Sudafrica: la vittoria dell’Anc

Quella che molti ritengono sia stata una tra le più epocali tornate elettorali nel Sudafrica del dopo-apartheid si è finalmente conclusa. Nell’ultimo decennio è diventato chiaro che la politica sudafricana è ancora in gran parte decisa dalle questioni di razza e di classe. Queste elezioni hanno lo hanno dimostrato più che mai.

Anche prima che Mbeki raccogliesse il testimone da Mandela sia il partito al governo, l’African National Congress, sia i due principali partiti di opposizione dell’epoca, il New National Party e il Democratic Party, premevano nella direzione di un programma neo-liberista di riforme strutturali e privatizzazioni. Le prime vittime di questo spostamento a destra furono molti degli slogan più combattivi dell’ANC, compresa la promessa contenuta nella Freedom Charter (la dichiarazione dei principi fondativi dell’Anc, approvata nel 1955, ndt) che “la ricchezza del paese dovrà appartenere al popolo”, seguita dal Programma di Ricostruzione e Sviluppo di ispirazione socialdemocratica, che venne sostituito dal Programma di Crescita Equa e Ridistribuzione (GEAR) costituito da una serie di riforme strutturali in senso neo-liberista.

Una volta al potere, Mbeki si schierò dalla parte del “capitalismo globale” secondo la regola di “parlare a sinistra e schierarsi a destra” (Patrick Bond, 2004). Il governo di Mbeki portò avanti politiche pro-capitaliste mentre allo stesso tempo cercava di creare una settore di “borghesia nera”. Iniziò assicurandosi una propria presenza nei luoghi che contano della finanza e dell’economia mondiale, passando dalla creazione di un Consiglio di Consulenza sulle questioni economiche composto dai manager delle principali multinazionali mondiali e si fini “inserendo” navigati rappresentanti dell’ANC che non avevano cariche all’interno del governo nel settore dei miliardari delle imprese minerarie come parte del programma di rafforzamento economico dell’ANC.

Mbeki spinse ulteriormente per l’estensione al resto dell’Africa dell’organizzazione neoliberista Nuova Comunità Economica per lo Sviluppo dell’Africa (NEPAD), aprendo l’entroterra africano alle compagnie minerarie sudafricane e multinazionali. Mbeki si immerse in questi “affari internazionali” a tal punto che i commentatori locali cominciarono presto a osservare per scherzo che era il presidente che visitava il Sudafrica più frequentemente.

Al ritorno in Sudafrica Mbeki cominciò a premere perché l’ANC assumesse la sua agenda neo-liberista di destra. Con i suoi fidati sgherri Terror Lekota, Alec Erwin, Essop Pahad, Trevor Manuel e Manto Tshabalala Msimang trasformo' i congressi dell'ANC in eventi dove si martellava e si dava la caccia ai rossi. Mbeki venne generosamente sostenuto dai mezzi di informazione neo-liberisti in Sudafrica, che accolsero con entusiasmo le sue intenzioni di privatizzare settori industriali di Stato, mentre gli e la nascente borghesia nera pregustava i ricchi bocconcini che sarebbero stati offerti. Naturalmente la privatizzazione significava perdita di posti di lavoro attraverso riduzione di personale e ristrutturazioni.

Queste politiche provocarono tensioni e divisioni all’interno dell’ANC e tra il governo e l’apparato dirigente dell’ANC e le altre organizzazioni che componevano l’Alleanza Tripartita, il COSATU (la confederazione sindacale) e il SACP (Partito Comunista sudafricano). Il COSATU proclamò una serie di scioperi generali che riflettevano la rabbia dei lavoratori e dei poveri contro le politiche capitaliste del governo che pure avevano contribuito ad eleggere. Anche all’interno del SACP vi era una forte avversione alle politiche condotte dal governo dell’ANC, ma la dirigenza di questo partito continuò ad aggrapparsi all’ormai screditata teoria delle due fasi della rivoluzione, secondo cui prima deve esserci una “Rivoluzione Democratica Nazionale” che rovescerà il capitalismo, e poi, soltanto dopo, una volta che tale questione sia stata risolta si porrà il problema della trasformazione socialista della società. I dirigenti del SACP insistevano che “l’approfondirsi della rivoluzione democratica nazionale” avrebbe in qualche modo condotto al Socialismo. Ma la realtà è che non c’era proprio nulla da approfondire, dal momento che il governo dell’ANC stava perseguendo esclusivamente politiche apertamente capitaliste. Per peggiorare la situazione, deputati del SACP in Parlamento votarono a favore delle politiche di Mbeki e alcuni furono addirittura ministri nel governo che tradusse in pratica tali politiche.

