Perù – Un appello urgente alla mobilitazione nelle piazze per fermare la destra

Nella giornata di mercoledì. 7 dicembre, la crisi politica in Perù ha subito un’accelerazione. Il Presidente Castillo, eletto nel 2021 sulla base della rabbia delle masse operaie e contadine, ha decretato la chiusura del Congresso, ma è stato subito arrestato dalla polizia. Il Congresso ha votato l’impeachment e ha proclamato il suo vicepresidente come nuovo presidente.

L’articolo dei nostri compagni della CMI-Perù analizza le ragioni della crisi e delinea i compiti del movimento operaio nell’immediato futuro

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Una terza mozione per l’impeachment era stata depositata contro Pedro Castillo e sarebbe stata discussa il 7 dicembre, davanti al Congresso. Tuttavia, alle 11:45 Castillo ha inviato un messaggio alla nazione annunciando lo scioglimento del parlamento, in risposta ai molteplici attacchi e dagli ostacoli che sono stati posti al suo mandato fin dall’inizio.

Come avevamo avvertito in articoli precedenti, la destra reazionaria e l’oligarchia peruviana avrebbero fatto tutto il possibile per sbarazzarsi di questo intruso che ha osato occupare un posto nel suo apparato statale. Nonostante l’impegno di Castillo, dimostrato in ogni momento. Volto alla difesa del regime costituzionale borghese, la borghesia semplicemente non sostiene qualcuno che non appartiene alla loro classe, qualcuno che viene dal popolo plebeo.

Di fronte a questa situazione di scontro e di paralisi politica, Pedro Castillo ha rivolto alcune settimane fa un appello all’OSA [Organizzazione degli Stati Americani] per intervenire. Come CMI-Perù abbiamo affermato il nostro disaccordo con la partecipazione dell’OSA poiché è un organismo dell’imperialismo americano per l’intervento in tutti i paesi dell’America Latina al fine di far valere i propri interessi contro qualsiasi tentativo del popolo per la sua emancipazione, anche contro i timidi riformisti che non avevano programmato una lotta seria contro il capitale. Oggi gli avvenimenti ce ne hanno dato ragione, perché prima dello sconvolgimento politico che ha provocato l’annuncio di Castillo, l’OSA ha dichiarato che c’è un aggravamento dell’ordine costituzionale in Perù da parte del presidente, ha riconosciuto il procedimento di impeachment e la presidenza di Dina Boluarte.

Dopo l’annuncio del Presidente la situazione politica si è fatta caotica, la borghesia ha iniziato a mobilitare il proprio Stato, i mezzi di comunicazione, le reti social e le forze armate del Perù, annunciando un presunto “Coup d’Etat”, un attacco all’ordine costituzionale e alla democrazia, abbracciando la necessità di difendere le istituzioni dall’atto “dittatoriale” di Castillo. Hanno riunito il congresso, hanno votato l’impeachment e hanno nominato Dina Boluarte come nuova presidente. In questa situazione non possiamo non menzionare che, sia il gruppo parlamentare di Castillo sia la maggioranza del gruppo parlamentare di Perù Libre (partito di sinistra, a cui fino a maggio 2022 apparteneva pure Castillo, ndt) hanno votato, a maggioranza, per l’impeachment di Castillo, che ci sembra un atto basso e vigliacco.

Come rappresentanti della “sinistra” peruviana, dovrebbero sapere bene che la mancanza di governabilità e le epurazioni nei ministeri sono state il risultato delle pressioni del Congresso, che ha una maggioranza di destra. Sono inammissibili le dichiarazioni da gente che si definisce “marxista, leninista, marateguista” che giustificano il loro voto o l’astensione per la sfiducia sulla base della necessità “di difendere la democrazia, la costituzione”. Un vero marxista non cadrebbe mai nella trappola della difesa della “democrazia” o della “costituzionalità” borghese. C’è bisogno di vedere oltre la formalità e chiarire l’autentico carattere di classe dei processi. Oggi abbiamo assistito a un golpe della CONFIEP (la Confindustria peruviana, ndt) dell’apparato di stato borghese, del fujimorismo, delle multinazionali del settore minerario e dell’ambasciata degli Stati Uniti contro un presidente che non hanno mai accettato.

