Elezioni del 25 giugno in Grecia: pesante sconfitta per SYRIZA mentre aumenta l’astensione e i fascisti entrano in parlamento

Le recenti elezioni greche del 25 giugno hanno visto SYRIZA subire un duro colpo, con il leader Alexis Tsipras che ha annunciato oggi (29 giugno, ndt) le sue dimissioni. Il crollo di SYRIZA ha garantito la vittoria alla destra di Nuova Democrazia. Insieme al rientro di un partito fascista in parlamento, questo ha indotto molti a sinistra ad affermare che la società greca si stia spostando a destra, e sia persino minacciata dall’ascesa del fascismo. Questa è una conclusione superficiale che ignora la tendenza principale, l’ondata di astensione e di disillusione nei confronti delle istituzioni della democrazia borghese.

Pubblichiamo una sintesi dell’analisi dei nostri compagni greci, che può essere letta integralmente in due parti sul loro sito web.

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I risultati delle elezioni nazionali del 25 giugno hanno confermato gli orientamenti politici generali emersi dalle elezioni del 21 maggio. Ci sono stati però tre nuovi sviluppi. Uno è stato l’enorme aumento dell’astensionismo, dopo un solo mese dalle precedenti elezioni. Il secondo e più importante, è che in queste elezioni abbiamo visto da un lato una sconfitta enorme per SYRIZA e dall’altro il rafforzamento dei fascisti nel campo borghese, con il successo elettorale degli Spartani (gli eredi di Alba Dorata). Alla fine, nonostante sia uscito vincitore, il tradizionale partito della classe dominante, Nuova Democrazia (ND), ha perso centinaia di migliaia di voti a tempo di record.

L’impennata dell’astensione

Il 25 giugno quasi 800.000 elettori che avevano votato il 21 maggio si sono astenuti. Ciò rappresenta circa l’8% dell’elettorato e ha portato il tasso di astensione ufficiale totale dal 38,9% del 21 maggio al 47,17% attuale. Si tratta di un record per qualsiasi elezione nazionale in Grecia, che infrange il record precedente, stabilito nel settembre 2015, con il 43,84%.

Entrambi questi record di astensionismo sono arrivati subito dopo importanti sconfitte politiche per la sinistra (il tradimento di SYRIZA nello storico voto per il “NO” all’austerità della Troika nel 2015 e il crollo elettorale di SYRIZA un mese fa). In entrambi i casi, la causa è principalmente dovuta alla frustrazione nei confronti della direzione politica di SYRIZA.

Il fatto che una grande massa di giovani che si sono astenuti non si sia rivolta ai partiti della destra mostra che la tendenza principale non è quella di una deriva verso il conservatorismo, ma verso la disillusione politica e la confusione. Questi giovani aspettano che emerga una nuova speranza a sinistra.

Questa astensione a sinistra ha significato che Nuova Democrazia non ha trovato ostacoli. Quando, il mese scorso, sembrava esserci la possibilità di eleggere un governo di sinistra, l’astensione è scesa al punto più basso dal gennaio 2015. Invece, alla vigilia delle elezioni del 25 giugno la prospettiva di eleggere un governo di sinistra si è allontanata più che mai rispetto agli ultimi anni e l’affluenza alle urne è crollata, come c’era da aspettarsi. Le richieste di eleggere una “forte opposizione parlamentare” hanno lasciato ampi strati di lavoratori e poveri freddamente indifferenti, dato che per loro non aveva alcun significato pratico.

Quelli che a sinistra puntano il dito contro i lavoratori e i giovani che non hanno votato, dovrebbero chiedere conto prima di tutto ai leader della sinistra.

La maggior parte di quelli che si sono astenuti provengono dalla classe operaia, e appartengono agli strati più popolari della società. Hanno perso ogni fiducia nel capitalismo e nella democrazia borghese.

Una svolta a destra?

Alcuni leader della sinistra (specialmente la leadership di SYRIZA) hanno insistentemente diffuso l’idea che ci sia stata una svolta a destra nella società (giustificando così il loro stesso spostamento a destra). I numeri reali smentiscono clamorosamente questa idea.

Uno sguardo superficiale ai risultati complessivi della destra e dell’estrema destra rivela che, nonostante abbiano ottenuto un aumento del 3% rispetto al 21 maggio, i loro voti totali sono effettivamente diminuiti.