Nel tentativo di consolidare la svolta a destra il governo Mbeki pare che iniziò a usare strutture statali come la National Intelligence Agency (NIA, i servizi segreti, ndt), la magistratura, la National Prosecuting Authority e naturalmente l’Ufficio di Presidente per effettuare una vera e propria epurazione contro gli elementi di sinistra all’interno del partito e nel governo. Questo obiettivo venne perseguito lanciando accuse nei confronti degli oppositori di Mbeki. In questo senso venne fatto un tentativo di incastrare il leader del Partito Comunista sudafricano, Blade Nzimande, accusandolo di aver ricevuto una tangente di 500.000 Rand (circa 45.000 Euro) da un affarista corrotto. Adesso pare che si trattò di una manovra per cui l’uomo d’affari ricevette in cambio la promessa che sarebbero state abbandonate le inchieste per corruzione ai suoi danni, se avesse accusato di corruzione Nzimande. Successivamente vi furono accuse per stupro ai danni di Zuma; pare che la ragazza, sfortunata e mentalmente instabile, che venne coinvolta avesse stretti legami con il NIA e il Ministro della Sicurezza Nazionale Ronnie Kasrils. Infine vi furono le accuse per traffico di armi, in cui la corrispondenza riservata con l’avvocato di Zuma venne violata in un’offensiva in stile vecchio Apartheid che colpì sia la casa che l’ufficio dei suoi avvocati. Nessun mezzo di informazione ha mai riportato che l’artefice del traffico di armi fu Mbeki. Il traffico proveniva dal suo stesso ufficio quando era stato Vicepresidente. Tutte le transazioni dovevano essere autorizzate dal Ministero delle Finanze Trevor Manuel, che è famoso per le sue operazioni di contabilità truffaldina, mentre gli aspetti più commerciali erano sotto la responsabilità di Alec Erwin. Nonostante vi fossero voci di traffici per decine di milioni di dollari, solo Zuma fu oggetto di investigazioni per l’accusa di aver ricevuto una tangente per la somma insignificante di mezzo milione di Rand. Lo zelo con cui venne condotta l’indagine ai danni di Zuma da parte sia del NPA che dai massmedia dimostrò chiaramente che le priorità del governo erano ben diverse da una gestione cristallina della vicenda. Questo apparve particolarmente chiaro quando Mbeki usò la sua influenza per proteggere Jackie Selebi, il capo della polizia, che girava in compagnie poco raccomandabili, e la Vicepresidente Ngcuka che avrebbe portato alcuni suoi amici e familiari in una costosa vacanza a Dubai.

Nelle regioni ricche di materie prime i contadini subirono l’esproprio delle proprie terre da parte delle industrie minerarie, molte delle quali avevano tra gli azionisti membri importanti dell’ANC e titolari di cariche rilevanti nell’amministrazione Mbeki. In molti casi le comunità rurali che ebbero indietro la loro terra come parte dei programmi di restituzione e redistribuzione delle terre da parte del Dipartimento dell’Agricoltura, le persero immediatamente nel momento in cui il Dipartimento delle risorse minerarie e dell’energia rilasciò autorizzazioni alle industrie minerarie “amiche”.

Dato l’enorme boom dei prezzi dei minerali ci si sarebbe aspettato che le comunità residenti nelle vicinanze di siti minerari, e in particolare le famiglie di minatori, avessero goduto di un qualche miglioramento nel loro tenore di vita, specie in termini delle condizioni abitative e dei salari. Al contrario, molti minatori si ritrovarono in vere e proprie tendopoli, pudicamente chiamate dal governo, alla maniera di Orwell, “insediamenti informali”. Queste tendopoli sono ricettacolo di abuso di droghe, malattie trasmesse per via sessuale, tubercolosi e HIV/AIDS. L’atteggiamento di Thabo Mbeki, che minimizzò la situazione, contribuì ad allontanare ancor di più le simpatie della classe lavoratrice e dei poveri.

