La rivoluzione araba - Manifesto della Tendenza Marxista Internazionale (prima parte): Rivoluzione fino alla vittoria! - Thawra hatta'l nasr!

La rivoluzione araba è fonte di ispirazione per i lavoratori e i giovani di tutto il mondo. Ha scosso tutti i paesi del Medio Oriente alle fondamenta e le sue ripercussioni si fanno sentire in tutto il pianeta. Gli eventi drammatici in Nord Africa e in Egitto segnano una svolta decisiva nella storia. Non sono incidenti isolati ma parte del processo generale della rivoluzione mondiale.

Ciò che vediamo aprirsi dinanzi a noi è la fase iniziale della rivoluzione socialista mondiale. Lo stesso processo generale si svolgerà, anche se a ritmi diversi, in tutto il mondo. Ci saranno inevitabilmente alti e bassi, sconfitte e vittorie, delusioni e successi. Dobbiamo essere preparati per questo. Ma la tendenza generale è verso un’accelerazione della lotta di classe su scala mondiale.

Il meraviglioso movimento delle masse in Tunisia e in Egitto è solo l'inizio. Sviluppi rivoluzionari sono all'ordine del giorno e nessun paese può ritenersi immune dal processo generale. Le rivoluzioni nel mondo arabo sono una manifestazione della crisi del capitalismo su scala mondiale. Gli eventi in Tunisia ed Egitto mostrano ai paesi a capitalismo avanzato il loro futuro come in uno specchio.

Tunisia

La Tunisia era apparentemente il paese arabo più stabile. La sua economia era in forte espansione e gli investitori esteri facevano grassi profitti. Il Presidente Zine al-Abidine Ben Ali, governava con il pugno di ferro. Tutto sembrava andare per il meglio nel migliore dei mondi capitalisti.

I commentatori borghesi guardavano la superficie e non vedevano i processi che avvenivano nel profondo della società. Perciò erano ciechi ai processi in atto in Nord Africa. Negavano ogni possibilità di una rivoluzione in Tunisia. Ora tutti gli strateghi borghesi, economisti, accademici, "esperti" manifestano pubblicamente la loro perplessità.

Il paese è esploso dopo l'auto-immolazione del giovane disoccupato Mohamed Bouazizi. Hegel ha osservato che la necessità si esprime attraverso il caso. Questo non è stato l'unico episodio di suicidio da parte di un giovane disoccupato disperato in Tunisia. Ma questa volta ha avuto effetti inattesi. Le masse si sono riversate in strada e hanno cominciato una rivoluzione.

La prima reazione del regime è stata di schiacciare la ribellione con la forza. Quando non ha funzionato, ha fatto ricorso alle concessioni, che sono servite solo a versare benzina sul fuoco. La pesante repressione della polizia non ha fermato le masse. Il regime non ha utilizzato l'esercito perché non poteva. Uno scontro sanguinoso e si sarebbe frantumato.

La classe operaia tunisina ha promosso un'ondata di scioperi regionali a scacchiera, culminata in uno sciopero nazionale. È stato a questo punto che Ben Ali ha dovuto fuggire in Arabia Saudita. Questa è stata la prima vittoria della rivoluzione araba, che ha cambiato tutto.

Quando Ben Ali è fuggito, si è creato un vuoto di potere che doveva essere riempito da comitati rivoluzionari. Questi hanno preso il potere a livello locale e in alcuni luoghi a livello regionale. A Redeyef, nel bacino minerario di Gafsa, non c'è altra autorità che quella dei sindacati. La stazione di polizia è stata bruciata, il giudice è scappato e il municipio è stato occupato dal sindacato locale che ora ha sede lì. Nella piazza principale si svolgono regolarmente assemblee guidate dai leader sindacali. Sono stati creati comitati che si occupano di trasporto, di ordine pubblico, di servizi locali, ecc.

Le masse non erano soddisfatte o pacificate dalla loro prima vittoria. Sono tornate in forze in piazza contro qualsiasi tentativo di ricreare il vecchio ordine sotto un altro nome. Tutti i vecchi partiti sono stati completamente screditati. Quando Gannouchi ha provato a nominare nuovi governatori regionali, la gente li ha respinti. Centinaia di migliaia hanno protestato e hanno dovuto essere rimossi.

In Tunisia la lava di rivoluzione non si è ancora raffreddata. I lavoratori chiedono la confisca della ricchezza della famiglia di Ben Ali. Dal momento che controllava buona parte dell'economia, si tratta di una sfida diretta al dominio della classe capitalista in Tunisia. La confisca dei beni della cricca di Ben Ali è una richiesta socialista.

I lavoratori tunisini hanno cacciato despoti impopolari. Il movimento di sinistra 14 gennaio ha chiesto la convocazione di una assemblea nazionale dei comitati rivoluzionari. È una rivendicazione corretta, ma finora nessun passo concreto è stato preso per la sua attuazione. Nonostante la mancanza di una direzione, la rivoluzione continua ad avanzare con passi da gigante, ha rovesciato Gannouchi e indirizzato il movimento verso nuovi traguardi. Il nostro motto deve essere: Thawra hatta'l nasr - Rivoluzione fino alla vittoria!

