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La proclamazione della Repubblica da parte del Parlamento catalano il 27 ottobre è stata di breve durata. Lo stato spagnolo era pronto a schiacciarla in maniera decisa mentre il governo catalano non aveva alcun piano né una strategia per difenderla. Tuttavia, questa, non è la fine del movimento.

Lo sciopero generale in Catalogna contro la repressione, l’introduzione dell’articolo 155 e per il rilascio dei prigionieri politici è riuscito a paralizzare il paese. Nonostante tutte le difficoltà, lo sciopero ha avuto un grande seguito nel settore educativo, nel settore pubblico e nei media, ma è stato quasi insignificante nell’industria e nei trasporti. Tuttavia, la giornata è stata caratterizzata da blocchi stradali e dei trasporti organizzati dai Comitati per la Difesa della Repubblica (CDR) e da manifestazioni di massa in tutte le città.

Gli storici borghesi hanno generalmente descritto l’Ottobre come un colpo di Stato, abile complotto di una minoranza decisa che sfrutta il caos generato dalla guerra per imporre la propria dittatura. Che i bolscevichi cospirassero alle spalle delle masse è tuttavia una tesi ridicola. La loro politica fu dibattuta in scritti e discorsi innumerevoli lungo gli otto mesi che separarono la rivoluzione di febbraio da quella di ottobre.

Pubblichiamo la traduzione del volantino che i compagni di Revolució, il giornale catalano della Tendenza marxista internazionale, stanno distribuendo in queste ore nelle proteste di massa contro l’arresto di otto ministri del governo catalano. La magistratura spagnola ha chiesto l’estradizione anche per Puidgemont e altri quattro ministri attualmente in Belgio. Anche l’ufficio di presidenza del Parlamento catalano è sotto inchiesta per aver permesso la discussione sulla dichiarazione d’indipendenza.

Sabato 21 ottobre a Barcellona 450mila persone sono scese in corteo (secondo la polizia locale) mentre altre decine di migliaia l’hanno fatto in diverse altre città, grandi e piccole in tutta la Catalogna, per chiedere la libertà per i due Jordi (detenuti senza cauzione e accusati di sedizione) e respingere il colpo di stato avvenuto tramite l’applicazione dell’articolo 155 annunciata dal presidente spagnolo Rajoy il mattino del 21 ottobre.

Erano appena passate le 9.20 di sera quando si è diffusa la notizia che i dirigenti dell’Assemblea nazionale catalana (ANC), Jordi Sánchez, e Jordi Cuixart dell’Òmnium Cultural (un istituto per la promozione della cultura catalana), erano stati condotti in carcere senza cauzione su ordine della Corte di Giustizia Nazionale. La rabbia è esplosa. La gente ha condiviso la notizia sui gruppi di WhatsApp. I messaggi video pre-registrati dai due Jordi sono stati pubblicati e sono diventati virali. La gente ha cominciato a uscire per le strade e ai balconi e alle finestre e hanno bruciato pentole e tegami in tutta la Catalogna. A loro si sono uniti i vigili del fuoco che hanno avviato le

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Sembrava che tutto fosse stato preparato in anticipo. Il presidente catalano, Carles Puigdemont, stava per recarsi al Parlamento catalano e annunciare la costituzione di una repubblica indipendente, come avrebbe dovuto fare visti i risultati del referendum del 1 ° ottobre.

Ieri il Tribunale costituzionale ha sospeso la seduta del Parlamento catalano (in programma per lunedì prossimo) che all’ordine del giorno aveva  il risultato della referendum e la decisione sulla dichiarazione o meno dell’indipendenza. Ciò rappresenta un attacco importante alla democrazia catalana, in quanto chiude nei fatti il parlamento democraticamente eletto. Questa mossa può solo far arrabbiare le masse e spingere il presidente catalano Puigdemont a spingersi oltre a quanto avrebbe potuto voluto fare.

La decisione del Parlamento catalano di convocare il Primo ottobre un referendum per l’indipendenza è stata accolta dallo stato spagnolo con misure repressive. Nei giorni scorsi questi provvedimenti sono cresciuti di intensità e rivelano la natura profondamente antidemocratica della Costituzione del 1978, che è stata imposta tramite un accordo tra il vecchio regime di Franco e i leader dei partiti operai, per porre fine alla crisi rivoluzionaria che stava attraversando il paese.

Questa mattina, Domenica 24 settembre, ci sono state manifestazioni di massa in tutta la Catalogna. A Barcellona c’erano migliaia di persone. E’ un evento molto significativo, dal momento che questo era il fine settimana della Mercé, una festività molto importante in Catalogna, per cui era lecito aspettarsi poca partecipazione. E invece, anche durante le celebrazioni e i concerti organizzati per la festa si sentivano cori spontanei scandire “Andremo a votare!” e “Indipendenza!”. Durante le manifestazioni sono state installate nelle piazze delle stampanti per produrre materiale elettorale (che è stato in questi giorni uno degli obiettivi più colpiti dalla repressione poliziesca). Oggi

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In Europa il vento della lotta di classe torna a soffiare forte. In Francia l’effetto Macron è durato pochi mesi. La sua popolarità è crollata nei sondaggi e l’attacco che sta portando avanti nei confronti del movimento operaio lo farà precipitare. La Loi travail XXL vuole assestare un colpo definitivo al movimento operaio organizzato, prevedendo tra l’altro, la fine nei fatti del Contratto collettivo nazionale e licenziamenti molto più facili.

 

La decisione del Parlamento catalano di convocare il Primo ottobre un referendum per l’indipendenza è stata accolta dallo stato spagnolo con misure repressive. Nei giorni scorsi questi provvedimenti sono cresciuti di intensità e rivelano la natura profondamente antidemocratica della Costituzione del 1978, che è stata imposta tramite un accordo tra il vecchio regime di Franco e i leader dei partiti operai, per porre fine alla crisi rivoluzionaria che stava attraversando il paese.

Il primo agosto scorso Santiago Maldonado è scomparso ad opera della Gendarmeria nazionale (l’equivalente dei Carabinieri, ndt) e dello Stato.