Venezuela: Il Psuv ottiene la maggioranza, ma l'opposizione guadagna terreno

L’ambiente davanti al Palazzo presidenziale di Miraflores domenica notte era di cauta attesa e si poteva percepire un certo nervosismo mentre migliaia di bolivariani aspettavano di conoscere i primi risultati delle elezioni parlamentari.

La posta in gioco era molto alta in queste elezioni. Diversi giornali e televisioni in giro per il mondo hanno scritto che quello che si doveva decidere in Venezuela non era solo la composizione del parlamento, ma il destino della marcia verso il socialismo che il governo di Chavez aveva posto come obiettivo dichiarato.

Finalmente alle 2 del mattino sono stati proclamati i primi risultati dalla Direttrice nazionale della Commissione Elettorale, Tibisay Lucena.

Testa a testa

Secondo sia le fonti vicine al Psuv che quelle vicine all’opposizione, il Psuv e i suoi alleati, il piccolo PCV (partito Comunista) e il MEP (Movimento elettorale dei popoli) hanno ottenuto 98 seggi, mentre i partiti dell’alleanza di opposizione Mud ne hanno conquistati 65. Patria Para Todos (PPT) ha 2 seggi come le formazioni indigeniste. I risultati ufficiali danno ancora 95 seggi al Psuv e 62 all’opposizione.

Non sono ancora noti i risultati ufficiali per quanto riguarda i voti assoluti. L’opposizione proclama che ha ottenuto il 52% dei consensi ed è stata sfavorita dal sistema dei seggi uninominali, dove hanno perso nella maggioranza dei casi.

Tuttavia questo ragionamento non torna se guardiamo al risultato delle elezioni al Parlatino, il parlamento Latinoamericano, tenutesi in contemporanea: il Psuv e i suoi alleati ottengono 5.222.364 (46,62%)voti e l’opposizione 5.054.111 (45,1). È molto probabile che i voti assoluti per le elezioni politiche coincidano con queste cifre.

Se esaminiamo brevemente la situazione nei singoli stati, è chiaro che la rivoluzione ha perso terreno in una serie di regioni chiave. Ci si aspettava una vittoria dell’opposizione nella regione di Zulia, dove avevano il governatore da diversi anni, ma pochi potevano pensare una vittoria schiacciante come quella di domenica: infatti l’opposizione ha conquistato 12 seggi, mentre il Psuv ne ha presi solo tre.

Un’altra grande sorpresa è stato il risultato ad Anzoategui, dove il Psuv ha sofferto una sconfitta pesante: il rapporto dei voti è stato di uno a cinque, nonostante il fatto che il partito aveva il governatore dello stato e lo schieramento chavista aveva sempre vinto.

Nello stato di Miranda c’è stato un pareggio tra il Psuv e il Mud e ognuno ha ottenuto sei seggi. A Nueva Esparta il Psuv è stato sconfitto 3 a 1. Una tendenza generale è quella che vede i centri più popolosi passare all’opposizione, un dato che abbiamo osservato anche alle elezioni amministrative del 2008, mentre le vittorie del Psuv sono state ottenute con piccoli scarti di voti.

Perchè il Psuv non è arrivato a 110 deputati?

Il Psuv ha mantenuto la maggioranza in parlamento, ma non è riuscito a ottenere i 110 deputati necessari per la maggioranza dei due terzi, un obiettivo decisivo per Chavez perché avrebbe permesso al governo di poter legiferare senza alcuna interferenza da parte dell’opposizione ed avrebbe garantito la maggioranza necessaria per approvare le leggi costituzionali.

Come abbiamo scritto in precedenza, l’opposizione avrebbe concentrato tutte le sue forze nell’impedire a Chavez di raggiungere questa maggioranza qualificata, ed avere così l’opportunità di bloccare e di frustrare ogni nuova iniziativa rivoluzionaria. E ci sono riusciti.

La domanda ricorrente nella testa di ogni militante del Psuv è per quale motivo non si sia potuta raggiungere la maggioranza dei due terzi. Inoltre molti temono correttamente che l’opposizione si stia organizzando oggi in una maniera qualitativamente diversa.

Mentre nel novembre 2008, in occasione delle elezioni amministrative il divario tra rivoluzione e controrivoluzione in termini di voti era tra il 58% e 42%, in occasione del referendum costituzionale del 2009 si era ridotto a 54 a 46 ed oggi assistiamo a un “pareggio tecnico”.

In altre parole è chiaro che l’opposizione si è rafforzata. Non ammetterlo equivarrebbe a commettere un serio errore, e rischierebbe di distrarre l’attenzione da un pericolo che sta diventando molto reale. Dobbiamo formulare un bilancio onesto e critico di queste elezioni, se vogliamo evitare una sconfitta per la rivoluzione in futuro.

