USA: Bernie Sanders e le lezioni del “Dirty Break” – Perché i socialisti non dovrebbero candidarsi tra le fila del Partito Democratico

La crisi economica e la pandemia hanno reso particolarmente evidente come il capitalismo statunitense non rappresenti un’eccezione rispetto all’andamento generale della situazione politica. Come accade in tutto il resto del mondo, anche il sistema politico americano è soggetto a cambiamenti bruschi e improvvisi.


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Dopo che Bernie Sanders ha vinto facilmente i primi appuntamenti della corsa per la candidatura democratica del 2020, è apparso come una minaccia inarrestabile che ha spinto ogni altro candidato a ritirare immediatamente la propria campagna e a serrare i ranghi contro di lui. Dopo mesi di panico per i successi di Bernie, la classe dominante è finalmente riuscita a invertire la direzione della corsa elettorale – e lo ha fatto con una velocità senza precedenti. Ora, dopo un elettrizzante giro sulle montagne russe, la campagna di Bernie Sanders per la presidenza americana è finita. Pensiamo sia necessario proporre un bilancio di questa esperienza.

Cercando conforto nell’idea che ha portato i lavoratori americani alla «vittoria» nella «battaglia ideologica» all’interno del Partito Democratico, Bernie Sanders si è definito «un membro della direzione democratica nel Senato degli Stati Uniti», riconoscendo la sua sconfitta e inginocchiandosi ancora una volta davanti ad essa.

Come ha potuto Sanders, che ha seminato il terrore nella direzione democratica mentre la sua campagna rischiava di bucare la stratosfera, finire per presentare la sua candidatura come un mero stratagemma per “riallineare” il Partito Democratico spingendolo microscopicamente a sinistra?

Come è arrivato Sanders ad arrendersi davanti ad un rivale di partito che incarna la migliore speranza del capitale di sconfiggere Trump mentre, allo stesso tempo, tutela i propri interessi? Un rivale che non sa completare neanche i propri pensieri senza incespicare?

E tutto questo, nel contesto di una crisi sanitaria che mette a nudo l’assurdità del capitalismo e della logica del profitto. Il momento migliore per mobilitare la maggioranza dei lavoratori per regolare i conti con il sistema, dopo aver sconfitto la pandemia.

Negli ultimi anni, una parte della sinistra statunitense ha sostenuto che la campagna di Sanders nel Partito Democratico fosse un primo passo che avrebbe portato alla creazione di un partito socialista di nuovo tipo. Attraverso una sorta di alchimia, il risultato di questi compagni sarebbe stato quello di divenire un partito che sostiene elettoralmente i Democratici, ma che avrebbe allo stesso tempo rappresentato gli interessi della classe operaia e promosso una politica socialista radicale. La sinistra di questa corrente sosteneva che il movimento dietro Sanders, e le decine di candidati che si autorappresentano come socialisti presentandosi nelle liste elettorali del Partito Democratico, avrebbero costituito la base di una futura ” dirty break” (letteralmente “rottura sporca, ndt) con i Democratici.

Questa posizione è stata resa popolare dalla rivista Jacobin, il cui caporedattore Seth Ackerman ha presentato la tesi del “dirty break” nel suo autorevole articolo A Blueprint for a New Party (Un progetto per un nuovo partito, Ndt). Questa proposta politica è divenuta il principio elettorale fondamentale di un’ampia corrente dei New Democratic Socialists of America (DSA), riuscendo ad imporsi sulla scia della campagna elettorale di Sanders del 2016. Ora, con la seconda capitolazione consecutiva di Sanders all’establishment del Partito Democratico, è il momento di una valutazione sobria ed equilibrata di questa strategia.

Il progetto Ackerman

Nella sua tesi, Ackerman pretende di offrire una via d’uscita al problema storico della sinistra americana. Egli propone la sua posizione come soluzione alternativa all’impasse creata dalla contraddizione tra gli sforzi “condannati a fallire” di fondare un terzo partito, e il vecchio approccio dei DSA di cercare di “spostare a sinistra” il Partito Democratico. Ackerman sostiene che la paralisi della sinistra è causata da quello che descrive come un quadro elettorale-giuridico proibitivo, più simile ai regimi semidittatoriali come la Russia che alle democrazie liberali tradizionali.