A fronte di questo spostamento a destra e della pressione prolungata ai danni della classe lavoratrice e dei più poveri durante il governo di Mbeki non sorprende che i militanti dell’ANC abbiano perso la pazienza nei confronti dei vertici dell’organizzazione. La resa dei conti per la cricca di Mbeki è arrivata al Congresso dell’ANC a Polokwane nel dicembre 2007. La sonora sconfitta del gruppo intorno a Mbeki a Polokwane e la sua conseguente revoca dalla carica di Presidente hanno portato alle dimissioni dell’intero governo. La stessa area dell’ANC ha quindi formato il partito Congress of the People (COPE) in mezzo al tripudio dei media e dei partiti di opposizione che speravano che questa “scissione” avrebbe danneggiato irreparabilmente l’ANC e l’alleanza tripartita e avrebbe distrutto le possibilità del partito al governo di condurre una campagna elettorale efficace. La speranza era che i populisti di sinistra avrebbero ricevuto una bella lezione alle elezioni del 2009. Dopo tutto, Mbeki aveva ricevuto quasi il 40% dei voti al congresso di Polokwane. Con la scissione dell’ANC la classe dominante sperava di distruggerne il consenso elettorale e magari di formare un nuovo governo di coalizione tra il COPE appena nato e il DA (Democratic Alliance), o perlomeno di formare un’opposizione forte che avrebbe neutralizzato ogni pericolo proveniente da un governo dell’ANC spostato a sinistra.

Il COPE nella sua campagna elettorale rivendicava di essere il vero custode della Freedom Charter; di essere la voce delle ragioni della classe media, e che i propri membri erano al di sopra di ogni sospetto di corruzione. Questo nonostante il fatto che il presidente del COPE Terror Lekota fosse Ministro della Difesa durante gran parte dell’operazione che avrebbe dato vita allo scandalo del traffico di armi. Lekota era stato anche indagato nel 2003 per non aver dichiarato al Parlamento una sua situazione di conflitto di interessi.

Considerati questi noti scheletri nell’armadio di Lekota e la sua fama di personalità brusca e dittatoriale, il COPE decise saggiamente di non candidare lui alla carica di Presidente per le elezioni 2009. Al suo posto candidarono il Reverendo Mvume Dandlala, un prete ansioso di scambiare il pulpito con uno scranno presidenziale. Nel COPE era presente anche un altro religioso, il Reverendo Allan Boesak, già incarcerato per corruzione. Circolano insistenti voci di divisioni e lotte tra i dirigenti nel COPE. A parte l’ego di Lekota, si tratta di un partito di “generali” con un esercito piccolissimo. Il COPE è sovvenzionato tra gli altri dal miliardario, fedelissimo di Mbeki, Sakkie Macozoma.

Invece di rubare voti all’ANC, il COPE ha finito per dividere il voto del ceto medio e dei fondamentalisti cristiani, e pur avendo ottenuto un modesto risultato a livello nazionale, è diventato il primo partito di opposizione in quattro province, sottraendo voti a partiti come il Partito Democratico Cristiano Unitario (UCDP), il Partito Democratico Cristiano Africano (ACDP), il Fronte Democratico Unitario (UDF) e l’Alleanza Democratica (DA) nelle regioni in cui la popolazione bianca è una piccola minoranza. Tuttavia, a livello nazionale il COPE è riuscito a ottenere soltanto il 7,43% dei voti. Non è stato in grado di ottenere alcun sostegno tra la classe lavoratrice e i poveri, confermando la sconfitta dei suoi leader nel congresso dell’ANC. I lavoratori e i poveri, ancora una volta, hanno votato in massa per l’ANC, ma questa volta un ANC in cui vedevano un cambiamento di politiche, uno spostamento a sinistra. Nei fatti, benché la percentuale di voti dell’ANC sia leggermente calata, il numero di votanti effettivi è aumentato (nonostante la scissione) a 11,6 milioni (in confronto con i 10,8 milioni del 2004 e i 10,6 milioni del 1999, benché ancora al di sotto dello storico risultato di 12,2 milioni di voti nel 1994).