Il 21 maggio, la destra e l’estrema destra hanno preso il 51,54 per cento, includendo i partiti “monotematici” come i no-vax. Il 25 giugno questa percentuale era salita fino al 54,48%. Tuttavia, il totale dei voti si è ridotto da 3,04 milioni a circa 2,84 milioni, vale a dire un calo di 200.000 voti! In altre parole, il piccolo aumento di voti per la destra e l’estrema destra che si era registrato il 21 maggio rispetto al 2019 (un aumento di 360.000 voti) è stato in gran parte annullato nelle votazioni del 25 giugno.

In effetti, in proporzione alla popolazione in età di voto (non solo agli elettori registrati) i voti per la destra e l’estrema destra rappresentano infatti poco meno del 30 per cento dell’elettorato totale.

Perché ha vinto Nuova Democrazia?

A queste elezioni Nuova Democrazia ha ottenuto il 40,55% (2,11 milioni di voti), conquistando 158 seggi, rispetto al 40,79% (2,4 milioni di voti) di maggio. In altre parole, ha registrato un calo di quasi 300.000 voti in un solo mese e 135.000 voti in meno rispetto al 2019! Ciò ha reso i festeggiamenti della classe dominante più moderati.

Prima delle elezioni, i politici e i media della classe dominante prevedevano che Nuova Democrazia che avrebbe probabilmente ottenuto il 44-45% e avrebbe aumentato significativamente il proprio voto. Sognavano persino di conquistare 180 seggi, che avrebbero consentito a Nuova Democrazia di attuare modifiche reazionarie alla Costituzione con i soli voti dei propri parlamentari.

Secondo le analisi del voto, Nuova Democrazia ha lasciato quasi 48.000 voti ai fascisti degli Spartani, 48.000 voti al PASOK, 25.000 a SYRIZA, 25.000 a Niki ( “Vittoria” – un partito religioso di estrema destra), 22.000 a Soluzione greca, 25.000 ad altri partiti e circa 100.000 all’astensione. In altre parole, ha perso voti sia a sinistra che a destra, ma soprattutto verso l’astensione. Il totale di questi voti persi sarebbero sufficienti a portare un nuovo partito al di sopra del quorum per entrare in parlamento. Quello che rivelano è una fiducia a livello elettorale non solida, ma instabile e precaria.

I flussi elettorali mostrano che lo zoccolo duro della forza elettorale di Nuova Democrazia sono i ceti medi delle città e delle campagne, oltre ai pensionati. Come abbiamo già spiegato, Nuova Democrazia ha prevalso grazie a un temporaneo senso di “stabilità” tra questi strati sociali dopo gli ultimi due anni di ripresa economica, grazie all’allentamento delle regole fiscali in tutta Europa e al sostegno statale una tantum per famiglie durante i lockdown.

Ma se la temporanea situazione economica ha favorito Nuova Democrazia, non spiega completamente perché abbia vinto e in particolare non spiega il divario di 22,71 punti percentuali che la separa da SYRIZA. Questo può essere compreso solo alla luce della politica di destra della leadership di SYRIZA e della generale disillusione che ha seminato tra le ampie masse degli strati popolari poveri e dei lavoratori.

La PASOK-ificazione di SYRIZA

Gli ipocriti profeti di sventura che stanno ai vertici della sinistra ci esortano dalla sera del 25 giugno ad entrare in lutto. Per loro, una vittoria elettorale della destra, indipendentemente dalle circostanze, porta alla conclusione automatica che c’è una “svolta a destra” o addirittura una “svolta fascista” nella società. Questa semplificazione automatica, che ripetono come un mantra, nasce dalla loro esigenza esistenziale di allontanare il più possibile la colpa di ogni sconfitta elettorale da se stessi e di addossarla ai lavoratori comuni.

Il fatto è che Nuova Democrazia ha vinto perché SYRIZA ha perso – e la sua perdita è stata dovuta esclusivamente alle politiche della sua ldirezione.

Il 25 giugno, SYRIZA ha ottenuto il 17,83%, equivalente a 930.000 voti e 48 seggi. Cioè, in un solo mese ha perso il 2,24% e 255.000 voti. La SYRIZA del giugno 2023 ha perso 850.000 voti e 13,7 punti percentuali rispetto alla SYRIZA delle elezioni del 2019! Il quadro generale del declino dell’influenza elettorale del partito può essere descritto in una parola: rapida “PASOK-ificazione”.

In particolare la capacità di attrattiva di SYRIZA verso la classe operaia ha subito un duro colpo e sta cominciando ad assomigliare al precipitoso declino del PASOK all’inizio dell’ultimo decennio, determinato in modo decisivo dalla sua degenerazione borghese sempre maggiore.