La rivoluzione egiziana

La Tunisia ha aperto la rivoluzione araba, ma è un piccolo paese ai margini del Maghreb. L’Egitto, invece, è un grande paese di 82 milioni di persone, e sorge nel cuore del mondo arabo. Il suo proletariato numeroso e combattivo ha mostrato molte volte il suo spirito rivoluzionario. La rivoluzione egiziana, senza dubbio, riflette l'influenza della Tunisia, ma si è basata anche su altri fattori: alto tasso di disoccupazione, tenore di vita in calo e odio verso un governo corrotto e repressivo.

La Tunisia ha agito come un catalizzatore. Ma un catalizzatore può funzionare solo quando ci sono tutte le condizioni necessarie. La rivoluzione tunisina ha mostrato quello che era possibile. Ma sarebbe del tutto falso supporre che questa sia stata l'unica causa, o anche quella principale. Le condizioni per un'esplosione rivoluzionaria erano già maturate in tutti questi paesi. Serviva solo una scintilla per incendiare la polveriera. La Tunisia l’ha fornita.

Il movimento in Egitto ha mostrato l'incredibile eroismo delle masse. Le forze di sicurezza non hanno potuto sparare contro le manifestazioni principali in piazza Tahrir, per paura che si sviluppasse uno scenario tunisino. Il regime pensava che sarebbe stato sufficiente, come in passato, rompere qualche testa. Ma non è bastato. L'umore era cambiato. La quantità si era trasformata in qualità. La vecchia paura era scomparsa. Questa volta ha dovuto fuggire la polizia, non il popolo.

Ciò ha portato direttamente all’occupazione di piazza Tahrir. Il regime ha inviato l'esercito, ma i soldati hanno fraternizzato con le masse. L'esercito egiziano è composta da militari di leva. I ranghi più elevati dell'esercito, i generali sono corrotti. Fanno parte del regime, ma la truppa viene dai lavoratori e dai contadini poveri. I ranghi bassi e medi del corpo ufficiali sono tratti dalla classe media e sono aperti alla pressione delle masse.

I partiti di opposizione chiedevano riforme, tra cui lo scioglimento del parlamento nato a dicembre dopo le elezioni truffa, l'organizzazione di nuove elezioni, e una dichiarazione da Mubarak che né lui né suo figlio correranno per la presidenza alle elezioni previste per settembre. Ma in realtà la direzione era molto indietro rispetto alle masse. Il movimento era andato ben al di là di queste richieste. Il popolo rivoluzionario non avrebbe accettato niente di meno che l'immediata rimozione di Mubarak e l'abolizione del suo regime.

A partire da richieste elementari, come la fine delle leggi di emergenza, il licenziamento del ministro degli interni, e un salario minimo più alto, i manifestanti, incoraggiati da numeri, hanno portato le rivendicazioni su un livello più alto, più rivoluzionario: "Abbasso Mubarak!" "Il popolo vuole la caduta del regime!" o semplicemente "Vattene". In questo modo, la coscienza rivoluzionaria delle masse aumentava a passi da gigante.

Stato e rivoluzione

Non si possono spiegare gli eventi in Egitto e in Tunisia senza partire dal ruolo centrale delle masse, la forza motrice degli avvenimenti, dall'inizio alla fine. Gli “esperti” borghesi e piccolo borghesi, ora cercano di sminuire l'importanza dell'azione delle masse. Vedono solo quello che sta accadendo al vertice. Per loro si tratta di un "golpe", di "potere dell’esercito che passa a se stesso”. Gli stessi storici borghesi ci assicurano che la rivoluzione bolscevica del 1917 è stata “solo un colpo di stato”. Non sono in grado di guardare in faccia la storia, sono affascinati solo dalle sue parti posteriori.

La loro "profonda" analisi è superficiale, nel senso più letterale della parola. Per i filosofi borghesi in generale, tutto esiste solo nelle sue manifestazioni esteriori. È come cercare di capire il movimento delle onde senza preoccuparsi di studiare le correnti oceaniche sottomarine. Anche dopo che le masse occupavano le strade del Cairo, Hillary Clinton ha insistito sul fatto che l'Egitto fosse un paese stabile. Basava la sua conclusione sul fatto che lo stato e il suo apparato repressivo erano intatti. Ma in appena due settimane sono stati frantumati.

L'esistenza di un potente apparato repressivo statale non garantisce contro affatto la rivoluzione, e potrebbe anzi produrre l’effetto opposto. In una democrazia borghese, la classe dominante ha certe valvole di sicurezza che la avvertono quando la situazione è fuori controllo. Ma in un regime dittatoriale o totalitario, non vi è alcuna possibilità per la gente di esprimere ciò che pensa all'interno del sistema politico. Pertanto si possono produrre sconvolgimenti improvvisi, senza preavviso, e prendere immediatamente una forma estrema.

Le forze armate costituivano la base principale del vecchio regime. Ma come ogni altro esercito, riflettono la società e subiscono l'influenza delle masse. Sulla carta erano una forza formidabile. Ma gli eserciti sono composti da esseri umani, e sono soggetti alle stesse pressioni di qualsiasi altro strato sociale o istituzione. Nel momento della verità, né Mubarak né Ben Ali hanno potuto usare l'esercito contro il popolo.

Gli eserciti di molti paesi arabi non sono gli stessi gli eserciti del mondo capitalista sviluppato. Essi sono, in ultima analisi, anche eserciti capitalistici, corpi di uomini armati in difesa della proprietà privata, ma allo stesso tempo sono anche il prodotto della rivoluzione coloniale. Naturalmente, i generali sono corrotti e reazionari. Ma i soldati di leva sono operai e contadini. I ranghi medio-bassi della casta degli ufficiali riflettono la pressione delle masse, come è stato mostrato con il colpo di stato di Nasser nel 1952.