Perché l’opposizione ha guadagnato consensi? Abbiamo visto che il livello di astensione non è così alto come si poteva temere. L’affluenza alle urne è stata del 67% che è una cifra piuttosto buona per le elezioni politiche in Venezuela, sebbene di poco inferiore al 70% verificatosi in occasione del referendum dell’anno scorso.

Non abbiamo ancora il dato dell’astensione a livello locale, ma è molto probabile che l’astensione si sia verificata maggiormente nelle roccaforti chaviste piuttosto che nelle zone piccole e medio borghesi. Sappiamo che il Psuv ha perso ancora a Petare, uno dei quartieri più poveri di Caracas e del Venezuela, se non di tutta l’America Latina. Questo è un avvertimento molto serio che qualcosa sta andando nel verso sbagliato.

È anche probabile che diversi sostenitori di Chavez abbiamo espresso un “voto castigo”, un voto di protesta, punendo la burocrazia del Psuv a causa delle sue politiche moderate votando per l’opposizione. Non perché siano passati con quest’ultima ma perché sono stanchi dell’inefficienza e della corruzione che caratterizzano molti funzionari all’interno del movimento bolicvariano.

Questa è la principale ragione per la sconfitta nello stato di Anzoategui, e non è così difficile da spiegare. Il governatore, Tarek William Saab, che ufficialmente appartiene al Psuv, ha portato avanti una politica che è molto distante dal socialismo. Ha appoggiato i padroni nel settore automobilistico quando si sono schierati contro le occupazioni delle fabbriche Mitsubishi, Vivex, Macusa e altre. Ecco perché la classe operaia di Anzoategui non ha dimostrato molto entusiasmo in queste elezioni.

Questo fenomeno si è ripetuto da molte altre parti e si aggiunge alle problematiche più generali che sta affrontando il Venezuela. Queste sono state le prime elezioni dall’inizio della recessione: a parte l’alta inflazione che colpisce soprattutto i lavoratori e i settori più poveri della società, abbiamo il problema crescente del mercato nero e di quello parallelo del dollaro, che serve a aumentare la speculazione.

Il governo è riuscito ad evitare in gran parte la scarsità di generi alimentari nel periodo precedente alle elezioni immettendo milioni di dollari in programmi alimentari. Ma come ha spiegato un recente articolo dell’Economist, ciò ha portato a una scarsità di valuta nelle casse della banca centrale che ha dovuto così posticipare diversi crediti già promessi ai piccoli imprenditori ed alle famiglie della classe media.

Gli speculatori fanno affari nel mercato nero, dove si può comprare in dollari. Il mercato nero domina ormai l’economia e molti prezzi sono fissati in dollari e non nella valuta ufficiale, il Bolivar. Senza adottare una misura come il monopolio del commercio estero, il governo è incapace di affrontare il problema.

Ci sono altri problemi come l’aumento della criminalità o i frequenti blackout della elettricità che preoccupano il venezuelano comune, ma il problema più urgente che molti condividono è che dopo undici anni di rivoluzione e mobilitazioni continue, le leve principali del potere sono ancora nelle mani dell’oligarchia.

Nonostante molte riforme progressiste e passi in avanti compiuti, i latifondisti opprimono ancora i contadini, i banchieri controllano ancora il credito e i capitalisti continuano ancora a sfruttare i lavoratori. Il 70% del Pil venezuelano è prodotto dal settore privato, un fatto che dimostra che il capitalismo è ancora piuttosto vivo in Venezuela.

Riconciliazione e pluralismo?

Lunedì mattina la maggior parte dei mass media di destra in Venezuela erano euforici. “Il Venezuela non è più un paese rosso” proclamava El nacional in prima pagina. Facendo riferimento al governo, il leader dell’opposizione Ramon Guillermo Avelado ha detto che “coloro che volevano la guerra e la divisione nazionale sono stati oggi sconfitti.” Ha aggiunto che il risultato era un segnale verso il governo perché non legiferasse in maniera unilaterale e socialista.

La stessa sinfonia è stata ripetuta all’infinito da tutti i mass media dell’opposizione. Pienamente coscienti che la situazione non è ancora favorevole ad un’offensiva diretta contro la rivoluzione, preferiscono definirsi fautori della “riconciliazione fra i due blocchi”. Così Conindustria, (la confindustria locale, ndt) ha rilasciato un comunicato stampa (:::J ) dove dicono che è l’ora “costruire ponti per il dialogo” che potrebbero “costruire un clima che permetta l’iniziativa privata”.