Così, nei collegi elettorali di Atene, che hanno una popolazione altamente operaia, come il Pireo e il settore occidentale di Atene, SYRIZA ha perso più del 50% dei suoi voti rispetto al 2019, perdendone rispettivamente 30.000 e 42.000.

Secondo i flussi elettorali, tra tutti i dipendenti del settore privato, SYRIZA ha perso quasi il 50% dei suoi consensi in quattro anni, passando dal 30% al 16,8%. In questo settore, è ora distante di soli 5 punti dal PASOK, che è passato dal 7% all’11,5%.

In risposta ai sostenitori della teoria di una svolta a destra della classe operaia, va notato che nello stesso quadriennio Nuova Democrazia è scesa tra i salariati dal 38% al 30,8%. Nello stesso periodo SYRIZA ha perso più del 50% della sua influenza anche tra i disoccupati (dal 42% al 19,2%), mentre il suo calo è stato consistente anche tra i dipendenti pubblici (dal 37% al 21,5%).

Mentre il partito ha subito una debacle elettorale tra la classe operaia, le fortune di SYRIZA tra la classe media e i giovani hanno sofferto in ugual misura, con la percentuale del partito tra gli agricoltori che è scesa dal 26% al 13,4%, tra i liberi professionisti dal 27% al 16% e tra i giovani dai 17 ai 24 anni dal 36% al 19,3%.

Chiaramente, i tentativi della direzione di giustificare il suo spostamento verso destra per essere maggiormente attrattivi tra le classi medie si sono dimostrati completamente falsi.

Il tradimento del 2015 e la politica del governo di destra

L’estate del 2015, quando Alexis Tsipras e il suo gruppo dirigente hanno tradito la promessa di rispettare il risultato del referendum, ha rappresentato una tappa decisiva nel crollo di SYRIZA. Il partito non è mai stato pienamente perdonato e non ha recuperato la fiducia di cui godeva tra le masse.

Qui gli apologeti della leadership di SYRIZA porranno la seguente domanda: come può un evento accaduto otto anni fa essere il fattore determinante per un crollo elettorale avvenuto in questo mese?

La coscienza umana è conservatrice. Di norma, riflette solo tardivamente gli sviluppi e i processi in atto a livello mondiale. La coscienza politica delle masse lavoratrici non segue un corso lineare, né riflette immediatamente e automaticamente la realtà politica e sociale. Le varie fasi attraverso le quali passa, si formano attraverso un processo contraddittorio di cambiamenti qualitativi e quantitativi, salti avanti e indietro. In questo processo, i grandi eventi – nazionali e internazionali – costituiscono il fattore decisivo. Anche altri fattori giocano un ruolo, come lo stato delle organizzazioni operaie di massa, l’esperienza data dai risultati delle scelte politiche dei loro dirigenti, l’equilibrio tra le forze di classe, ecc.

Nel gennaio 2015, votando in massa per un programma di sinistra (ovviamente pieno di evidenti lacune, contraddizioni e incongruenze), i lavoratori e i poveri hanno portato SYRIZA al governo con il 36,34% e 2,25 milioni di voti. Dopo la capitolazione alla Troika, nel settembre 2015 SYRIZA ha mantenuto (con piccole perdite) la sua percentuale, al 35,46%, ma come numero assoluto i voti ottenuti sono scesi di ben 330.000, a 1,92 milioni.

Dopo quattro anni in cui hanno attuato una politica generalmente di destra, che ha tentato di mitigare con aiuti straordinari per i disoccupati e i pensionati, e un piccolo aumento del salario minimo verso la fine di quel mandato quadriennale, la percentuale di voti di SYRIZA è scesa ulteriormente al 31,53 per cento, con il numero assoluto di voti in ulteriore calo di 160.000, a 1,78 milioni. Infine, nel 2023 SYRIZA ha subito un crollo elettorale, perdendo quasi il 48% dei suoi consensi!

Il fatto che sia crollata mentre non era al governo, ma all’opposizione, ha portato a una confusione in qualche misura comprensibile. Approfittando di questa confusione, gli apologeti favorevoli alla svolta a destra della leadership di SYRIZA stanno tentando di giustificare le sue azioni al governo.