La rivoluzione ha provocato una crisi dello stato. Sono aumentate le tensioni tra l'esercito e la polizia e tra polizia e manifestanti. Per questo motivo il consiglio dell'esercito, alla fine, ha deciso di abbandonare Mubarak. L'esercito era chiaramente scosso dagli eventi e ha mostrato segni di cedimento sotto la pressione delle masse. Ci sono stati casi di ufficiali che hanno abbandonato le armi e si sono uniti ai manifestanti in piazza Tahrir. In queste circostanze non vi può essere possibilità di usare l'esercito contro il popolo rivoluzionario.

Il ruolo del proletariato

Durante le prime due settimane, il potere era nelle piazze. Ma dopo aver vinto la battaglia nelle strade, i leader del movimento non sapevano cosa fare con quel potere. L'idea che bastava raccogliere un gran numero di persone in piazza Tahrir era fatalmente entrata in crisi. In primo luogo, essa lasciava fuori la questione del potere dello stato. Ma questa è la questione centrale che decide tutte le altre questioni. In secondo luogo, si trattava di una strategia passiva, mentre ciò che serviva era una strategia attiva e offensiva.

In Tunisia, manifestazioni di massa hanno cacciato Ben Ali in esilio e hanno rovesciato il partito di governo. Questi eventi hanno convinto molti egiziani che il loro regime poteva rivelarsi altrettanto fragile. Il problema è che Mubarak ha rifiutato di andare. Nonostante tutti gli sforzi sovrumani e il coraggio dei dimostranti, le manifestazioni non sono riuscite a rovesciare Mubarak. Le manifestazioni di massa sono importanti perché sono un modo per risollevare le masse prima inerti, dando loro il senso del proprio potere. Ma il movimento non poteva vincere a meno ce non fosse portato a un nuovo e più alto livello. Ciò poteva farlo solo la classe operaia.

Questo risveglio del proletariato è stato espresso negli ultimi anni in una ondata di scioperi e proteste. È stato uno dei fattori principali che ha preparato la rivoluzione. È anche la chiave del suo successo futuro. L’ingresso tumultuoso del proletariato egiziano sulla scena della storia ha segnato una svolta nei destini della rivoluzione. L’ha salvata e ha portato al rovesciamento di Mubarak. In una città dopo l'altra i lavoratori egiziani hanno organizzato scioperi e occupazioni di fabbriche. Hanno scacciato i dirigenti più odiati e i dirigenti sindacali corrotti.

La rivoluzione si è posta su un livello superiore. Da una manifestazione si è trasformata in una insurrezione nazionale. Che cosa dobbiamo concluderne? Questo: che la lotta per la democrazia può essere vittoriosa solo nella misura in cui è guidata dal proletariato: i milioni di lavoratori che producono la ricchezza della società, e senza il cui permesso non si accende una lampadina, non squilla un telefono, non gira una ruota.

Il risveglio della nazione egiziana

Il marxismo non ha nulla in comune con il determinismo economico. La disoccupazione di massa e la povertà sono un problema esplosivo. Ma c'era qualcos'altro presente nell'equazione rivoluzionaria: qualcosa di più sfuggente, che non può essere quantificato, ma una causa non meno potente di malcontento della deprivazione materiale. È l’intensa sensazione di umiliazione nei cuori e nelle menti di un popolo antico e nobile dominato per generazioni dall'imperialismo.

C'è la stessa sensazione di umiliazione in generale tutti i popoli arabi, schiavi e oppressi dall'imperialismo per oltre 100 anni, subordinati ai voleri, prima delle potenze europee, poi del gigante americano. Questa sensazione può trovare un'espressione distorta nelle vesti del fondamentalismo islamico che rifiuta tutto ciò che è occidentale come il male. Ma l'ascesa dell'islamismo in questi ultimi anni è stata solo l'espressione del fallimento della sinistra di offrire una vera alternativa socialista ai problemi pressanti delle masse arabe.

Negli anni ‘50 e ‘60, il sogno di Gamal Abdel Nasser del socialismo arabo e del panarabismo suscitò le speranze delle masse arabe in tutto il mondo. L'Egitto divenne un faro di speranza per le masse arabe oppresse e sfruttate. Ma Nasser non portò quel programma alla sua logica conclusione e sotto Anwar Sadat si fece marcia indietro. L'Egitto è diventato una pedina nella politica di una grande potenza come gli Stati Uniti. Nei tre decenni di governo di Mubarak queste tendenze sono state moltiplicate mille volte. Mubarak era un burattino degli Stati Uniti e di Israele che ha spudoratamente tradito la causa palestinese.

Negli ultimi tre o quattro decenni la psicologia araba si è colorato di delusioni, sconfitte e umiliazioni. Ma ora la ruota della storia si è capovolta e tutto sta cambiando. L'idea di rivoluzione ha un significato molto concreto nel mondo arabo di oggi. Sta catturando la mente di milioni di persone e sta diventando una forza sostanziale. Idee che prima interessavano pochi ora hanno convinto e stanno mobilitando milioni di persone.

Le rivoluzioni aiutano a mettere molto bene in chiaro le cose. Mettono alla prova tutte le tendenze: in una notte, le idee del terrorismo individuale o del fondamentalismo islamico sono state spazzate via dal torrente rivoluzionario. La rivoluzione ha risvegliato idee quasi dimenticate. Promette un ritorno alle vecchie tradizioni del socialismo e del nazionalismo pan-arabo, che non sono mai del tutto scomparse dalla coscienza popolare. Non è un caso che le canzoni della resistenza del passato tornano di moda e che immagini di Nasser siano ricomparse nelle manifestazioni.

