Obama e la crisi economica

Italian translation of Obama and the Economic Crisis (January 12, 2009)

Ora che il polverone elettorale sembra si sia stabilizzato, molti sono già rimasti delusi dalle scelte di Barack Obama per quanto riguarda i suoi ministri. Ciononostante gode di percentuali di consenso clamorose, oltre l’80%. Ma questo significa solamente che nel futuro la reazione di fronte all’inevitabile delusione sarà molto più esplosiva.

La crisi economica mondiale sta avendo un effetto la coscienza della classe lavoratrice mondiale. Da nessuna parte questo è più vero che nel Paese più ricco e potente della terra: gli Stati Uniti. Dopo decenni di relativa pace sociale,  la lotta di classe è nuovamente all’ordine del giorno.

Circa 1.300.000 posti di lavoro sono stati persi nell’ ultimo trimestre del 2008. Il mercato immobiliare è crollato e la disoccupazione è ai livelli più alti dai primi anni ‘80 e si prevede che aumenterà ancora. Sei miliardi di dollari per quanto riguarda il valore degli immobili e otto miliardi di dollari in azioni sono semplicemente “scomparsi”. Le vendite al dettaglio durante le vacanze natalizie sono diminuite del 4%, il dato peggiore da decenni. Le tre principali case automobilistiche sono sull’orlo del collasso e perfino il grande produttore giapponese di auto, la Toyota, che ha fatto grandi passi in avanti nel mercato statunitense a spese delle case produttrici nazionali, ha concluso l’anno 2008 in perdita per la prima volta dal 1941.

Il periodo di shopping durante le vacanze natalizie è stato il peggiore da decenni, e a dicembre l’attività operativa delle imprese statunitensi è caduta ai livelli più bassi dal 1981. Una quantità incalcolabile di soldi dei contribuenti è stata sborsata per salvare le banche private e le assicurazioni, praticamente a fondo perduro. Lungi dal rafforzare l’economia salvando milioni di posti di lavoro e bloccando il pignoramento delle case, altre centinaia di migliaia hanno perso le proprie abitazioni e i licenziamenti di massa sono aumentati esponenzialmente, il tutto mentre i managers hanno intascato la fantastica cifra di 1,6 miliardi di dollari fra stipendi, gratifiche e indennità. “Gli affari sono affari”, mai come oggi questa frase è vera, sotto il capitalismo.

L’attuale è senz’altro la crisi peggiore dalla Grande Depressione, un periodo nella storia degli Stati uniti che mette i brividi sia ai lavoratori che alla classe dominante. Ma la crisi degli anni 30 portò alla fine ad una recrudescenza della lotta di classe. Oggi la crisi non sarà diversa. Le contraddizioni che si sono accumulate all’interno del sistema, esacerbate da un’espansione del credito difficile da immaginare, dall’indebitamento, dalla bolla immobiliare, adesso stanno venendo in superficie. Già vediamo esempi di quello che succederà nel momento in cui i lavoratori statunitensi capiranno che la realizzazione del sogno americano è in realtà un incubo.

Ma veramente le cose andranno meglio adesso che G.W. Bush se n’è andato? Come abbiamo spiegato prima, date le aspettative che ha creato Obama sarà costretto ad operare dei cambiamenti, ed anche a fare anche investimenti considerevoli per aumentare la rete dei servizi sociali, creare posti di lavoro, tagliare le tasse e ricostruire le infrastrutture del Paese. Ma questo da nessuna parte andrà abbastanza vicino a riparare il danno già fatto e lascerà intatto il sistema economico.

Molti naturalmente danno il benvenuto a questo “allentamento delle catene”, nonostante sia in larga parte di facciata, e possa far crescere la fiducia dei lavoratori dopo 8 anni di presidenza Bush ed un’economia che è andata peggiorando. Ma niente di fondamentale cambierà. Le leve di comando dell’economia rimarrano in mani private, e le decisioni reali relative a chi ha un lavoro e chi ha una casa saranno fatte ancora dalle banche e dalle aziende che fanno parte della classifica “Fortune 500” (le 500 più grandi aziende del pianeta, ndt).