I sostenitori del progetto Ackerman credono che costui abbia scoperto una sorta di chiave magica, una “terza via” che vede il Partito Democratico come un guscio più o meno vuoto che può essere riempito di contenuti socialisti. Ackerman sostiene che la sinistra dovrebbe eludere sia i vincoli della legge elettorale statunitense sia l’intrusione dello stato negli affari di partito, istituendo delle associazioni no profit in cui organizzare i suoi membri, raccogliendo fondi e finanziando campagne individuali, invece di costruire formalmente un nuovo partito di massa della classe operaia.

Ci viene detto che fondare un nuovo partito è una sfida impossibile. Ogni discorso su un partito socialista indipendente e di massa è respinto come l’ennesimo tentativo fallimentare di costruire un “terzo partito”. Ackerman sostiene che il contesto politico specifico in cui ci si candida non ha molta importanza, quindi è possibile presentarsi anche tra le fila del Partito Democratico quando pragmaticamente ciò possa servire. Il direttore di Jacobin, Bhaskar Sunkara, ha persino suggerito (vedi il video qui sotto) che i socialisti potrebbero utilizzare propagandisticamente in questo modo anche una candidatura tra le fila del Partito Repubblicano! In sostanza, la tesi politica fondamentale di Ackerman è un “agnosticismo” nei confronti delle liste in cui candidarsi.

Ackerman ha assolutamente ragione quando afferma che il Partito Democratico non è un vero e proprio partito, ma piuttosto qualcosa di simile ad un conto in banca e ad un apparato di sostegno pro-capitalista. Ma si sbaglia di grosso quando afferma che il partito esista sospeso nel vuoto, scollegato da potenti interessi di classe. E così facendo, espone il suo profondo pessimismo verso la prospettiva di un vero cambiamento, se crede che la classe operaia non possa superare il regime elettorale dei capitalisti – per non parlare dello stato centralizzato e delle altre istituzioni borghesi.

Le radici del sistema bipartitico capitalista

Essendo una delle prime repubbliche borghesi moderne, gli Stati Uniti mantengono peculiarità che non si trovano in altre tradizioni politiche. Contrariamente a quanto sostiene Ackerman, l’esistenza di una dicotomia bipartitica non è un prodotto di leggi elettorali eccezionalmente restrittive o una questione di accesso al voto. In realtà, gli Stati Uniti sono stati più o meno un sistema bipartitico fin dall’inizio. In ultima analisi, questa struttura affonda le sue radici nel sistema presidenziale semi-bonapartista adottato dopo la Prima Rivoluzione Americana.

Il feudalesimo non è mai stato profondamente radicato nel Nord America, ed il primo stato americano era debole e decentralizzato. Ma la lotta di classe post-rivoluzionaria, esemplificata da eventi come la Ribellione di Shays (chiamata così da colui che capeggiò la rivolta, fu un attacco a un arsenaleda parte di contadini e della piccola borghesia impoverita, ndt), costrinse i padri fondatori a muoversi verso una maggiore centralizzazione all’interno di un sistema globalmente federale. La monarchia fu infine sostituita da un altro forte potere esecutivo, incarnato dal presidente. Nonostante l’enfasi formale sulla separazione dei poteri, nei contenuti, il presidente americano è una figura semi-bonapartista che può governare per decreto, con il potere di nominare membri del suo governo non eletti e altri funzionari governativi quasi a piacimento, anche se alcune nomine sono soggette al “consenso” del Senato. Nel corso dei secoli, questo potere si è sempre più concentrato.

Fin dall’inizio, le crescenti contraddizioni di classe insite nella società americana si sono riflettute in maniera distorta attraverso partiti controllati da gruppi rivali di possidenti. Data la natura del sistema elettorale, questo si è rapidamente diviso in un sistema bipartitico. Tuttavia, non sempre i due partiti sono stati gli stessi, ed anche i partiti attuali sono stati espressione e si sono appoggiati su forze sociali diverse nel corso del tempo. Dal federalista all’antifederalista al Whig1, dal democratico al repubblicano. Ci sono stati diversi sistemi di partiti nella storia degli Stati Uniti.

