Usa: la brutale uccisione di Tyre Nichols infiamma Memphis e oltre

Ancora una volta gli Stati Uniti sono attraversati dalla rabbia contro la violenza della polizia. Le proteste sono cominciate a Memphis venerdì 27 gennaio dopo l’uscita di un video che mostrava il brutale pestaggio da parte della polizia di Tyre Nichols, fotografo ventinovenne e lavoratore FedEx, risultato fatale. Le proteste sono poi dilagate in almeno 38 città in tutta la nazione.

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Cinque poliziotti hanno trascinato Nichols fuori dal suo veicolo e lo hanno attaccato con spray al peperoncino, taser e manganelli, insieme a una copiosa dose di calci e pugni, mentre il ragazzo gridava aiuto chiamando sua madre. Le immagini ripugnanti di giovani neri aggrediti e uccisi dalla polizia sono fin troppo familiari, ma questa tragica abitudine non ha reso la scena meno scioccante o inquietante. La ragione ufficiale addotta per questo fermo di polizia fatale è stata “guida spericolata”. La capa della polizia di Memphis, C. J. Davis, ha però poi ammesso che non c’è nessuna prova che la polizia avesse un motivo legale per fermare Nichols.

Finora le proteste non si sono neanche avvicinate alle dimensioni e all’intensità dell’insurrezione nazionale del giugno 2020 seguita all’uccisione di George Floyd. La paura della classe dominante che ci possa essere una ripetizione di quei drammatici eventi è palpabile. Politici e capi della polizia in tutti gli Stati Uniti hanno fatto a gara per piazzarsi davanti alle telecamere e invitare alla “calma”. La loro paura spiega perché i cinque poliziotti assassini sono stati accusati di omicidio di secondo grado persino prima della pubblicazione del video. E spiega anche perché l’unità a cui appartenevano questi agenti – la cosiddetta Scorpion – sia stata “permanentemente disattivata” il giorno dopo l’inizio delle proteste.

In aggiunta a queste mezze misure dettate dal cinismo, i rappresentanti dei capitalisti non si sono risparmiati frasi fatte ipocrite e vuote. Il capo della polizia Davis ha definito l’omicidio “mancanza di minima umanità”. Il direttore dell’Fbi Christopher Way – l’uomo a capo dell’agenzia responsabile di avere sparato in faccia al leader delle Pantere Nere, Fred Hampton, mentre dormiva – si è detto “scandalizzato” dal video. Il procuratore generale Merrick Garland lo avrebbe trovato “profondamente allarmante”. Di questo disgustoso atto di terrore poliziesco, il presidente democratico Joe Biden ha detto: “La morte di Tyre ci ricorda in maniera dolorosa che dobbiamo fare di più per mettere il nostro sistema di giustizia penale all’altezza della promessa di imparzialità, trattamento equo e dignità per tutti”.

Ma né le riforme posticce della classe dominante né la sua retorica sulla “giustizia imparziale” e la “dignità per tutti” vanno al cuore del perché la violenza e gli omicidi polizieschi siano così comuni nella società statunitense. L’orribile brutalità della polizia, così come il suo utilizzo sproporzionato a danno dei neri e delle altre minoranze, ha profonde radici nel capitalismo americano. Come Socialist Revolution (la sezione statunitense della Tmi, ndt) ha già avuto modo di spiegare:

“Non è possibile che una piccola minoranza possa sfruttare una grande maggioranza senza “corpi armati” che facciano rispettare il proprio dominio. Ciò è particolarmente vero quando le condizioni di vita per la maggior parte della gente sono già misere e si deteriorano rapidamente. […]

La legge, la passività sociale, l’ideologia, la propaganda, la religione, “divide et impera”, e tutto il resto non sono sufficienti per mantenere continuamente tutte le persone in riga. Per mantenere lo status quo e dare l’esempio a tutti quelli che mettono in discussione o agiscono contro questa oscena situazione, viene utilizzata l’intera forza repressiva dello stato su questa o quella parte della popolazione, a volte selettivamente, a volte indiscriminatamente.”