Stiamo assistendo a un nuovo rinascimento arabo, dove una nuova coscienza si forgia nel calore della lotta. Le rivendicazioni democratiche sono fondamentali per le masse, in tali circostanze: schiave per lungo tempo, finalmente hanno messo da parte la vecchia mentalità passiva e fatalista e si sollevano alla loro vera statura.

Si può vedere lo stesso processo in ogni sciopero; uno sciopero è simile a una rivoluzione in miniatura e una rivoluzione è simile a uno sciopero di tutta la società contro i suoi oppressori. Una volta che si attivano, uomini e donne riscoprono la loro dignità. Cominciano a prendere il destino nelle proprie mani e a rivendicare i propri diritti: chiediamo di essere trattati con rispetto. Questa è l'essenza di ogni vera rivoluzione.

La rivoluzione è una presa di coscienza a un livello superiore. Taglia l'erba sotto i piedi dei reazionari che hanno ingannato le masse e confuso i loro sensi con i fumi velenosi del fondamentalismo religioso. Nonostante la propaganda menzognera degli imperialisti, gli islamisti hanno giocato un ruolo marginale nella rivoluzione in Tunisia e in Egitto. La rivoluzione disprezza le divisioni religiose. È trasversale a tutte le divisioni e unisce uomini e donne, giovani e vecchi, musulmani e cristiani.

Il movimento rivoluzionario unisce tra le religioni. Unisce i generi. Porta le donne arabe per le strade per combattere al fianco dei loro uomini. È trasversale a tutte le divisioni nazionali, etniche e linguistiche. Difende le minoranze oppresse. Si riunisce tutte le forze vive della nazione araba e le unisce in una lotta comune. Consente al popolo rivoluzionario di ergersi alla sua vera altezza, per recuperare la dignità e la gioia nella sua libertà. Uomini e donne possono alzare la testa e dire con orgoglio: "Noi non saremo più schiavi".

I limiti dello spontaneismo

Le rivoluzioni in Tunisia ed Egitto sono venute dal basso. Non sono state organizzate da uno dei partiti politici esistenti o leader già conosciuti. Tutti loro sono rimasti sorpresi da un movimento che non avevano previsto e per cui erano del tutto impreparati. Se c'è una lezione da trarre dall'esperienza della rivoluzione egiziana, è questa: il popolo rivoluzionario non può fidarsi che di se stesso, basarsi sulla fiducia nelle proprie forze, nella propria solidarietà, nel proprio coraggio e nella propria organizzazione. Quando si guarda all'Egitto, il confronto storico che viene subito in mente è Barcellona nel 1936. Senza partito, senza leader, senza programma, senza piani, i lavoratori hanno marciato sulle caserme con straordinario coraggio e hanno distrutto i fascisti. Hanno salvato la situazione e avrebbero potuto prendere il potere. Ma la domanda è proprio perché non hanno preso il potere? La risposta è la mancanza di direzione. Più precisamente, sono stati delusi dai dirigenti anarchici della CNT in cui hanno posto la loro fiducia. Chi ha illusioni nell’anarchismo dovrebbe studiare la storia della rivoluzione spagnola!

A prima vista, i movimenti in Tunisia e in Egitto sembrano una rivoluzione spontanea, senza organizzazione o leadership. Ma questa definizione non è proprio esatta. Il movimento è stato solo in parte spontaneo. È stato promosso da alcuni gruppi e individui. Ha dei dirigenti che prendono iniziative, propongono slogan, promuovono manifestazioni e scioperi.

Molta enfasi è stata posta sul ruolo dei social network, come Facebook e Twitter in Tunisia, Egitto (e in precedenza in Iran). Non vi è dubbio che la nuova tecnologia ha giocato un ruolo ed è estremamente utile per i rivoluzionari e ha reso impossibile per stati come l'Egitto mantenere il monopolio dell'informazione che avevano una volta. Ma quelli che esagerano il lato puramente tecnologico delle cose distorcono la vera essenza della rivoluzione, ossia, il ruolo delle masse e della classe operaia in particolare. Lo fanno per rappresentare la rivoluzione come un movimento soprattutto della classe media, guidata esclusivamente da intellettuali e appassionati di Internet. Ciò è del tutto falso.

In primo luogo, solo una piccola percentuale della popolazione ha accesso a internet. In secondo luogo, il regime ha praticamente scollegato Internet e smantellato i servizi di telefonia mobile. Questo non ha fermato il movimento un solo minuto. Senza internet e cellulari il popolo ha organizzato manifestazioni con una tecnologia molto vecchia, conosciuta come linguaggio umano. La stessa tecnologia è stata utilizzata per la rivoluzione francese e la rivoluzione russa, che purtroppo non avevano accesso a Facebook o Twitter, ma hanno fatto comunque un buon lavoro. Un ruolo ancora più grande di Facebook, però, è stato svolto da Al Jazeera. Milioni di persone hanno potuto guardare l’evolversi degli eventi, giorno per giorno, ora per ora.

