La Catalogna è pronta a insorgere

Erano appena passate le 9.20 di sera quando si è diffusa la notizia che i dirigenti dell’Assemblea nazionale catalana (ANC), Jordi Sánchez, e Jordi Cuixart dell’Òmnium Cultural (un istituto per la promozione della cultura catalana), erano stati condotti in carcere senza cauzione su ordine della Corte di Giustizia Nazionale. La rabbia è esplosa. La gente ha condiviso la notizia sui gruppi di WhatsApp. I messaggi video pre-registrati dai due Jordi sono stati pubblicati e sono diventati virali. La gente ha cominciato a uscire per le strade e ai balconi e alle finestre e hanno bruciato pentole e tegami in tutta la Catalogna. A loro si sono uniti i vigili del fuoco che hanno avviato le sirene di allarme.

Il caso è una dimostrazione plastica del significato del regime del 1978. I due Jordi, assieme al capo dei Mossos, la polizia catalana, Trapero (a cui è stato concesso il rilascio condizionale ma gli è stato ritirato il passaporto), sono stati messi in stato d’accusa per crimini contro lo Stato da parte dalla Corte di Giustizia Nazionale di Madrid, un tribunale che è la diretta continuazione dell’odiato Tribunale di Ordine Pubblico franchista.

Sono accusati di “sedizione” e di cospirazione, un crimine che è rimasto nel codice penale senza alcuna modifica dai tempi del periodo franchista. Viene descritta come una “rivolta organizzata” che impedisce l’azione delle forze dell’ordine e prevede condanne fino a 12 anni di prigione.

Il giudice che ha giudicato questo caso è lo stesso che mandato in carcere diversi giovani della città basca di Alsasua per ciò che in effetti non era altro che una baruffa in un bar. Il giudice l’ha considerato un crimine per terrorismo, anche se l’ETA ha abbandonato la lotta armata e le armi. Due dei giovani di Alsasua sono rinchiusi in prigione da oltre un anno. Il procuratore chiede addirittura 50 anni di carcere.

Come se non bastasse, Ignacio Escolar, un rispettato giornalista e redattore di El Diario, sostiene di aver sentito voci riguardo all’incarcerazione senza cauzione per i due Jordi durante il discorso del Re il 12 ottobre nella Giornata Nazionale spagnola. Ciò implica che la decisione è apertamente politica e rivela la menzogna della “separazione dei poteri” nella democrazia borghese.

Quali sono i fatti che motivano questo caso giudiziario? Il 20 settembre la Guardia Civile, agendo su ordine del procuratore di Stato e del magistrato, ha arrestato diversi alti funzionari del governo catalano con un raid nelle loro case al mattino o mentre si recavano al lavoro. Questo faceva parte del tentativo dello Stato spagnolo di fermare la preparazione logistica del referendum per l’indipendenza del primo di ottobre. La Guardia Civile è entrata anche in un certo numero di edifici governativi catalani nel centro di Barcellona per sequestrare computer e documenti.

Immediatamente è stato diffuso un appello per un presidio attorno agli edifici governativi catalani in Via Laietana e soprattutto attorno al Ministero dell’Economia in Passeig de Gràcia. Nel corso della giornata, la folla attorno al Ministero è cresciuta fino a raggiungere i 40.000 manifestanti nel tardo pomeriggio, mentre la gente cominciava a lasciare il lavoro e ad aderire alla protesta. Su uno striscione enorme si leggeva “Benvenuti nella Repubblica Catalana”.

La gente era decisa a resistere alle azioni della Guardia Civil e a difendere le istituzioni catalane. C’è stato un appello dell’ANC ma la manifestazione era senza ombra di dubbio in gran parte spontanea e i militanti dell’ANC hanno faticato per mantenerne il controllo. All’interno dell’edificio si trovavano poche unità di guardia civil e i funzionari del tribunale mentre la “rivolta organizzata” non aveva alcuna intenzione di farli uscire.

Con il passare delle ore la folla ha respinto i tentativi dei Mossos, le unità di polizia catalane, di aprire un corridoio per consentire alle persone all’interno dell’edificio di andarsene.

Intorno alla mezzanotte, i militanti dell’ANC hanno tentato di aprire un corridoio e i leader dell’ANC hanno invitato i presenti a tornarsene a casa. La folla ha gridato: “voi andate, noi rimaniamo” e agli agenti della Guardia Civil: “stasera ve ne andate senza le vostre auto”. La folla aveva ricoperto i veicoli della Guardia Civil con degli adesivi e molti erano saliti sul tetto dei veicoli per avere una migliore visuale di quanto succedeva. I pneumatici erano stati tagliati.

Tutta la scena non rappresentava altro che un’umiliazione per la Guardia Civil, che è riuscita a lasciare l’edificio solo nelle prime ore del giorno successivo, quando il grosso della folla se ne era andato, 22 ore dopo esservi entrata. L’umore era elettrizzante, insurrezionale e le masse hanno avuto un assaggio della propria forza. Sono state imparate delle lezioni che sono poi state messe in pratica nella preparazione del referendum del primo ottobre, quando migliaia di persone hanno occupato le scuole sedi dei seggi elettorali durante il fine settimana e a centinaia di migliaia si sono ritrovati il giorno delle elezioni dalle 5 del mattino per difendere i seggi elettorali contro la repressione brutale della polizia.

Leggendo le tesi del Procuratore di stato riguardo alla sedizione, si può percepire l’impotenza che gli “agenti della legge” hanno provato durante quelle lunghe ore, quando era subentrata la strada ed era decisa a non lasciarli uscire. Un funzionario del tribunale ha dovuto lasciare l’edificio passando dal tetto. Il giorno dopo, i veicoli della Guardia Civil hanno dovuto essere trainati via col carro attrezzi.