Tornando al voto isterico dei settori bianchi contro l’ANC, l’Alleanza Democratica (DA) festeggia, dal momento che è riuscita a ottenere il 16,66% a livello nazionale. Festeggiano anche il fatto che l’ANC non sia riuscita a ottenere una maggioranza dei due terzi, un punto cruciale della loro campagna elettorale di opposizione centrata sulla paura dei bianchi di un governo di neri, e sulla possibile influenza dei comunisti su un simile governo. La DA non è riuscito a presentare un’alternativa efficace alla piattaforma dell’ANC, e molti elettori ricorderanno i loro manifesti con lo slogan “Fermare Zuma!” e “Impedire una maggioranza dei due terzi dell’ANC!” Oggi i quotidiani Afrikaans titolavano “Il Sudafrica ha evitato una maggioranza dei due terzi dell’ANC!” L’ANC ha vinto con il 65,9% dei voti, a meno dello 0,1% da una maggioranza dei due terzi. Sulla base di questi dati sarebbe più corretto dire che i sudafricani hanno rifiutato ogni forma di neoliberismo e di fondamentalismo religioso.

In effetti il DA ha vinto con appena più del 50% dei voti nella Provincia di Città del Capo, confermando la natura diseguale e combinata delle questioni razziale e di classe in Sudafrica. Città del Capo agisce come un magnete per la popolazione bianca, dove possono illudersi di essere ritornati ai tempi della penetrazione coloniale antecedente il 1834 quando i bianchi cominciarono a occupare l’entroterra del Sudafrica oltre il fiume Ghariep (Orange) per la prima volta. Gli elettori di colore di Città del Capo si sono uniti alla popolazione bianca, e la regione è tuttora sottoposta all’impatto del vecchio Group Areas Act, che la rendeva una “area preferenziale su basi razziali” per quanto riguardava le opportunità di lavoro e di residenza. Perfino nella comunità nera integrata molti si sentono minacciati dal crescente numero di neri in cerca di lavoro e temono che un governo della Provincia dell’ANC darebbe ai neri un trattamento preferenziale per quanto riguarda lavoro, abitazioni e servizi. Tranne che a Città del Capo, l’ANC ha vinto nettamente in tutte le altre province.

L’elettorato bianco si sente ripetere dai partiti di opposizione incluso il DA in ogni singola tornata elettorale che l’ANC cambierà la costituzione del Paese qualora dovesse vincere con una maggioranza dei due terzi. Questo nonostante il fatto che l’ANC non abbia mai rivendicato in un manifesto elettorale la necessità di modifiche alla costituzione. Quasi tutti i partiti di opposizione, incluso il DA, hanno portato avanti in campagna elettorale la questione di modifiche alla costituzione che includano il ripristino della pena di morte, la criminalizzazione dell’omosessualità, il ripristino delle punizioni corporali, la limitazione della libertà di parola e di espressione attraverso la censura, la revoca dei diritti dei lavoratori, e la modifica delle modalità di elezione del Presidente. Praticamente l’unica parte della costituzione che la maggior parte dei partiti alla destra dell’ANC non intendono cambiare è la “Clausola della Proprietà” che protegge la proprietà privata.

Attualmente i media e i partiti di opposizione stanno esercitano una forte pressione sull’ANC perché escluda i membri della sua ala sinistra dalle posizioni ministeriali e prosegua le politiche neoliberiste di Thabo Mbeki.

Appena poche ore dopo l’annuncio che l’ANC, con l’aiuto dei suoi alleati, il Partito Comunista Sudafricano (SACP) e il Cosatu, ha ottenuto una schiacciante maggioranza dall’elettorato, il 65,9% nelle elezioni per il parlamento e il 66,31% nelle amministrative, i mass media della classe capitalista lanciano avvertimenti all’ANC perché non sposti a sinistra la sua politica. Prima delle elezioni gli interessi neoliberisti tenevano una pistola puntata alla tempia dell’elettorato sudafricano, minacciando che una maggioranza dei due terzi al partito di governo sarebbe stata negativa per il mondo degli affari. Ora stanno cercando istericamente di influenzare la politica economica del governo per allontanarla dal programma per il quale la popolazione sudafricana ha votato in maggioranza schiacciante. In altre parole, la classe capitalista vuole, così come in tutte le altre elezioni, rubare la vittoria dalle mani della classe lavoratrice e dei poveri, da un lato spaventando la dirigenza dell’ANC con la minaccia di un blocco degli investimenti, dall’altra corrompendo quella stessa dirigenza. Allo stesso tempo i mezzi di informazione neoliberisti stanno facendo del proprio meglio per demonizzare e ridicolizzare la sinistra nell’alleanza dell’ANC: sul canale televisivo SABC un commentatore è giunto a dire che “non vi è un singolo esempio sul pianeta in cui il comunismo abbia avuto successo” (SABC3).