Come abbiamo visto, non è vero che la rivoluzione egiziana non ha avuto leader. C’è stata una sorta di leadership fin dall'inizio. Si trattava di una coalizione di più di una dozzina di piccoli partiti e gruppi di attivisti. Sono stati loro che hanno lanciato un appello su Facebook per una "giornata della collera" in concomitanza con la giornata della Polizia, il 25 gennaio. Circa 80.000 utenti egiziani di internet l’hanno sottoscritto, impegnandosi a manifestare nelle piazze per esprimere richieste di riforma.

Sia in Tunisia che in Egitto, inizialmente, le manifestazioni sono state convocate da parte di gruppi di giovani che fornivano la direzione che quella "ufficiale" dei partiti di opposizione non dava. L'Economist si riferisce a "l'emergere di gruppi con pochi legami, che fanno pressioni per le riforme, che passano via internet, da parte di giovani con una prospettiva laica ma senza nessuna ideologia particolare. Alcuni si occupano di diritti del lavoro. Altri di diritti umani o della libertà d’insegnamento".

Queste azioni, poi, sono state effettuate da una minoranza decisa e quindi non erano puramente spontanee. Ma questa era solo la punta di un iceberg molto grande. La gente comune era dalla parte dei manifestanti. La protesta a livello nazionale si è trasformata in una rivolta generale contro il regime di Mubarak, con proteste di massa simultanee in tutto l'Egitto. Quindi, in effetti, una direzione c'era, anche se non con idee molto chiare. Tuttavia, sia in Tunisia e in Egitto la risposta da parte delle masse ha preso di sorpresa gli organizzatori che nemmeno sognavano la portata del sostegno che avrebbero ottenuto. Nessuno degli organizzatori ha anticipato i grandi numeri che hanno risposto al loro appello e meno ancora prevedevano che la polizia anti-sommossa li avrebbe fatti arrivare molto lontano.

È vero che il carattere "spontaneo" della rivoluzione ha fornito una certa protezione contro lo stato, e in questo senso è stato positivo. Ma la mancanza di una direzione adeguata è anche una grave lacuna che ha effetti molto negativi in eguito.

Il fatto che in entrambi i paesi le masse siano riuscite a rovesciare Ben Ali e Mubarak, senza l'aiuto di una direzione cosciente del proprio ruolo, è testimonianza eloquente del colossale potenziale rivoluzionario della classe operaia in tutti i paesi. Ma questa affermazione non esaurisce affatto il problema. La debolezza di un movimento puramente spontaneo si è vista in Iran, dove, nonostante l'enorme eroismo delle masse, la rivoluzione si è conclusa con una sconfitta, almeno per il momento.

L'argomento secondo cui "non abbiamo bisogno di leader", non resiste alla minima analisi. Anche in uno sciopero di mezz'ora in una fabbrica c'è sempre una direzione. I lavoratori eleggeranno chi tra loro deve rappresentarli e organizzare lo sciopero. Coloro che sono eletti non sono elementi arbitrari o casuali, ma in genere i lavoratori più coraggiosi, esperti e intelligenti. Sono selezionati su questa base.

La leadership è importante, e il partito è importante. Un bambino di sei anni lo capisce, è l'ABC del marxismo. Ma dopo A, B e C, ci sono altre lettere dell'alfabeto. Ci sono alcuni che si definiscono marxisti che immaginano che senza un partito marxista alla testa del proletariato, non ci può essere alcuna possibilità di una rivoluzione. Tale pedanteria ridicola non ha nulla in comune con il marxismo. La rivoluzione non si svilupperà in maniera ordinata, con il partito rivoluzionario che guida le masse con un bastone.

Nel 1917 Lenin disse che la classe operaia è sempre molto più rivoluzionaria anche del partito più rivoluzionario. L'esperienza della rivoluzione russa ha dimostrato che aveva ragione. Ricordiamo che nel mese di aprile 1917, Lenin dovette fare appello ai lavoratori bypassando il Comitato Centrale Bolscevico, che aveva adottato un atteggiamento conservatore sulla questione della rivoluzione proletaria in Russia.

La stessa mentalità conservatrice, la stessa diffidenza aristocratica delle masse può essere vista in molti di coloro che si considerano come "avanguardia" della classe, ma che, in pratica, sono un freno al movimento nelle situazioni decisive. È sufficiente fare riferimento al triste ruolo della vecchia cosiddetta "avanguardia" in Iran, sopravvissuta alla rivoluzione del 1979, ma che era lontano dalle masse rivoluzionarie che si sono riversate per le strade a milioni per sfidare il regime nel 2009.

Forse che i marxisti dicono che a meno che e fino a quando si costruisce il partito rivoluzionario e guida la classe operaia, la rivoluzione è impossibile? No, non abbiamo mai detto una cosa simile. La rivoluzione procede secondo leggi proprie, che si sviluppano indipendentemente dalla volontà dei rivoluzionari. Una rivoluzione avverrà quando tutte le condizioni oggettive sono presenti. Le masse non possono attendere che il partito rivoluzionario si costruisca. Tuttavia, quando sono presenti tutte le condizioni oggettive, il fattore della leadership è davvero determinante. Molto spesso è la differenza tra vittoria e sconfitta.

La rivoluzione è una lotta di forze vive, dove la vittoria non è predeterminata. In realtà, a un certo punto, la rivoluzione egiziana è arrivata molto vicino alla sconfitta. Tatticamente parlando, starsene a piazza Tahrir non era la cosa migliore da fare. Ciò ha dimostrato la prospettiva limitata degli organizzatori. Mubarak ha quasi aggirato il movimento, comprandone alcuni settori, e mobilitando i teppisti sottoproletari per sferrare attacchi feroci, e avrebbe potuto vincere. Solo l'intervento deciso delle masse, e in particolare l'intervento della classe operaia, ha impedito la sconfitta.