Tuttavia, va notato che il declino elettorale di SYRIZA era già iniziato subito con l’intensificarsi della sua svolta a destra mentre era ancora al governo. Così, da gennaio 2015 fino al momento in cui è entrata all’opposizione nel luglio 2019, ovvero nel periodo in cui era partito di governo, aveva già perso 465.000 voti. Cioè, era già stata espressa una chiara disapprovazione per la sua svolta a destra. L’unico motivo per cui questa disapprovazione da parte della classe operaia e dei poveri non era maggiore era l’assenza di qualsiasi altro partito, dalla sinistra fino a Nuova Democrazia, che proponesse una soluzione praticabile.

Ma va anche notato che i risultati elettorali non sono un buon indicatore dei legami della classe operaia con un partito e dell’atteggiamento nei confronti delle sue politiche. L’insoddisfazione della classe operaia e dei giovani per lo spostamento a destra di SYRIZA dopo l’estate del 2015 si è riflessa fortemente nell’influenza sempre più marginale delle forze del partito all’interno dei movimenti della classe operaia e della gioventù, nei sindacati e nelle associazioni studentesche, dove la sua influenza era ovunque inferiore non solo a quella del KKE ma anche del PASOK. Questa debole influenza faceva presagire un successivo crollo elettorale, a meno che la sua politica non cambiasse radicalmente mentre era all’opposizione.

Eccessivo compiacimento dopo le elezioni del luglio 2019

Tuttavia, dopo la sconfitta di SYRIZA alle elezioni del luglio 2019, Tsipras e il suo gruppo dirigente hanno commesso un altro errore fatale, dimostrando per l’ennesima volta la loro cecità politica e l’abisso che separa questi leader carrieristi riformisti dalla vita e dalla coscienza della loro base operaia . Con un’analisi dei risultati elettorali che costituiva un tipico miscuglio di valutazioni tra apprendista giornalista politico e burocrate arrogante, il leader ‘carismatico’, sottovalutando il processo di declino della popolarità già in atto e ignorandone le vere cause (che erano ovvie per qualsiasi lavoratore, vale a dire, lo spostamento a destra), ha concluso che poiché il partito aveva mantenuto una percentuale di oltre il 30 per cento dopo quattro anni di governo, sarebbe stato facile risalire al 35-40 per cento e chiedere di nuovo l’incarico per formare il governo.

Tsipras ha concluso che, dopo la sconfitta del 2019, tutto quello che doveva fare era trovare una nuova “narrativa” (o, meglio, una “fiaba”). Questa ‘narrativa’, da un lato, includeva la giustificazione di uno spostamento a destra verso il ‘centro’ e il rispetto della legittimità del regime e della classe dominante, e dall’altro, voleva rispondere ai bisogni e alle richieste dei lavoratori con alcuni slogan di sinistra.

Ma i bisogni dei lavoratori erano ben diversi, ed erano anzi molto più esigenti, di quelli del partito su cui avevano riposto le loro speranze. Gli attacchi dal luglio 2019 del governo di Nuova Democrazia ai redditi dei lavoratori e ai diritti fondamentali non potevano essere contrastati con una semplice revisione della “narrativa” dei leader della sinistra. L’unico modo in cui SYRIZA avrebbe potuto consolidare i risultati del 2019 e lottare seriamente per un ritorno al governo sarebbe stato attraverso una coraggiosa e necessaria autocritica del tradimento del 2015 e delle sue politiche di destra quando era al governo, oltre a una svolta decisiva a sinistra, con un nuovo programma di rottura con la classe dominante e la Troika, e un’opposizione attiva e combattiva al governo di destra.

Perché SYRIZA è crollata mentre era all’opposizione

Va qui sottolineato che per i lavoratori e i giovani, un’opposizione efficace non significa fare discorsi dal “sapore” più di sinistra in parlamento, né significa programmi poco entusiasmanti passati alle conferenze di partito per essere poi dimenticati nell’oblio. Un’opposizione efficace significa portare avanti uno sforzo pratico per mobilitare le masse nelle piazze e accelerare la caduta di un governo di destra.

Ma una tale opzione non era ciò che Tsipras e gli altri leader di SYRIZA avevano in mente. Una tale opposizione potrebbe portare SYRIZA al potere sulla scia di un movimento di massa esigente, che spingerebbe per un cambiamento radicale fin dall’inizio. Questo è esattamente l’opposto di ciò che organicamente desiderano i carrieristi riformisti, ovvero una pacifica carriera di governo, con i lavoratori che svolgono il ruolo di meri spettatori, in attesa che scenda dall’alto la misericordia del leader “carismatico”.