Le persone scelte da Obama per il governo mettono in evidenza che le cose a Washington continueranno come prima.  Pubblicheremo una serie di articoli su queste nomine e sulle loro probabili scelte politiche in questo e nei prossimi numeri di Socialist Appeal. Ma basta dire che non farà subito finire la guerra in Iraq, che vuole allargare il coinvolgimento nella guerra in Afghanistan e non ha escluso l’invasione statunitense del Pakistan. Come per l’America Latina, il suo approccio sarà – in tutte le caratteristiche essenziali – quello della “dottrina di Monroe” che ha guidato la politica statunitense nella regione negli ultimi duecento anni. In altre parole, la guerra della classe dominante ai lavoratori continuerà, in patria e all’estero, come prima.

Molte persone dovranno imparare, attraverso la propria dura esperienza, che Obama, in quanto rappresentante del grande capitale, è organicamente incapace di difendere gli interessi della classe lavoratrice, che è la maggioranza del paese. La maggior parte della gente non impara dai libri, dalla storia o dalla teoria. La vita stessa è un’insegnante meravigliosa, e la classe lavoratrice statunitense è al posto giusto per imparare alcune lezioni particolarmente amare su come funziona veramente il capitalismo, o piuttosto, su come non funziona. Con l’economia che peggiora e la situazione internazionale sempre più instabile, la gente esigerà subito dei risultati da Obama. Se non lo farà, la gente sarà sempre più aperta alla possibilità di dare vita ad un partito di massa dei lavoratori basato sui sindacati. Si muoverà per prendere il controllo delle loro vite, come hanno fatto i lavoratori delle “Republic Windows” a Chicago (la città da dove proviene Obama).

Messi di fronte alla perdita non solo del proprio posto di lavoro ma anche dei propri stipendi arretrati, e delle proprie liquidazioni, 250 lavoratori, la maggioranza dei quali immigranti latinoamericani, hanno occupato la fabbrica di finestre e porte per circa una settimana. Il sostegno della popolazione è stato così grande – nonostante la quasi totale inattività dei dirigenti sindacali – che la “Bank of America” hanno dovuto garantire dei prestiti alla compagnia affinchè pagasse ai propri dipendenti i loro salari. Persino Obama ha dovuto dare un sostegno, seppur prudente, a questi lavoratori, anche se si è servito di questo episodio per giustificare la necessità di salvare le banche. Anche se i lavoratori sono ancora senza lavoro, l’esito della lotta è stato percepito da milioni di lavoratori come una vittoria. Questo potrebbe spingere molti lavoratori in tutto il Paese a seguire l’esempio dei lavoratori della Republic. L’industria automobilistica, ad esempio, è con le spalle al muro, e l’esempio dei lavoratori della Republic darà sicuramente ai lavoratori del settore auto molto a cui pensare. Un movimento generalizzato di occupazioni di fabbriche negli Stati Uniti non è ancora dietro l’angolo, ma i semi per la rinascita delle tradizioni combattive della classe operaia statunitense sono stati gettati. Gli avvenimenti si possono sviluppare più velocemente di quello che ci possiamo aspettare.

Il bellissimo movimento dei lavoratori immigratori nella primavera del 2006 è un altro esempio di quello che avverrà. Il movimento è stato alla fine cooptato dal Partito Democratico ed è stato fatto deviare dal suo percorso originale. Ma le contraddizioni fondamentali non sono state risolte. Prima o poi il movimento riprenderà, ad un livello di lotta ancora più alto. La campagna dei “100 giorni” per fare pressione su Obama e chiedere l’amnistia per tutti è già stata lanciata.

Molti opinionisti hanno paragonato Obama ad Abramo Lincoln. Ma non dimentichiamoci che Lincoln è stato presidente in uno dei periodi più tumultuosi della storia degli USA, durante una guerra di classe tra il Nord capitalista e il Sud a base schiavista. Il compito di Lincoln era difendere ed espandere il sistema capitalista, che all’epoca era storicamente progressista.  Ma il compito di Obama è mantenere a tutti i costi il sistema capitalista in un’epoca di decadenza imperialista.

Siamo davvero entrati in una nuova era. Ma non sarà un’epoca di pace, prosperità e ricchezza. Fuori dal caos capitalista fatto di guerra, crisi e miseria saranno plasmate le forze che faranno finire- una volta e per sempre - questo sistema di sfruttamento. Unisciti a noi nella lotta per un mondo migliore!

12 gennaio 2009

Source: FalceMartello