio che i media stavano cercando di montare una campagna, ma hanno anche fornito una grande opportunità: si sarebbe potuto spiegare il programma del partito e farlo conoscere ad un maggior numero di persone, invece di accettare il trito dogma mediatico che la richiesta di nazionalizzazioni spaventa gli elettori.

Nel prossimo periodo si aprirà un profondo scontro interno, che deciderà se Lista per l’Unità è destinato ad essere un partito parlamentarista della sinistra riformista o un partito rivoluzionario in cui il lavoro parlamentare si è solo secondario alla conduzione della lotta di classe.

Un governo con le fondamenta minate

Che RL entri (che è ancora l'evenienza più probabile) o non entri nel nuovo governo, in ogni caso avremo un governo con la dinamite nelle fondamenta. Da un lato i partiti operai principali da soli non hanno la maggioranza, ma dall'altro non la hanno neppure SD e SF con RL. Se vogliono formare una maggioranza senza la Lista per l'Unità hanno bisogno dei Conservatori e / o di Venstre, di Alleanza Liberale o del Partito Popolare Danese.

Sul nuovo governo si vanno già accumulando enormi pressioni da tutte le parti della società. In Parlamento c'è ancora una maggioranza che sostiene massicce contro-riforme, come attacchi a prepensionamenti, pensioni, sussidi di disoccupazione, eccetera. RL e gli imprenditori stanno già premendo su questa maggioranza da utilizzare per effettuare tali attacchi. RL ha già dichiarato in televisione che l'innalzamento dell'età di pensionamento è ben lungi dall'essere sufficiente, e che ulteriori contro-riforme sono necessarie.

Dall'altra parte ci sono i sindacati che hanno espresso grande preoccupazione per il risultato elettorale. Dennis Kristensen, segretario della FOA (sindacato della funzione pubblica), il terzo sindacato del paese, ha definito il risultato "poco chiaro". È chiaro che l'innalzamento dell'età pensionabile sta per essere attuato e questo metterà la leadership sindacale sotto intensa pressione da parte degli iscritti; e la pressione  crescerà ulteriormente quando il nuovo governo, in seguito agli accordi tra i tre partiti principali, chiederà ancora più sacrifici ai lavoratori al fine di "aumentare la competitività". Il nuovo governo entra in carica durante la peggiore crisi economica globale dopo la seconda guerra mondiale: una crisi che è ben lungi dalla fine e che infatti in questo momento sta addirittura peggiorando. Il deficit finanziario previsto per il prossimo anno si è già rivelato più grande di quanto non fosse stato previsto prima delle elezioni. In altre parole, Helle Thorning e Villy Søvndal ereditano un'economia a pezzi e ci sarà bisogno di attacchi massicci contro la classe operaia se vorranno accondiscendere alle richieste di un sistema capitalistico in profonda crisi. Quindi ci sarà bisogno ancora di più di un movimento sindacale ancora più determinato nella difesa ad oltranza degli interessi dei lavoratori. I sindacati dovrebbero come minimo iniziare pretendendo che gli attacchi ai sussidi di disoccupazione siano totalmente revocati, e che i sussidi stessi siano equiparati ad  uno stipendio pieno.

La classe operaia danese e i giovani attendevano con ansia un nuovo governo. Nei luoghi di lavoro hanno sopportato i licenziamenti, l'aumento dell’orario di lavoro e i tagli ai salari. Hanno accettato i tagli allo stato sociale, nella speranza che un nuovo governo avrebbe migliorato tutto questo stato di cose. Ma la crisi richiede che il nuovo governo applichi misure di austerità addirittura ancora più dure. I lavoratori e i giovani non possono aspettare molto più a lungo. Esiste un  diffuso scontento latente che emergerà nel prossimo periodo, uno scontento che metterà il nuovo governo sotto intensa pressione da vari fronti e che potrebbe portarlo ad una precoce caduta.

La linea del nuovo governo, una politica di cooperazione tra i partiti dei lavoratori e un partito borghese durante una delle peggiori crisi nella storia del capitalismo, equivale, come abbiamo detto, ad averne minato le fondamenta. Non è possibile pensare di saldare l’abisso che si è aperto tra le classi. I partiti dei lavoratori saranno costretti a prendere posizione, e le direzioni di tutti e tre saranno pesantemente forzate ad adottare una  politica realmente socialista o ad essere sostituite.

All'interno di questi partiti si aprirà uno scontro inevitabile sulla linea politica da seguire. È quindi necessario costruirvi un’opposizione interna, che abbia come obiettivi la rottura con Sinistra Radicale, l’attuazione di una politica a favore delle classe lavoratrice e la creazione di un’alleanza tra questi partiti per lottare per un governo dei lavoratori su un programma socialista.

Translatino: FalceMartello (Italy)