Il problema della direzione

Le masse non hanno mai un piano bell'e pronto all'inizio di una rivoluzione. Imparano attraverso la lotta. Non possono sapere esattamente quello che vogliono, ma sanno molto bene ciò che non vogliono. E questo è sufficiente per spingere il movimento in avanti.

La direzione è un elemento molto importante in guerra. Questo non vuol dire che è l'unico elemento. Anche il più brillante leader non può garantire il successo se le condizioni oggettive sono sfavorevoli. E a volte si può vincere una battaglia con cattivi generali. In una rivoluzione, che è l'espressione più alta della guerra tra le classi, la classe operaia ha il vantaggio dei numeri e il controllo di parti fondamentali dell'apparato produttivo della società. Ma la classe dominante possiede molti altri vantaggi.

Lo stato è un apparato per il mantenimento della dittatura di una minoranza di sfruttatori sulla minoranza sfruttata. La classe dominante detiene molte altre potenti leve nelle sue mani: la stampa, la radio e la televisione, le scuole e le università, la burocrazia statale e anche i burocrati dello spirito e la polizia del pensiero nelle moschee e nelle chiese. Inoltre possiede un esercito di consulenti professionali, politici, economisti e altri esperti nelle arti della manipolazione e dell'inganno.

Per lottare contro questo apparato repressivo, che è stato costruito e perfezionato nei decenni, la classe operaia deve sviluppare le sue organizzazioni, guidate da una direzione esperta e determinata, che ha assorbito le lezioni della storia ed è pronta per ogni evenienza. Chi sostiene che è possibile sconfiggere la classe dominante e il suo stato senza organizzazione e la leadership sta invitando un esercito ad andare in battaglia non addestrato e impreparato ad affrontare una forza professionale guidata da ufficiali esperti.

Nella maggior parte dei casi, un tale conflitto si conclude con una sconfitta. Ma anche se la rivoluzione riesce a sopraffare il nemico alla prima carica, ciò non sarà sufficiente a garantire la vittoria finale. Il nemico si raggrupperà, riorganizzerà, modificherà la sua tattica, e preparerà una controffensiva, che sarà tanto più pericolosa perché le masse sono state indotte a credere che la guerra è già vinta. Ciò che in un primo momento sembrava essere un momento di trionfo e di gioia si rivela essere il momento di estremo pericolo per le sorti della rivoluzione, e la mancanza di una direzione adeguata, in questi casi, si rivelerà essere il suo tallone d 'Achille, una debolezza fatale.

La direzione del movimento di protesta conteneva elementi diversi e differenti tendenze ideologiche. In ultima analisi, ciò rifletteva diversi interessi di classe. All'inizio, questo fatto è emerso dal appello generale all’"unità". Ma lo sviluppo della rivoluzione, inevitabilmente, darà luogo a un processo di differenziazione interna. Gli elementi borghesi e la classe media "democratica" accettano le briciole offerte dal regime. Sono pronti al compromesso e a stipulare accordi alle spalle delle masse. A un certo punto diserteranno la rivoluzione e passeranno al campo della reazione. Questo sta già succedendo.

Alla fine sono gli elementi rivoluzionari più determinati che possono garantire la vittoria finale della rivoluzione: quelli che non sono disposti a compromessi e sono disposti ad andare fino in fondo. Nuove esplosioni sono implicite nella situazione. Alla fine, uno o l'altro campo devono trionfare. La situazione oggettiva è matura per la presa del potere della classe operaia, solo la mancanza del fattore soggettivo, il partito rivoluzionario e la direzione, la impediscono per ora. Il superamento del problema della direzione è dunque il problema centrale della rivoluzione.

Intrighi al vertice

È stata l'insurrezione nazionale che ha convinto i generali che solo la cacciata di Mubarak poteva calmare le piazze in Egitto e ripristinare "l'ordine". Questa era, e rimane, la loro ossessione principale. Tutte le chiacchiere sulla democrazia sono solo una foglia di fico per mascherare questo fatto. I generali sono parte del vecchio regime e hanno partecipato a tutto il lavoro sporco della corruzione e della repressione. Temono la rivoluzione come la peste e vogliono solo un ritorno alla "normalità", cioè un ritorno al vecchio regime con un nome diverso.

La classe dominante ha molte strategie per sconfiggere una rivoluzione. Se non può farlo con la forza, farà ricorso all'astuzia. Quando la classe dirigente rischia di perdere tutto quello che ha, offre sempre concessioni. La cacciata di Ben Ali e Mubarak sono state una grande vittoria, ma erano solo il primo atto del dramma rivoluzionario.

I rappresentanti del vecchio regime restano in posizioni di potere, il vecchio apparato statale, l'esercito, la polizia e la burocrazia, sono ancora lì. Gli imperialisti intrigano con i vertici dell'esercito e i vecchi leader per defraudare le masse di tutto ciò che hanno vinto. Offrono un compromesso, ma è un compromesso per mantenere il loro potere e i loro privilegi.

Sconfitto nelle piazze, il vecchio regime si sta sforzando di trovare un accordo, cioè, cercare di ingannare i dirigenti dell'opposizione, in modo che a loro volta possano ingannare le masse. L'idea è che, una volta che l'iniziativa è nelle mani dei "negoziatori", le masse diventino semplici spettatori passivi. Le vere decisioni verranno prese altrove, dietro porte chiuse, alle spalle del popolo.