Diversi portavoce dell’oposizione hanno sottolineato che il risultato di domenica dimostra “l’aspirazione a un parlamento pluralista”. Questi signori si dimenticano e non a caso che è stata la stessa opposizione che decise di boicottare le elezioni politiche del 2005. Lo ha fatto perché in fondo è costituita dagli stessi rappresentanti violenti e corrotti dell’oligarchia che cercarono di rovesciare Chavez col golpe del 2002.

Oggi questa stessa gente propone “il dialogo e il compromesso” all’interno del quadro parlamentare, “la riconciliazione”, e così via. Questi discorsi troveranno probabilmente un’eco all’interno dell’ala riformista della burocrazia del Psuv, che desidera rallentare il ritmo della rivoluzione. Se si dovesse seguire un’opzione del genere, si aprirebbe la strada al disastro, con un parlamento paralizzato e incapace di risolvere i problemi più urgenti che i lavoratori stanno affrontando.

Non abbiamo bisogno di moderazione e di discorsi vuoti. Quello di cui abbiamo bisogno è agire! Il Psuv detiene ancora la maggioranza in Parlamento,. Potrebbe approvare una legge abilitante che conceda al Presidente i poteri per portare avanti le necessarie misure volte ad abolire il capitalismo una volta per tutte.

Questa è la strada da seguire ed è la rivendicazione che tutti i lavoratori, i giovani e i poveri dovrebbero portare avanti all’interno del Psuv.

La rivoluzione è irreversibile?

Il risultato elettorale è stato uno shock per molti attivisti all’interno del movimento bolivariano. Sembrava in passato che Chavez e la rivoluzione bolivariana potessero essere immortali. Avrebbero vinto una elezione dopo l’altra e il referendum costituzionale del 2007 era un’eccezione. Ma ora dopo questo “pareggio tecnico” molti si chiedono: la rivoluzione è irreversibile?

Un amico sincero della rivoluzione bolivariana non è colui che fa lunghi discorsi sulle meraviglie del Venezuela e del suo governo. L’amico sincero è colui che cerca di avvertire i sostenitori della rivoluzione riguardo i pericoli impliciti nella situazione.

La rivoluzione in Venezuela è ben lontana dall’essere irreversibile. L’America latina è stata teatro di diverse rivoluzioni nel secolo scorso: Bolivia 1952-53, Cile 1970-73, l’argentina nel 1969 e nel 1973-76 e così via. La rivoluzione in Nicaragua è durata ben undici anni, dal 1979 al 1990. Ma alla fine tutte queste rivoluzioni sono state sconfitte e rimane molto poco delle conquiste sociali che erano state raggiunte.

La ragione principale per cui la rivoluzione venezuelana non irreversibile è che le principali leve dell’economia rimangono nelle mani dei capitalisti e dei latifondisti. Un’arma potente che i nemici della rivoluzione possono usare a piacimento contro di essa.

Come fermare l’avanzata della controrivoluzione?

Il bisogno di completare la rivoluzione è più urgente che mai. È incredibile che, dopo oltre dieci anni di rivoluzione, la situazione sia ancora favorevole. Chavez può ancora utilizzare la maggioranza di cui gode in parlamento per espropriare le industrie più grandi, le aziende del settore alimentare, i supermercati e le banche che ancora sono in mano privata.

Ciò deve essere accompagnato dal monopolio statale del commercio estero per permettere il pieno controllo sull’economia del paese. Inoltre un decreto che introduca il controllo operaio in tutto il settore statale troverebbe una risposta entusiasta da parte dei lavoratori che velocemente creerebbero consigli di fabbrica in tutti gli stabilimenti, come abbiamo visto in forma embrionale nelle acciaierie SIDOR e nelle altre fabbriche della Guayana.

In questo modo il governo potrebbe affrontare seriamente il problema dell’inflazione, della speculazione, delle case insufficienti, dell’accaparramento dei generi alimentari e delle infrastrutture inadeguate. Una riforma agraria radicale potrebbe essere introdotta, che abolisse il dominio del latifondo nelle campagne e concedesse la terra ai contadini. Il controllo del credito su larga scala consentirebbe al governo di garantire prestito a tassi molto economici ai contadini ed incentivi alla produzione agricola, in modo tale da farla finita con l’importazione massiccia di generi alimentari.

Queste rivendicazioni devono essere portate all’interno del Psuv e della Unt (la confederazione sindacale). Dopo queste elezioni un numero crescente di militanti di base nel movimento bolivariano cominceranno a farsi molte domande e si avvicineranno sempre più alle stesse conclusioni dei marxisti. È dovere dei marxisti dare a questo ambiente di critica un’espressione organizzata.

Una cosa è assolutamente certa, o la rivoluzione Bolivariana trionferà come rivoluzione socialista o non trionferà affatto.

28 settembre 2010