L’esempio del Partito Repubblicano in questo senso è esemplificativo. Fondato come coalizione abolizionista, rappresentava le forze progressiste nella lotta di classe della sua epoca e divenne il veicolo politico per lo sradicamento rivoluzionario del regime schiavista del Sud. Appena sei turbolenti anni dopo la sua fondazione, si ritrovò al potere presidenziale, costretto a condurre una guerra rivoluzionaria che ha abolito la schiavitù e ha permesso lo sviluppo illimitato del capitalismo in tutto il continente.

In un futuro non troppo lontano, quando la classe operaia statunitense costruirà un partito socialista di massa, questo non sarà in alcun modo destinato ad un inevitabile status di “terza forza”. Basandosi sui sindacati, l’espressione più organizzata dei lavoratori, e rappresentando la classe operaia nel suo insieme, si batterà nell’interesse della stragrande maggioranza della popolazione. Come i repubblicani degli anni ’50 del XIX secolo, rappresenterà le forze progressiste nella lotta di classe all’interno della società e potrebbe rapidamente imporsi. I partiti degli attuali padroni saranno costretti a fondersi o a lottare per chi viene relegato in una posizione di “terzo partito”.

A loro credito, la maggior parte delle tendenze all’interno dei DSA non commettono l’errore settario di cancellare l’esistenza del movimento sindacale. Come osserva Ackerman, «solo i sindacati hanno la dimensione, l’esperienza, le risorse e i legami con milioni di lavoratori necessari» per formare un partito politico permanente che rappresenti la classe dei lavoratori, cioè la grande maggioranza della popolazione che vende la sua forza lavoro per un salario. Tuttavia, allo stesso tempo, i sostenitori dell’azione all’interno del Partito Democratico sono pessimisti sulla prospettiva di creare un partito basato sui sindacati.

Non importerebbero, dunque, i cambiamenti mozzafiato che ci sono stati nella coscienza delle masse dal 2016, i livelli record di malcontento contro entrambi i principali partiti, o il fatto che i lavoratori di ogni altro paese sono riusciti a creare vari partiti della classe operaia nel corso della storia. Ancora una volta, l’evoluzione dei fatti smentisce il pessimismo in Ackerman e di chi la pensa come lui, oltre ad entrare in contraddizione con l pragmatismo che domina la sinistra negli Stati Uniti. Invece di riconoscere quei fattori che stanno rapidamente preparando una radicale trasformazione del panorama politico, queste persone alzano le mani disperate e dichiarano che il sistema bipartitico è una realtà che abbiamo l’obbligo di accettare.

Il sistema elettorale e la lotta di classe

Ackerman sostiene la necessita di costruire un’organizzazione autenticamente democratica, in cui gli iscritti al partito stabiliscano collettivamente il proprio programma, eleggano una leadership e selezionino i candidati per il lavoro elettorale. Tuttavia, egli vuole anche che questa organizzazione operi all’interno del Partito Democratico, o almeno che abbia accesso alla possibilità di candidarsi nelle liste del Partito Democratico, il che significa partecipare a strutture di partito come le primarie e i caucus. Malgrado Ackerman asserisca il contrario, ciò equivale precisamente a diventare una frazione del Partito Democratico. Ma cosa significa anche solo operare come frazione dei Democratici?

I socialisti sono generalmente d’accordo sul fatto che i Democratici e i Repubblicani sono istituzioni capitalistiche. Ma la verità è che nessuno dei due veicoli politici dei padroni è un “partito” nel senso in cui il resto del mondo intende questa parola. In verità, entrambi i partiti dei padroni sono macchine politiche semi-statali.

Quindi, il problema è in realtà molto più grave di quanto ammetta Ackerman. Non è semplicemente che la legge è restrittiva in termini di accesso al voto per i partiti non allineati con lo stato. Il sistema politico americano ha ritagliato ruoli statali formali per i due principali partiti capitalisti, compresa la nomina e la selezione dei giudici. Questo è senza precedenti nella politica mondiale. Nessun altro paese ha giudici così direttamente legati ad un partito. Legami simili esistono a numerosi livelli, tra cui la supervisione sia dello stato che dei partiti di un atto basilare come la registrazione per il voto.