La nota “argomentazione” degli apologeti della leadership secondo cui “il popolo non voleva una simile opposizione” si scontra con la realtà. Nei tre scioperi generali che ci sono stati dal 2021 al 2022, e nei due massicci movimenti antigovernativi – uno contro la violenza della polizia, e in particolare l’altro a seguito dell’incidente ferroviario avvenuto vicino a Tempi – la dirigenza di SYRIZA avrebbe potuto prendere le iniziative necessarie per un’opposizione veramente efficace.

Ma, a parte le dichiarazioni di simpatia e la mobilitazione simbolica di un numero molto ristretto dei suoi militanti, non ha fatto letteralmente nulla.

Il momento del crollo

Un apologeta di SYRIZA potrebbe chiedere: perché la disfatta elettorale di SYRIZA è stata ritardata? “Perché le masse non si sono mobilitate per SYRIZA come unica alternativa governativa alla destra nel maggio di quest’anno, come hanno fatto nel 2019? L’unica risposta che ci danno è che abbiamo una svolta a destra nella società! La risposta a questa visione semplicistica è relativamente semplice per chiunque abbia un minimo di contatto con i lavoratori.

Durante l’intero periodo di campagna elettorale, anche i sondaggi più favorevoli a SYRIZA prevedevano, in misura maggiore o minore la vittoria di Nuova Democrazia, e facevano ripetutamente riferimento a numeri che per SYRIZA erano, nella migliore delle ipotesi, ben al di sotto delle cifre del 2019. In queste circostanze, la visione alternativa avanzata dalla leadership di SYRIZA di un “governo progressista” con il PASOK non ha entusiasmato un solo lavoratore o giovane. Inoltre, la certezza che ci sarebbe stata una seconda elezione a breve distanza tranquillizzava molti elettori giovani e dei settori popolari.

Avendo così deluso le masse lavoratrici con la sua svolta a destra mentre era al governo e la sua non opposizione a Nuova Democrazia, la direzione di SYRIZA si è trovata sull’orlo del collasso. La misura in cui era stata minata la fiducia degli operai nel partito si è rivelata enorme. Ha fatto saltare in aria tutte le considerazioni strategiche e tattiche dei ldirigenti.

La sconfitta del 21 maggio è stata così massiccia che ha sorpreso anche quegli stessi elettori della classe operaia che avevano abbandonato SYRIZA. Nel frattempo, l’ormai enorme divario che la separava da Nuova Democrazia nei sondaggi ha tolto a quegli ex elettori ogni incentivo per tornare a votarla. La massiccia disillusione politica in assenza di un’altra alternativa di sinistra ha portato a livelli di astensione ancora maggiori. Il resto è ormai storia.

Il 25 giugno SYRIZA avrebbe potuto riprendersi?

C’era modo di ribaltare almeno in parte la sconfitta del 21 maggio nell’ultima tornata elettorale? In teoria, ovviamente sì! Sulla base di un’autocritica sincera e complessiva e di un programma di rottura con la destra e la classe dominante, assieme a una campagna di manifestazioni di massa nei quartieri popolari, il 20 per cento avrebbe potuto ridiventare il 25 o il 30 per cento. In una certa misura si sarebbe potuto riportare la speranza tra i lavoratori. Ma la leadership di SYRIZA nel suo complesso (non solo Alexis Tsipras), ha dimostrato di essere organicamente incapace di seguire questa strada. Pertanto, era destinata a condurre il partito a un’altra pesante sconfitta.

Quando è stata organizzata una riunione del Comitato centrale di SYRIZA, Tsipras ha tenuto un discorso e nessun altro è stato autorizzato a intervenire. La valutazione ufficiale della sconfitta del partito ha confuso i lavoratori e insultato la loro intelligenza, con le note dichiarazioni dell’ex ministro di SYRIZA Katrougalos e di altri dirigenti sui vari canali televisivi, in cui incolpavano per lo spostamento a destra una società malvagia.

Tsipras ha ordinato che l’intera campagna elettorale si concentrasse esclusivamente sul leader “carismatico”. Ha creato una sua commissione di propaganda elettorale, con la decisione ‘carismatica’ e ispirata di includervi un noto intellettuale anticomunista di centro e ha praticamente concepito l’intera campagna elettorale fatta di sole interviste ai canali televisivi, dove ha risposto a domande concordate prese dall’agenda politica imposta da Nuova Democrazia.

Qualsiasi valutazione ragionevolmente sobria di questa tattica può solo concludere che i 250.000 voti aggiuntivi persi dal 21 maggio in realtà non erano affatto una cifra elevata: due terzi di essi sono stati persi direttamente a causa dell’astensione.