Gli uomini del vecchio regime si stanno lentamente tranquillizzando. Hanno cominciato a sentirsi più sicuri e raddoppiare le loro manovre e intrighi, basandosi sui settori più moderati dell'opposizione. Le masse si sentono a disagio. Non vogliono che il movimento sia dirottato nelle mani di politici professionisti e carrieristi che contrattano con i generali, come mercanti in un bazar. Ma il punto rimane: come portare avanti la rivoluzione? Che cosa bisogna fare?

Mentre il movimento si radicalizza, alcuni degli elementi che hanno giocato un ruolo da protagonisti nelle prime fasi rimarranno indietro. Alcuni lo abbandonano, altri passeranno al nemico. Ciò corrisponde a interessi di classe diversi. I poveri, i disoccupati, i lavoratori, gli "uomini senza proprietà" non hanno alcun interesse a mantenere il vecchio ordine. Vogliono spazzare via non solo Mubarak, ma l'intero regime di oppressione, sfruttamento e disuguaglianza. Ma i liberali borghesi vedono la lotta per la democrazia come un mezzo per assicurarsi una comoda carriera  in parlamento. Essi non hanno alcun interesse a portare la rivoluzione fino in fondo o a turbare i rapporti di proprietà esistenti.

Per i borghesi liberali il movimento di massa è solo una merce di scambio conveniente, qualcosa con cui possono minacciare il governo perché dia loro qualche briciola di più. Saranno sempre pronti tradire la rivoluzione. Non si può avere nessuna fiducia in queste persone. El Baradei ha detto oggi di essere contrario agli emendamenti costituzionali, ma invece di chiedere un'assemblea costituente immediata, dice che le elezioni devono essere rinviate, che non ci sono le condizioni, che non è il momento giusto, e così via. Per questi signori il tempo per la democrazia non viene mai. Per le masse che hanno versato il loro sangue per la rivoluzione, il tempo per la democrazia è ora!

La TMI propone:

 

  • Nessuna fiducia nei generali!
  • Nessuna fiducia per i dirigenti auto-nominati che propongono il ritorno alla "normalità"!
  • Mantenere vivo il movimento di massa!
  • Organizzare e potenziare i comitati rivoluzionari!
  • Per un’epurazione di tutti i sostenitori del vecchio regime!
  • Nessun accordo con il vecchio regime!

 

L'attuale "regime transitorio" non ha alcuna legittimità e deve essere rimosso immediatamente. È necessaria la convocazione di una Assemblea Costituente subito!

I Fratelli Musulmani

Alcuni, tra cui Khamenei in Iran, dicono che il movimento rivoluzionario a cui assistiamo riguarda la religione, che si tratta di "un risveglio islamico", ma ciò chiaramente non è vero. Anche i principali leader religiosi in Egitto, lo devono ammettere. Temono di essere spazzati via se cercano di presentare la rivoluzione come movimento religioso. È un movimento di tutte le religioni, e quindi di nessuna religione. Non c'era animosità contro i cristiani nelle manifestazioni. Non c'era nemmeno un accenno di anti-semitismo.

Il settarismo religioso è un'arma usata dai reazionari per confondere la gente. Gli attacchi di dicembre contro i cristiani copti sono stati chiaramente progettati dalla polizia segreta al fine di creare una divisione settaria e distogliere l'attenzione dai problemi reali delle masse. Sono ricorsi alla stessa sporca tattica ora, al fine di dividere le masse su linee confessionali, fomentando conflitti tra musulmani e copti, nel tentativo di dividere e disorientare le masse e indebolire la rivoluzione.

Le rivolte in Tunisia ed Egitto sono in gran parte laiche e democratiche, e spesso volutamente escludono gli islamisti. L'idea che la Fratellanza Musulmana sia stata "l'unica vera opposizione" è completamente falsa. Le esigenze di base dei manifestanti egiziani sono il lavoro, il cibo e i diritti democratici. Questo non ha niente a che fare con gli islamisti ed è un ponte verso il socialismo, che ha profonde radici nelle tradizioni in Egitto e in altri paesi arabi.

Alcune persone di sinistra poco informate hanno descritto i movimenti in Tunisia ed Egitto come  rivoluzioni della classe media. Questi stessi cosiddetti uomini di sinistra hanno flirtato per lungo tempo con gruppi reazionari come Hezbollah, Hamas e la Fratellanza musulmana. Cercano di giustificare questo tradimento del marxismo sulla base della supposta posizione anti-imperialista dei dirigenti. È un argomento totalmente falso. Gli islamisti cosiddetti anti-imperialisti a parole, in pratica rappresentano una tendenza reazionaria. Essi sono, infatti, la ruota di scorta del vecchio regime.

Gli imperialisti hanno cercato di utilizzare i fondamentalisti come uno spauracchio per confondere le masse e nascondere la vera natura della rivoluzione araba. Ci dicono: "Guarda! Se Mubarak se ne va, Al-Qaeda prenderà il suo posto ". Mubarak stesso ha detto al popolo egiziano che se fosse andato via sarebbe finita "come l'Iraq". Si trattava di bugie. Il ruolo dei fondamentalisti e di organizzazioni come la Fratellanza Musulmana è stato grottescamente esagerato. Tali organizzazioni non rappresentano una forza per il progresso. Si pongono come anti-imperialisti, ma difendono gli interessi dei latifondisti e dei capitalisti. In ultima analisi tradiranno sempre la causa degli operai e dei contadini.