Ma anche il compito di rappresentanza politica che dovrebbero avere questi partiti padronali, nella pratica non ha nulla di politico. Infatti, invece di essere strumenti di espressione politica mediante l’auto-organizzazione della popolazione, questi partiti semi-statali rappresentano macchine complesse che operano tramite rapporti clientelari. Quello che una volta era l’apparato criminale di Tammany Hall2 è diventato lo stato di cose generalizzato dell’intero sistema politico americano. Queste macchine elettorali si riferiscono a vari “interessi particolari” – principalmente a quelli dei grandi colossi aziendali. Per quanto riguarda le organizzazioni dei lavoratori, sono inserite sotto l'”ombrello” del Partito Democratico come l’ennesimo “interesse corporativo” fra tanti.

Per questo motivo l’affermazione che si possa creare un partito fondamentalmente nuovo mentre si opera all’interno delle primarie e del sistema elettorale del Partito Democratico è palesemente assurda. Trascura il fatto che l’offerta politica e la struttura stessa del Partito Democratico sono indissolubilmente legati alla classe dei capitalisti, e che il partito ha potenti manovratori che agiscono per minare l’azione dei diversi tipi di socialisti “con ogni mezzo necessario” e cooptarli all’interno dell’establishment.

I partiti di massa nascono da forze di massa. Come le rivoluzioni, le opportunità di formare nuovi partiti sono relativamente rare, ma non inesistenti. Il movimento di Bernie Sanders ha rappresentato una di queste opportunità. Se Sanders avesse annunciato la formazione di un nuovo partito prima di questo ciclo elettorale, se egli si fosse appellato al movimento sindacale, e avesse guidato coloro che si erano radicalizzati contro il carattere apertamente antidemocratico della direzione del P.D., Sanders avrebbe potuto costruire un partito di milioni di persone. Questo nuovo partito sarebbe stato facilmente capace di superare le restrizioni legali e di accesso al voto che sono presentate da Ackerman e soci come ostacoli insormontabili.

Potrebbe essere stata persa un’occasione storica. Ma i socialisti che intendono candidarsi alle elezioni nel 2020, e oltre, dovrebbero trarre un insegnamento da questa esperienza e presentarsi come indipendenti, non come Democratici. Candidandosi all’interno delle liste del Partito democratico resteranno sempre in qualche modo legati alla direzione di quel partito. Basti vedere la traiettoria di Alessandria Ocasio-Cortez: da outsider indipendente a membro dell’establishment all’opposizione.

Un approccio socialista serio significherebbe mettere in atto campagne per raggiungere un pubblico più ampio attraverso un programma che miri alla trasformazione della società, allargando gli orizzonti delle persone ai compiti rivoluzionari che si prospettano alla classe lavoratrice. Se vogliamo seriamente guidare la classe operaia verso la conquista del potere statale ed economico, allora il nostro approccio al lavoro elettorale deve scaturire da questo presupposto: piuttosto che annacquare il nostro programma per raggiungere maggiori consensi, dovremmo portare avanti con coraggio il socialismo, e prepararci a uno spostamento ancora più evidente della società verso sinistra, nell’impeto degli eventi che si stanno già verificando.

Questo approccio può significare un movimento inizialmente limitato alle aree in cui ci sono concentrazioni maggiori di consenso. Ma una candidatura di successo in una zona può aiutare a conquistare più aderenti ovunque. In quanto indipendenti, i candidati potrebbero non avere accesso alle strutture istituzionalizzate del partito, ai finanziamenti e ai dibattiti. Ma, se da un lato verranno tagliati fuori dalle piattaforme dell’establishment politico capitalista, dall’altro godranno di un buon posizionamento per diventare un punto di riferimento per milioni di lavoratori. Questo accadrebbe, nel contesto di una crescente ondata di lotta di classe e di rabbia delle masse, per l’abietto fallimento ad ogni livello dello status quo. Saranno liberi di difendere autentiche idee socialiste, grazie al fatto che devono la loro fedeltà solo a quei lavoratori e giovani che li sostengono. Non sarebbero legati in alcun modo al Partito Democratico e non sarebbero ritenuti responsabili delle sue politiche reazionarie. Questo potrebbe gettare le basi per un nuovo partito, che potrebbe crescere rapidamente sulla base degli eventi futuri.