Per riassumere, il crollo elettorale di SYRIZA a cui abbiamo assistito nei due periodi elettorali di maggio e giugno è stato causato da due fattori: da un lato, il continuo esaurirsi della fiducia in SYRIZA tra le masse lavoratrici, che è diminuita a partire da quando il partito era al governo e portava avanti politiche di destra e, dall’altro, il rifiuto del partito di condurre un’opposizione pratica, reale, efficace al governo di Nuova Democrazia, un’opposizione necessaria alla alla classe operaia.

Il risultato è che la socialdemocrazia ha subito una seconda vittima dopo la fine del PASOK.

Il ritorno dei fascisti in parlamento

L’unico vero spostamento a destra che ha avuto luogo nelle elezioni del 25 giugno non è stato nella società in generale, ma nel campo politico della classe dominante. L’estrema destra si è rafforzata. In tutta Europa, quasi 1 elettore su 6 vota per i partiti di estrema destra. Ciò esprime la polarizzazione politica, sotto il peso dell’acuirsi degli antagonismi di classe creati dall’impasse storica del capitalismo.

In Grecia, questo ha visto l’elezione in parlamento il 25 giugno di una formazione oscurantista come Niki, in leggera crescita rispetto al 21 maggio. Il partito Soluzione greca di Kyriakos Velopoulos non ha beneficiato dello spostamento a destra, perdendo 30.000 voti rispetto al 21 maggio. La roccaforte di Soluzione greca rimane la Grecia settentrionale, dove negli ultimi 30 anni il nazionalismo incentrato sulla questione macedone è rimasto costantemente più alto che nel resto del paese. Come hanno mostrato le analisi del voto, il serbatoio elettorale di Soluzione greca è tra i contadini e gli allevatori di bestiame, cioè gli strati piccolo-borghesi più arretrati delle campagne.

Il partito religioso di estrema destra, Niki, ha ricevuto il 3,69%, quasi 192.000 voti e 10 seggi. Ha preso solo 20.000 voti in più rispetto al 21 maggio, e comunque il suo ingresso in parlamento con un piccolo gruppo di deputati è ben lontano dall’essere un’espressione di forza. I suoi risultati elettorali sono in larga misura il risultato del sostegno attivo che gli sono stati dati da settori della Chiesa ortodossa reazionaria.

Ma il vincitore indiscusso dell’estrema destra è la nuova formazione fascista sotto la guida del nazista ora in carcere Kasidiaris, nota come Spartani – cioè gli eredi in parlamento di Alba Dorata.

Gli Spartani hanno ricevuto le percentuali più alte tra i disoccupati (9,4%), i dipendenti del settore privato (6,8%) e i giovani di età compresa tra 17 e 34 anni (9,2%). Queste cifre mostrano una maggiore influenza sugli strati più popolari e sottoproletari della società rispetto alla base elettorale di Niki e di Soluzione greca.

Non sono passati nemmeno tre anni da quando Alba Dorata è stata dichiarata organizzazione criminale e i neonazisti sono tornati in parlamento sotto una nuova veste. Il fatto che questo fronte fascista sia entrato agevolmente in Parlamento con il 4,64 per cento e 241.000 voti dopo soli 20 giorni di campagna elettorale, sulla base di una dichiarazione di sostegno a Kasidiaris che è stata diffusa soprattutto tramite internet, indica chiaramente la discreta solidità della loro influenza. Mostra anche quanto ingannevoli e ipocriti fossero i tanto pubblicizzati tentativi del governo e della classe dominante di impedire a qualsiasi formazione controllata da Kasidiaris di partecipare alle elezioni.

Il risultato porterà inevitabilmente allo scatenarsi delle bande fasciste e alla ripresa sistematica della loro sfacciata azione terroristica contro i militanti di sinistra e gli immigrati. L’unica forza che può impedire questa azione è l’autodifesa militante antifascista di massa, coordinata dal Fronte unito delle organizzazioni di massa della classe operaia e della gioventù. La responsabilità di realizzare tale fronte ricade oggi principalmente sulle spalle dell’unico partito comunista di massa della classe operaia, il KKE, e questo è uno dei compiti più urgenti che dovrà affrontare nei prossimi mesi.

Ma oggi la strada per la presa del potere da parte dei fascisti è sbarrata, almeno fino a quando dura l’esistente rapporto di forza tra le classi. Solo sconfitte schiaccianti capaci di disintegrare la spina dorsale del movimento operaio organizzato e delle sue organizzazioni di massa potrebbero dare ai fascisti questa possibilità. Ma prima che si apra anche un solo spiraglio per una tale prospettiva, la classe operaia avrà molte grandi opportunità per portare a termine una rivoluzione vittoriosa.