Un editoriale del quotidiano inglese Indipendent, è stato molto chiaro nei suoi “consigli” a Zuma:

Dovrebbe nominare nuovamente l’apprezzato ministro delle finanze, Trevor Manuel, che ha guidato l’economia in 40 trimestri consecutivi di crescita fino alla fine dello scorso anno. Dovrebbe offrire un terzo mandato al governatore della Banca Centrale, Tito Mboweni, uno dei più rispettati economisti nei mercati emergenti. Dovrebbe tenere l’ex dirigente dell’organizzazione giovanile dell’ANC, Fikile Mbalula, e il segretario generale del Partito Comunista Blade Nzimande ben lontani da ogni posizione di governo, fatto che potrebbe spaventare gli investitori.”

Considerato che i mezzi di informazione in Sudafrica sono controllati dalle aziende capitaliste, non vi sono molti altri punti di vista che raggiungono il pubblico. Anche la televisione di Stato, la SABC, ripete servilmente il mantra del’avvertimento neoliberista che l’ANC non sarà in grado di realizzare il suo programma elettorale una volta al potere perché “la base dei contribuenti è costituita soltanto da 6 milioni di persone, mentre 23 milioni sono gli elettori e la popolazione complessiva è di 50 milioni di abitanti” (SABC3, 24 aprile 2009). Ciò che non viene detto al pubblico è che ogni cittadino sudafricano paga il 14% di IVA su ogni acquisto, compresi prodotti alimentari di base. Educazione, acqua, salute, abitazioni, sono stati tutti privatizzati, e al fine di creare “condizioni favorevoli agli investimenti” il governo si è prostrato di fronte agli interessi delle aziende negli ultimi 10 anni, per cui le società pagano una frazione del prezzo che i consumatori comuni pagano per servizi come l’acqua e l’elettricità, per non parlare del gran numero di ulteriori incentivi offerti dal Dipartimento del Commercio e dell’Industria. Non c’è da stupirsi che in Sudafrica ci sia una delle forbici più ampie al mondo tra ricchi e poveri.

Sono i poveri di fatto che hanno sovvenzionato il progetto neoliberista avanzato durante il regime di Thabo Mbeki nell’ultimo decennio. Le aziende hanno trasferito il costo del loro impatto ambientale e sociale, e perfino delle esportazioni, sui poveri. Così i minatori vivono in gran parte in baracche senza acqua potabile ed elettricità in luoghi come Rustenburg. Le comunità che da sempre utilizzavano l’acqua di ruscelli, pozzi e piccoli corsi d’acqua nella provincia di Limpopo non possono più farlo poiché le operazioni di scavo hanno avvelenato queste fonti. Le stesse società minerarie ora purificano l’acqua e la rivendono agli stessi utenti. Il principio per cui “chi inquina paga” è stato rovesciato in “si paga chi inquina”!

Jacob Zuma sta cercando di rassicurare i capitalisti, ma questo, come si è visto negli ultimi 15 anni, può essere fatto soltanto attaccando i lavoratori e i poveri. A maggior ragione adesso che il Sudafrica è entrato in una fase di recessione e il Paese ha il più grave deficit di bilancio degli ultimi 10 anni. Non è possibile servire due padroni. Se il nuovo governo dell’ANC vorrà compiacere il grande capitale andrà presto a scontrarsi con i lavoratori e i poveri che esprimeranno le proprie istanze attraverso il COSATU e il SACP.

L’obiettivo dei marxisti in Sudafrica è raggiungere gli elementi più avanzati all’interno di queste organizzazioni e iniziare un serio lavoro per unirli attorno a un chiaro programma socialista, che non sia basato su una qualche “Rivoluzione Democratica Nazionale” ma saldamente su una rivoluzione socialista. Se una cosa è stata chiaramente dimostrata dagli ultimi 15 anni di democrazia borghese e di governo dell’ANC, è che i problemi delle masse lavoratrici e povere in Sudafrica, in grandissima maggioranza nere, e neppure quelli connessi con la discriminazione o l’accesso alla terra, le abitazioni, il sistema educativo e sanitario, non possono essere risolti entro i limiti del capitalismo. Soltanto l’espropriazione dei mezzi di produzione, “la ricchezza della terra” che la Carta della Libertà afferma appartenere al popolo, può gettare le basi per un piano di produzione democratico che può iniziare a risolvere i problemi dei senza tetto, dei poveri e dei disoccupati, che colpiscono ancora milioni di Sudafricani.

27 aprile 2009

Source: FalceMartello