Vediamo invece che il lavoro elettorale condotto dai socialisti nel Partito Democratico non è riuscito a creare alcuna alternativa e nemmeno un punto di riferimento di rilievo per la classe operaia in questo momento chiave. Cosa succederà alla sinistra se e quando i Democratici torneranno al potere e le loro politiche genereranno rabbia sociale, con la popolazione che si mobiliterà contro di loro da sinistra? Coloro che hanno fatto parte di quel partito, portandone avanti le politiche, risulteranno inevitabilmente compromessi.

La crisi del COVID-19 e le contraddizioni del capitalismo

La crisi è una parte intrinseca del capitalismo. Anche se la pandemia di COVID-19 non avesse innescato il crollo economico, il mondo era inevitabilmente diretto verso la recessione. Il COVID-19 ha solo accelerato il processo e dimostrato quanto fosse marcio il sistema.

In tutto il mondo, i padroni stanno spingendo con forza per far ripartire l’economia, per non fermare i loro profitti. Questo non fa che inasprire la lotta di classe, con un’ondata di scioperi spontanei che si sta diffondendo tra i lavoratori dei cosiddetti settori essenziali.

Il virus può non fare distinzioni quando si diffonde da persona a persona, ma i risultati del contagio sono molto disomogenei tra le diverse classi sociali. Negli Stati Uniti, i lavoratori neri e latinoamericani hanno maggiori probabilità di morire a causa di COVID-19. Questo non è dovuto ad una debolezza fisica intrinseca, quanto all’incidenza della malattia e alla mancanza di un sistema sanitario di qualità, condizioni comuni tra gli strati più oppressi della società. Inoltre, molte di queste persone svolgono lavori che non è possibile fare da casa.

Anche in un paese ricco come gli Stati Uniti, gli operatori sanitari non dispongono di adeguati dispositivi di protezione individuale (DPI). I lavoratori dei supermercati mettono a rischio la propria vita in prima linea, ed ottengono pochi dollari in più in busta paga per aver lavorato in condizioni di rischio – ma solo se sono fortunati. Eppure, il mercato azionario è di nuovo in rialzo. Questo può significare poco per i milioni di persone che sono senza lavoro e non in grado di pagare l’affitto, ma i miliardi di dollari di aiuti all’economia e la notizia di un tasso di mortalità forse più basso del previsto (nel senso di: più accettabile per i capitalisti), hanno fatto riprendere i mercati, almeno per il momento.

La crisi ha acuito tutte le contraddizioni del capitalismo e la realtà sta colpendo in faccia la classe capitalista, che è stata costretta ad appoggiarsi ai poteri dello stato. Andrew Cuomo, il governatore di New York, ha chiesto la parziale nazionalizzazione della sanità. Anche Donald Trump ha flirtato con l’idea di espandere la copertura Medicare, dicendo come “non è giusto” che così tanti perdano la copertura sanitaria a causa della perdita del posto di lavoro. Nel frattempo, il presunto candidato democratico Joe Biden, rimane contrario a estendere Medicare a tutti (“Medicare for All”), ma ora sostiene che Medicare debba essere estesa a tutti quelli che hanno 60 anni o più. Quanto poi promuoverebbe questo progetto, se diventasse presidente, è un’altra questione.

Per quanto riguarda Sanders, lui e i quadri riformisti del suo movimento chiedono ancora solo la nazionalizzazione di Medicare For All, non una vera e propria nazionalizzazione dell’intero sistema sanitario. Questo, proprio ora che è evidente come mai nella storia la necessità di un vero e proprio servizio sanitario nazionale. Naturalmente, anche ciò è collegato alla questione dell’affiliazione al Partito. I settori del movimento socialista che continuano a lavorare all’interno del Partito Democratico credono giustamente che un cambiamento fondamentale non sia possibile entro i limiti di questo partito. Ma invece di trarne le necessarie conclusioni e rompere con i democratici , si limitano ad adeguare le loro aspettative e le loro rivendicazioni di conseguenza.

Per un partito socialista di massa della classe operaia!

La differenza fondamentale tra il pessimismo riformista e l’ottimismo rivoluzionario è che quest’ultimo comprende il ruolo del partito, non come uno strumento puramente o principalmente elettorale, ma piuttosto come una componente di una più ampia strategia verso la rivoluzione socialista.