Quello che è successo oggi dà ancora un esempio al riformismo latinoamericano: si può essere al governo, ma questo non significa avere il potere. Mentre la borghesia si è mossa all’unisono mobilitando le sue forze per raggiungere il suo obiettivo, Pedro Castillo è semplicemente scomparso, ha fatto il suo annuncio senza fare appello alle masse a difendere il suo decreto, decreto che era anche molto popolare tra i settori in lotta, dato che non c’è stata una manifestazione nell’ultimo periodo in Perù che non abbia rivendicato lo scioglimento del Congresso. Nonostante i tiepidi provvedimenti e le trattative del presidente con la destra, le masse hanno sempre mostrato il loro appoggio incondizionato al governo, che ritengono il proprio governo, ma l’errore più grande di Castillo è stato quello di cercare alleanze e appoggi nelle istituzioni borghesi e non fra le masse operaie e contadine del Perù che lo avevano portato alla presidenza.

In questo momento c’è molto in gioco per le classi oppresse del Perù. Non si tratta solo se avere o no Castillo alla presidenza, si tratta di impedire che la destra insorga in un processo controrivoluzionario, che è la base fondamentale su cui preferisce dominare, poiché gli permetterebbe di applicare il suo programma con l’esercito e la polizia nelle strade.

La nostra lotta in questo momento è contro il golpe borghese-oligarchico, per portare avanti una lotta rivoluzionaria per espropriare la borghesia, farla finita con l’odiato esercito e l’odiata costituzione fujimorista. È necessario creare e rafforzare una organizzazione popolare dalla base che possa offrire una alternativa socialista a questa crisi politica che si è aperta nel regime borghese peruviano. Questa situazione non è qualcosa di secondario, è una questione urgente, perchè è in gioco la vita e il futuro della nostra classe. È necessario che le masse di operai e contadini del Perù scendano in piazza per difendere il presidente, ma per porre la questione di chi è al potere, se la CONFIEP o le masse operaie e contadine.

Dobbiamo lanciare un appello per l’elezione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali, studentesche, femminili e contadine, e questi devono rivendicare una lotta unitaria per affrontare il nemico che si trova in questo momento all’interno del Congresso, fare un appello serio alla lotta contro l’oligarchia e contro gli alti comandi dell’esercito borghese.

Nelle strade vibra lo slogan “Che se ne vadano tutti, nuove elezioni!” che esprime l’opposizione ai membri del congresso che dal principio hanno sabotato il presidente Castillo, e ancora di più che un nuovo presidente sia eletto dal popolo, non da questo covo di banditi. È una aspirazione democratica corretta. Senza dubbio dobbiamo trarre tutte le conclusioni necessarie dall’esperienza della presidenza di Castillo. Operai e contadini possono eleggere un presidente, ma chi comanda realmente sono coloro che hanno il potere economico, controllano i media e l’apparato statale. Non basta cambiare il governo, bisogna cambiare il sistema. Ma per fare ciò abbiamo bisogno dell’organizzazione e della mobilitazione delle masse oppresse e della direzione rivoluzionaria che dobbiamo costruire.

Insistiamo: questa mobilitazione non sarà per difendere Castillo, perché egli ha dimostrato di non essere all’altezza degli avvenimenti. Tutto quello che è accaduto è stato la conseguenza della sua attitudine timida e servile, e il fatto che la borghesia abbia preso coraggio e che stia cercando di sferrare questo colpo è il risultato della sua politica di conciliazione di classe. Questa mobilitazione e questa lotta che dobbiamo mettere in campo è fondamentale per noi, per la classe operaia e per i poveri di questo paese, che alla fine dei conti saranno coloro che pagheranno caro il fatto che la borghesia ritorni a prendere il pieno controllo dello Stato. Se glielo permettiamo, passeranno ad applicare i loro piani di attacco tanto desiderati contro gli interessi della classe operaia come risultato della crisi del sistema capitalistico.

In questi momenti Pedro Castillo e il suo primo ministro, Anibal Torres, sono stati arrestati e Dina Baluarte ha giurato come presidente, con un discorso che faceva appello alla tregua, per formare un governo di unità nazionale con tutte le forze politiche del Perù, chiedendo un mandato a termine per riscattare il paese dalla corruzione e dall’ingovernabilità. Però niente cambierà, poiché lo Stato borghese è lo strumento della borghesia per salvaguardare i propri interessi. Con la destra non si negozia, la destra si combatte, con l’organizzazione e nelle strade.

La situazione politica del Perù è molto critica e come CMI-Perù facciamo un appello a tutte le organizzazioni in lotta a scendere insieme in piazza, a dimostrare che il vero potere viene dalla forza della classe operaia e dei contadini poveri organizzati e rivoluzionari.