Il KKE affronta compiti storici

La percentuale di voti del 25 giugno per il KKE è stata del 7,69% (rispetto al 7,29% del 21 maggio), con un totale di 401.000 voti. L’aumento di 125.000 voti del 21 maggio rispetto al 2019 non è chiaramente stato un colpo di fortuna, anche se è stato mitigato dalla perdita di 25.000 voti del 25 giugno (il 21 maggio il partito ha ottenuto 426.000 voti). Questi risultati riflettono un movimento autentico di un numero considerevole di lavoratori e giovani verso il comunismo. Ciò ha ormai consolidato il KKE come terzo partito ad Atene e al Pireo, dove vive e lavora quasi la metà della popolazione del Paese.

Il KKE ha ora quasi raddoppiato il suo appoggio tra i dipendenti del settore privato, passando da appena il 5% nel 2019 al 9%. Di particolare importanza per il futuro del partito è l’aumento della sua percentuale tra i giovani tra i 17 e i 24 anni, passata dal 6,4% all’8,9%.

D’altra parte, i risultati hanno rivelato gli effetti negativi dei gravi errori nella linea politica centrale del partito, con la conseguente incapacità di beneficiare delle ingenti perdite subite da SYRIZA. Mentre SYRIZA ha perso 255.000 voti, il KKE ne ha guadagnati solo 23.500 e ne ha persi 20.000 nella direzione opposta, con un saldo positivo di soli 3.500 voti. Il PASOK ha sottratto 35.500 voti a SYRIZA, finendo con un saldo positivo maggiore (15.000 voti).

Lo slogan principale di un voto per “l’opposizione combattiva” ha rafforzato l’opinione tra settori della popolazione secondo cui il KKE non è seriamente intenzionato a prendere il potere e si considera un partito di opposizione perenne. Inoltre, ci sono limiti rigidi a ciò che può essere ottenuto in “opposizione” su base capitalista. Questa è la lezione che si trae delle numerose lotte di massa in Grecia negli ultimi anni: tutte sono state sconfitte a causa della loro riluttanza a intensificarsi in un confronto diretto contro il capitalismo e per insediare un governo operaio.

Per conquistare al comunismo quegli ex elettori di SYRIZA, che hanno rifiutato il suo fallimentare riformismo, i comunisti devono, prima di tutto, spiegare la loro proposta rivoluzionaria per prendere il potere.

Tuttavia, la conferma del rafforzamento dell’influenza del KKE il 25 giugno gli dà lo spazio necessario per correggere questo errore. Il crollo di SYRIZA lascia un enorme vuoto politico nella classe operaia, e il KKE deve lottare per riempirlo il prima possibile. Conquistare al comunismo quei lavoratori che hanno abbandonato SYRIZA è un compito vitale per il futuro del KKE e per la prospettiva della stessa rivoluzione socialista.

PASOK-KINAL ha preso l’11,84% e 617.000 voti, perdendo 60.000 voti rispetto al 21 maggio. Pertanto, ha confuso le “previsioni” dei media borghesi dopo il 21 maggio secondo cui il partito era una forza in ascesa che avrebbe superato SYRIZA come principale partito di opposizione. La pessima prestazione del PASOK ad Atene e al Pireo, dove è rimasto nuovamente dietro al KKE come quarto partito, dimostra la sua incapacità di catturare l’immaginazione della classe operaia.

Riguardo le altre liste a sinistra, Plefsi Eleftherias (“Rotta di libertà”) di Zoe Konstantopoulou, ha ricevuto il 3,17% e 165.000 voti, entrando in parlamento per poco.

Nonostante le enormi perdite elettorali di SYRIZA e nonostante abbia preso il 2,5% e 130.000 voti, il MeRA25 di Yannis Varoufakis non solo non è riuscito a tornare in Parlamento, ma non è nemmeno riuscito a mantenere i consensi risicati del 21 maggio, perdendo 24.000 voti. Questo risultato ha dimostrato ancora una volta che, nonostante negli ultimi due anni abbia avuto una svolta a sinistra nella sua politica e nel suo programma, il MeRA25 non è riuscito a costruire forti legami con la classe operaia e con i giovani.