Lo Stato spagnolo non avrebbe mai potuto permettere che tali comportamenti restassero impuniti. Il ripristino della legalità spagnola significa anche punire quelli che hanno osato impedire che venisse applicato l’ordine borghese.

In questo caso hanno scelto di perseguire coloro che ritengono siano i leader della mobilitazione, per mettere paura a tutti gli altri.

I due Jordi guidano le due organizzazioni che hanno convocato e organizzato le più grandi manifestazioni che la Catalogna abbia visto negli ultimi anni, che radunano ogni 11 settembre tra un milione e due milioni di persone per la Diada, la Giornata Nazionale catalana. Perseguirli non è né un errore né irresponsabile. È stato fatto con uno scopo: quello di mostrare alla folla in tumulto (multitud tumultuaria) chi comanda

Tuttavia, questo gli si ritorcerà spettacolarmente contro. Come è già successo.

Lo stato d’animo in Catalogna è più che di rabbia, è di odio per il regime del 1978 e tutto ciò che rappresenta. Negli ultimi giorni sono apparse divisioni e crepe nel campo indipendentista e tra i difensori dell’autodeterminazione. Dubbi, esitazioni. Ora sono nuovamente tutti uniti nella condanna. Anche quelli che insistevano sul fatto che l’unica soluzione fossero i negoziati (come Ada Colau, il sindaco di Barcellona), ora sono indignati dalle azioni del giudice della Corte di Giustizia.

Trattenere in carcere qualcuno senza cauzione, solo per avere convocato una manifestazione pacifica, in un paese che ha visto politici e uomini d’affari coinvolti in scandali di corruzione cavarsela e il cognato del re accusato di corruzione e rilasciato senza alcuna cauzione, aumenta la sensazione di ingiustizia.

Se, come probabile, giovedì o venerdì alla scadenza dell’ultimatum, lo Stato spagnolo applicherà l’articolo 155, verrebbe versata ancora più benzina sul fuoco.

La percussione di pentole e teglie di stanotte (una forma di protesta che continua senza sosta dagli eventi del 20 settembre) è stata particolarmente forte e di lunga durata, in alcuni casi fino a 45 minuti. La gente non è si è limitata a percuotere pentole e coperchi dai balconi, ma è uscita in strada e si è unita ai vicini in maniera spontanea.

A Girona, a migliaia si sono radunati in corteo verso la stazione di polizia locale, guidati dal sindaco. A Barcellona alcune centinaia di persone si sono riunite a St Jaume e hanno urlato slogan a favore di uno sciopero generale. Altrove, gruppi di persone si sono riunite in piazze o hanno bloccato le strade locali. Questa è solo una piccola anticipazione di quello che accadrà domani.

Sono già state convocate proteste per martedì 17 ottobre. A mezzogiorno si terranno fermate dal lavoro e assemblee fuori dai luoghi di lavoro. Alle 19 l’ANC ha convocato presidi silenziosi davanti alle sedi del governo spagnolo in ciascuna delle quattro province catalane. Molti dicono che non hanno intenzione di rimanere in silenzio. Le organizzazioni studentesche hanno anche convocato per mezzogiorno scioperi e assemblee in ciascuno dei campus universitari.

Il palcoscenico è pronto per una nuova ascesa del movimento di massa, che supererà sicuramente i limiti posti dalle istituzioni ufficiali e anche di organizzazioni come l’ANC (come successo il primo di ottobre).

I Comitati per la Difesa del Referendum (CDR), che hanno tenuto la loro prima riunione nazionale sabato 14 settembre, stanno già assumendo un ruolo più attivo nelle mobilitazioni. In molte città e quartieri hanno chiesto che ci siano assemblee di massa prima dei cortei previsti per le sette di sera. Si parla di preparare uno sciopero generale che cominci mercoledì. La relativa calma del movimento di massa, che non erano più scese in piazza dopo lo sciopero generale del 3 ottobre, ha permesso al governo catalano di ritirarsi e dirigersi lentamente ma in maniera costante lungo il scivoloso piano inclinato della negoziazione e del compromesso. La frusta della repressione statale spagnola ha nuovamente portato le masse sul palcoscenico, riducendo notevolmente le possibilità di manovra da parte di Puigdemont.

Stanotte migliaia di persone sono scese in strada in Galizia e ci sono state manifestazioni di solidarietà anche altrove, a Barcellona, ​​Madrid, ecc. Stanno contestando coloro che per azione diretta o per negligenza sono responsabili per la terribile ondata di incendi che hanno colpito la Galizia e le regioni limitrofe. Hanno chiesto le dimissioni del presidente galiziano Feijóo, del PP. Si è aperto un altro fronte per il debole e instabile governo di Rajoy.

Gli slogan per la situazione attuale sono:

– Libertà per i Jordi #JordisLlibertat

– Abbasso la repressione

– Tutti in piazza, si convochino assemblee di massa, presidi, scioperi nei luoghi di lavoro

– Rafforzare e diffondere i CDR – collegarli a livello nazionale per dare al movimento una struttura democratica e una direzione che renda conto alla base.

– Preparare uno sciopero generale per dichiarare la Repubblica Catalana

– Solo le masse possono salvare le masse, non fidarsi di nessuno se non delle proprie forze

– Fare appello alla solidarietà della classe operaia del resto della Spagna: abbasso l’odiato governo Rajoy!