Quasi dieci anni fa, agli albori del movimento Black Lives Matter, molti attivisti contro la violenza poliziesca pensavano che la soluzione fosse assumere più neri e più donne in polizia, ma a Memphis tutti e cinque gli agenti accusati dell’omicidio di Nichols sono neri, e il capo della polizia Davis è una donna nera. Quest’ultima è stata presidente dell’organizzazione nazionale dei poliziotti neri (la National Organization of Black Law Enforcement Executives), e nel 2020 è comparsa nel programma Good Morning America per reclamare “ampi cambiamenti e una riforma della polizia” all’indomani dell’uccisione di George Floyd. Ma è stata sempre lei a lasciare in vita l’unità Scoprion – acronimo orwelliano che sta per “Street crimes operation to restore peace in our neighborhoods” (Operazione contro i crimini di strada per restaurare la pace nei nostri quartieri). In che modo il colore della pelle o il genere dei poliziotti assassini e della loro capa avrebbero cambiato l’esito dell’incontro fatale di Tyre Nichols con i “corpi armati” dello Stato capitalista?

In ultima analisi, il razzismo, la disuguaglianza e la violenza poliziesca sono a servizio della società divisa in classi. Nonostante le lacrime dei suoi rappresentanti a beneficio delle telecamere, l’infima minoranza dei capitalisti che controllano gli Stati Uniti basa la sua stessa sopravvivenza come classe sulla selvaggia crudeltà della polizia. Esiste però una forza in grado di mettere fine al terrore poliziesco una volta per tutte: la classe operaia.

Al contrario dello Stato capitalista, lo Stato operaio non imporrà il dominio di una piccola minoranza sull’immensa maggioranza della società. Sarà invece la larga maggioranza a governare su una minoranza di dimensioni infinitesimali, che sarà a sua volta assorbita organicamente nella popolazione generale via via che si estingueranno le diseguaglianze e le classi sociali. Pur non potendo escludere l’uso della forza, uno Stato operaio sano non avrà bisogno di quell’infinito stillicidio di violenza sistematica e indiscriminata che costituisce il segno distintivo del potere statale in tutte le precedenti forme di società divise in classi.

Dal genocidio dei popoli indigeni nel Nord America alla brutalità della schiavitù, dai massacri di Ludlow (località del Colorado dove 21 persone furono uccide durante uno sciopero dei minatori, nel 1914, ndt) e dell’Italian Hall (situata a Calumet, Michigan,dove nel 1913 morirono 73 persone – tra cui 57 bambini, a causa di un falso allarme incendio provocato da sgherri dell’aziende del rame, ndt) alle uccisioni di Trayvon Martin, Michael Brown, Eric Garner, Breonna Taylor, George Floyd, Tyre Nichol e innumerevoli altri, la storia del capitalismo americano è stata una fiera di orrori da fare invidia a pochi, se non a nessuno, negli annali della storia umana. Questo però non ci deve demoralizzare, nemmeno per un istante. Il capitalismo Usa ha già prodotto il poderoso esercito che lo butterà giù: la classe operaia e i milioni di lavoratori che la compongono.

Le proteste e le rivolte contro la brutalità della polizia non offrono che un barlume dell’immensa forza che la nostra classe sprigionerà nella prossima rivoluzione socialista. Le condizioni di questa rivoluzione stanno maturando sotto ai nostri occhi. Ma per avere successo in questa lotta, la classe operaia deve essere organizzata e guidata da un partito rivoluzionario orientato dalla teoria e dai metodi del marxismo. La Tmi sta costruendo questa organizzazione. Se sei indignato quanto noi dal torrente infinito di violenze razziste e degrado umano, ti invitiamo a unirti a noi nella lotta per conquistare il socialismo nel corso della nostra vita.

Per l’unità della classe operaia!

Un’offesa a uno è un’offesa a tutti!

Per combattere i poliziotti assassini, combatti il capitalismo!

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