Abbiamo identificato le ragioni politiche di questo risultato nella nostra analisi dei risultati del 21 maggio. Ma un ulteriore fattore è che, nella coscienza delle masse lavoratrici, Varoufakis è associato al miserabile fallimento della cosiddetta “negoziazione militante” con il Troika nel 2015. Questa si è conclusa con la rottura finale di Varoufakis con Tsipras, il tradimento del referendum e l’imposizione di una brutale austerità.

La sfiducia politica nei confronti di Varoufakis è profondamente radicata. Non poteva essere superata, non importa quante volte lui e i membri del MeRA25 abbiano giurato durante la campagna pre-elettorale di “rompere” con l’oligarchia (senza mettere in discussione che la loro intenzione fosse sincera).

Proprio come la direzione di SYRIZA, quella del MeRA25, per coprire i propri errori, si è lamentata della “svolta conservatrice nella società”. Varoufakis è anche andato oltre. In un articolo pubblicato all’indomani delle elezioni di maggio, invece di ammettere i propri gravi errori politici, ha indirettamente (ma chiaramente) accusati la maggioranza popolare nel campo del “NO” del referendum del luglio 2015 per essersi consapevolmente inchinata davanti alla valanga capitalista. Ha messo in dubbio le convinzioni democratiche di questa maggioranza popolare, e anche la sua intelligenza, cosa che avrebbe presumibilmente a quest’ultima impedito di comprendere le sue “difficili” analisi.

La direzione di un partito di sinistra che adotta una lettura della realtà così cinica, scettica e profondamente disfattista non vedrà mai un recupero dal punto di vista elettorale.

E ora?

Il precedente governo di Nuova Democrazia ha beneficiato della temporanea stabilizzazione del capitalismo greco. Ma la situazione è diventata piuttosto diversa a livello internazionale, il che avrà implicazioni per la Grecia. È in arrivo una recessione mondiale, provocata da un aumento dei tassi di interesse a livello internazionale e questa farà aumentare il debito e alimenterà una nuova fase discendente del capitalismo globale.

Con l’Eurozona già in recessione, le prospettive per il capitalismo greco sono di nuovo estremamente fosche. La bilancia commerciale greca non è mai stata in un deficit così profondo. I tassi di interesse dei titoli di stato greci salgono costantemente a livelli che ricordano il periodo che ha anticipato la crisi dei Memorandum, la disoccupazione è di nuovo in aumento e il governo ha già annunciato la fine dei sussidi sull’elettricità (su direttiva della Commissione Europea).

Inoltre, da quest’anno la Grecia torna ufficialmente ai suoi obiettivi di avanzo primario: 2 per cento del PIL nel 2023, 2,8 per cento nel 2024 e 3,7 per cento del PIL nel 2025. Per avere un’idea della severità dei tagli necessari per raggiungere questi obiettivi, basta considerare il livello dello 0,1% dell’avanzo primario greco nel 2022.

Così il nuovo governo di maggioranza di Nuova Democrazia inizierà, dall’autunno, a sostituire il keynesianismo dei benefit una tantum con un nuovo programma di dura austerità.

In queste condizioni scoppieranno inevitabilmente nuove lotte di massa della classe operaia e della gioventù. La mobilitazione di massa antifascista contro Alba Dorata nell’ottobre 2020, i tre scioperi generali che sono susseguiti nel 2021 e nel 2022, le manifestazioni giovanili di massa contro la violenza della polizia nel 2021 e il movimento di Tempi che si è unito a un altro grande sciopero generale, sono eventi che già preannunciano un nuovo periodo.

Inevitabilmente, lo shock che l’elezione facile di un altro governo di destra ha creato nelle masse lavoratrici tenderà ad avere un effetto paralizzante per un po’.

Sono i giovani che “trascineranno” le masse lavoratrici politicamente disilluse in un nuovo movimento. L’atteggiamento del suo settore più fresco, i giovani di età compresa tra 17 e 24 anni, si può intravvedere con la percentuale di voto che questo settore ha dato ai partiti a sinistra del PASOK, il 46% il 21 maggio e oltre il 40% il 25 giugno.

Questa generazione rappresenta la vera speranza della società greca e le sue aspirazioni politiche sono uno schiaffo in faccia a ogni cinico e scettico interessato. Conquistarla il prima possibile alle idee e al programma del vero comunismo è un prerequisito per sfuggire alle tristi realtà del capitalismo. Un sistema che provoca costantemente crimini efferati come quelli di Tempi e Pylos, porta in parlamento le sette fasciste e sprofonda le masse nella disillusione politica e nell’astensione elettorale.

29 giugno 2023