È francamente scandaloso che alcuni gruppi europei di sinistra, e anche alcuni che si dicono marxisti, abbiano sostenuto gli islamisti. Si tratta di un tradimento della rivoluzione proletaria. È vero che i Fratelli Musulmani sono divisi su linee di classe. La leadership è nelle mani di elementi conservatori, capitalisti e ricchi uomini d'affari, mentre alla base vi sono sezioni più militanti di giovani e di coloro che provengono dai contesti più poveri della classe lavoratrice. Tuttavia, il modo per convincerli a passare dalla parte della rivoluzione non è fare alleanze con i loro leader capitalisti, ma piuttosto sottoporli a critica implacabile, al fine di esporre le loro risibili pretese di essere anti-imperialisti e a favore dei poveri.

Questo è esattamente l'opposto di ciò che questi gruppi hanno fatto quando hanno stretto un'alleanza con i leader dei Fratelli Musulmani per l'organizzazione della Conferenza del Cairo contro la guerra. In effetti, queste organizzazioni di sinistra hanno dato ai dirigenti dei Fratelli Musulmani una copertura a sinistra, dando per buone le loro false credenziali anti-imperialiste e rafforzando così la presa sulla propria base.

In passato i Fratelli Musulmani sono stati sostenuti dalla CIA per indebolire il movimento nazionalista di sinistra di Gamal Abdel Nasser. Il fondamentalismo islamico è una creazione di John Foster Dulles e del Dipartimento di Stato, per indebolire la sinistra dopo la guerra di Suez del 1956. Ma quando Sadat e Mubarak sono diventati fantocci americani, i loro servizi non erano più necessari. Hilary Clinton e altri hanno detto che i Fratelli Musulmani non sono una minaccia, che sono persone con cui si può lavorare. Questa è una chiara indicazione che gli imperialisti cercheranno ancora una volta di utilizzare gli islamisti per scongiurare la rivoluzione.

Allo stesso modo, Hamas e Hezbollah sono stati inizialmente creati per indebolire la FPLP e altre tendenze di sinistra in Palestina. Più tardi, la CIA ha creato Osama Bin Laden come contrappeso alle forze sovietiche in Afghanistan. E ora intrigano di nuovo con i leader dei Fratelli Musulmani per scongiurare la rivoluzione in Egitto e ingannare il popolo. Ma i Fratelli Musulmani non sono un movimento omogeneo e ora sono divisi in diverse fazioni su linee di classe.

La povera gente che sostiene la Fratellanza è una cosa. I leader sono un'altra. Nel 1980 i leader della Fratellanza erano principali beneficiari della liberalizzazione economica - il programma di infitah o di "apertura" - con cui Sadat e Mubarak hanno smantellato il settore statale, favorendo il capitale privato. Uno studio di imprenditori della Fratellanza evidenzia che ora controllano il 40 per cento di tutte le iniziative economiche private. Sono parte del sistema capitalista e hanno tutto l'interesse a difenderlo. Il loro comportamento non è determinato dal Corano, ma da interessi di classe.

Gli islamisti più “duri” sono spaventati delle masse rivoluzionarie come il regime stesso. I Fratelli Musulmani avevano dichiarato che non avrebbero negoziato con il governo fino a quando Mubarak non si fosse dimesso. Ma nel momento in cui il regime ha accennato a muovere il mignolo, hanno cambiato idea. Uno dei loro leader è andato a piazza Tahrir, dove i manifestanti resistevano impedendo ai tank di occupare la piazza con i loro corpi, facendo appello di non scontrarsi con l'esercito.

Il nostro atteggiamento verso queste persone è stato elaborato tempo fa da Lenin, che ha spiegato al Secondo Congresso dell'Internazionale Comunista:

"11) Per quanto riguarda stati e nazioni più arretrati, in cui predominano relazioni feudali o patriarcali-contadine, è particolarmente importante tenere a mente:

in primo luogo, che tutti i partiti comunisti devono aiutare il movimento di liberazione democratica borghese in questi paesi, e che il dovere di rendere più attiva la resistenza spetta in primo luogo ai lavoratori del paese che li domina come colonie o comunque economicamente;

in secondo luogo, occorre una lotta contro il clero e altri elementi influenti di matrice reazionaria e medievale in paesi arretrati;

in terzo luogo, occorre combattere il pan-islamismo e tendenze simili, che cercano di coniugare il movimento di liberazione contro l'imperialismo europeo e americano, con un tentativo di rafforzare le posizioni dei khan, dei proprietari terrieri, dei mullah, ecc."(Lenin, Progetto di tesi sulla le questioni nazionali e coloniali, 5 giugno 1920, corsivo nostro)

Questa è la reale posizione del marxismo nei confronti delle tendenze reazionarie religiose. È la posizione che la TMI difende con fermezza.

La TMI propone:

  • Difendere l'unità del popolo rivoluzionario!
  • Abbasso i fautori di pogrom e i mercanti di odio!
  • Opporsi a ogni discriminazione basata sulla religione!
  • Nessun compromesso con le tendenze reazionarie e oscurantiste!
  • Ogni uomo e donna deve avere libertà di culto o di non averne alcuno! Completa separazione della religione dallo stato!

14 marzo 2011

Translation: FalceMartello (Italy)