Che questo pessimismo socialdemocratico neghi la possibilità di una situazione rivoluzionaria negli Stati Uniti è un dato di fatto. I rivoluzionari socialisti, d’altra parte, sono sicuri che le lotte di massa della classe operaia possono, e devono, superare tutti gli ostacoli che i capitalisti e il loro stato ci pongono davanti.

Dobbiamo quindi mantenere il senso delle proporzioni sugli ostacoli che i socialisti incontrano negli Stati Uniti. Per esempio, non dobbiamo lavorare in condizioni di segretezza, illegalità o lavoro clandestino. Ma dobbiamo anche essere chiari sul fatto che la nascita di un partito socialista di massa non può essere semplicemente proclamata da un piccolo gruppo – anche se alcune realtà della sinistra continuano a bruciare politicamente i loro militanti proponendo questo approccio fallimentare.

Fortunatamente, un numero crescente di lavoratori e di giovani negli Stati Uniti comprende che la formazione di un partito socialista di massa sarà il risultato della convergenza di vari flussi di lotta dei lavoratori. E si dà il caso che proprio ora stia emergendo un’ondata di lotte. Nonostante i numeri relativamente piccoli che sono coinvolti in queste mobilitazioni, i lavoratori dei settori essenziali stanno dimostrando su cosa si basa realmente il potere della classe operaia.

La crescita di una base impegnata di quadri militanti può accelerare il processo e dotarlo di una chiarezza teorica essenziale. Ma solo la classe operaia, unita nella lotta, può costruire una forza che possa ergersi oltre il rischio di diventare un “ininfluente terzo partito”, conquistare il potere politico e istituire un governo operaio.

Un partito socialista di massa con vere radici nella classe deve essere legato organicamente alla maggioranza dei sindacati. Ma un tale partito non sarebbe una mera riproposizione ingrandita del movimento sindacale, ma cercherebbe di rappresentare tutti i lavoratori e di espandere la sua base sindacalizzata. Un partito socialista di massa utilizzerebb il suo programma per aiutare a organizzare i non sindacalizzati. Con un programma e un orientamento corretti, un partito socialista di massa si posizionerebbe in modo da incanalare un movimento di massa attraverso scioperi e un processo di sindacalizzazione tra i lavoratori di tutti i settori. Inutile dire che non è qualcosa che la leadership del Partito Democratico si preoccupa di fare. Infatti, niente li terrorizza di più dell’energia senza freni della classe operaia.

Oggi la mancanza di un partito operaio indipendente negli Stati Uniti non è la conseguenza di caratteristiche eccezionali dell’assetto politico di questo paese, ma piuttosto il risultato degli errori della direzione del movimento operaio e della sinistra e, il più delle volte, di una totale assenza di leadership. Risolvere questo problema non sarà un processo facile e veloce: un nuovo partito di massa non può nascere dalla semplice volontà di costruirlo. Ma una cosa è chiara: il Partito Democratico non rappresenta una via d’uscita dalla crisi del COVID-19 o dalla più ampia crisi economica e sociale. È un boccone amaro da inghiottire, ma i milioni di lavoratori e di giovani che sono stati mobilitati da Bernie Sanders negli ultimi anni stanno giungendo alla conclusione che sono nel partito sbagliato – perché non ne hanno ancora uno proprio.

La Tendenza Marxista Internazionale sta costruendo un nucleo di militanti marxisti rivoluzionari. Armati di un programma di classe, rivoluzionario e indipendente, stiamo mettendo in campo costanti interventi politici nei luoghi di lavoro, nei campus universitari e nelle città di tutto il paese. Vi invitiamo a unirvi a noi nella lotta che definirà questo secolo: la lotta per il socialismo nella nostra vita.

Per capire meglio la storia dei movimenti rivoluzionari negli Stati uniti, leggi anche:


Note:

1) Partito Politico conservatore di destra del diciannovesimo secolo, che si batteva per una costituzione federale forte e immodificabile dalla maggioranza degli elettori e per l’intervento dello stato federale nel sostenere l’economia, liberandosi dalla dipendenza dal capitale straniero

2) Tammany Hall era una organizzazione collegata con il Partito Democratico, con sede a New York e operante dal 1789 alla fine degli anni sessanta del novecento, che per decenni controllò le politiche della città, venendo spesso accusata di corruzione.