Danimarca: la lotta in difesa del centro sociale a Copenhagen

Italian translation of Denmark: The youth house in Copenhagen (March 2, 2007)

Un punto di vista di classe

Ieri mattina, 5 marzo, le forze dell’ordine hanno ordinato la demolizione del centro sociale Ungdomhuset a Copenhagen. Dalla mattina del primo marzo, quando la polizia ha fatto irruzione nel centro che era occupato da anni da un movimento di giovani autonomi, la capitale della Danimarca ha assistito a giornate di grande tensione.

Migliaia di giovani sono scesi in piazza a Copenhagen per protestare contro questo sgombero, e si sono verificati scontri violenti e incidenti.
Questo articolo è comparso inizialmente su Socialistisk Standpunkt (www.marxist.dk), il giornale marxista danese, prima degli ultimi sviluppi della vicenda. Tuttavia crediamo conservi una grande utilità, in quanto spiega le posizioni fondamentali che i marxisti dovrebbero tenere verso questa questione. È necessario infatti comprendere quali sono i metodi che il movimento deve far propri per poter vincere


Negli ultimi due mesi si è aperto un dibattito in Copenhagen ed in tutta la Danimarca sul Centro Sociale Ungdomhuset, un edificio occupato da molti anni da un movimento di giovani “autonomi” a Nørrebro, un quartiere di Copenhagen. L’attenzione dei media si è intensificata a seguito dell’occupazione di un altro edificio, Villa-villakula, a Copenhagen, e lo sgombero degli occupanti da parte della polizia verso la fine di gennaio.

Ora è il Centro Sociale Ungdomhuset – che tra l’altro è un edificio di importanza storica, dove si è tenuto un congresso della Seconda Internazionale e dove sia Lenin che Rosa Luxemburg hanno tenuto conferenze – ad essere minacciata di sgombero. Sono iniziate discussioni sui media circa la questione della proprietà privata e della responsabilità dei politici di fornire spazi adeguati alle attività culturali e giovanili. Si è aperta inoltre una discussione nella sinistra danese sui metodi e la strategia che dovrebbero essere utilizzati per cambiare la società.La responsabilità è delle politiche borghesi.

Prima di tutto è necessario comprendere le radici di questo conflitto. In molti giornali borghesi si leggono commenti ed editoriali, che senza alcuna ragione concreta gettano tutte le colpe sui giovani, dipingendoli come violenti criminali e cercando così di scagionare i politici sia locali che nazionali da qualsiasi responsabilità.Il problema è che questo conflitto intorno a Ungdomhuset trae le sue origini nella frustrazione di ampi settori della gioventù a causa della politica portata avanti attualmente in Danimarca.

Mentre Anders Fogh (il primo ministro danese) approva la guerra di Bush in Iraq, si smantellano lo stato sociale, le scuole e gli ospedali. Per quanto riguarda il mercato e le condizioni di lavoro, molti giovani devono lavorare nelle condizioni peggiori, spesso senza contratto o diritto alla malattia ecc.

Allo stesso tempo, non ci sono vere opportunità culturali e di socializzazione per i giovani nelle comunità locali. Nella maggior parte dei quartieri, i giovani devono andare in bar, caffè e discoteche carissimi, a tutto profitto dei privati che controllano il settore dei locali notturni. La politica portata avanti, in altre parole, è una politica di classe borghese, che va a esclusivo beneficio dei capitalisti che operano in quel settore. La lotta per difendere la Ungdomhuset e ottenere altri spazi per i giovani deve essere vista in questo contesto. È un tentativo da parte di molti giovani di mettere in discussione le politiche borghesi e trovare una qualche alternativa che consenta la creazione di spazi giovanili che abbiano un chiaro scopo culturale e sociale.

La polemica su Jagtvej 69 (Ungdomhuset)

È in quest’ottica che dobbiamo considerare la polemica scoppiata intorno a Jagtvej 69, conosciuto come Ungdomhuset fin dal 1982, con concerti, una cucina popolare, attività culturali, etc.. Inizialmente il consiglio comunale di Copenhagen promise che i giovani avrebbero potuto usare l’edificio come centro sociale. Tuttavia cambiarono idea nel 2000, quando la sede fu venduta a una piaccola setta cristiana, Faderhuset. Da allora Faderhuset insiste che sono loro i proprietari dell’edificio e vogliono che i giovani occupanti se ne vadano.

I politici borghesi, specialmente del Venstre (il partito liberale, al governo), che si trovano sia al consiglio comunale di Copenhagen sia al governo, hanno attaccato ferocemente i giovani del centro sociale, impedendo ogni tipo di soluzione alternativa, come ad esempio trovare un altro edificio utilizzabile. Ritt Bjerregård (il sindaco di Copenhagen) ha adottato un atteggiamento molto ambiguo: da un lato si è lavata le mani dalla questione sollevando l’argomento riguardante il “diritto alla proprietà privata”; dall’altro lato ha cercato una soluzione "ragionevole", facendo "appello al dialogo".

In ogni caso, il fatto è che il consiglio comunale aveva promesso che i giovani avrebbero potuto continuare ad utilizzare questo edificio. Poi hanno cambiato decisione adducendo motivi poco convincenti. Per esempio è incredibile che i governanti non riescano a trovare un centro sociale per i giovani di Copenhagen. Eppure il governo non ha perso tempo quando si è trattato di costruire un nuovo Teatro dell’Opera che costava di milioni di corone, e di certo non c’è alcuna esitazione a promulgare leggi speciali ogni volta che A.P. Møller (il principale capitalista in Danimarca) ha un nuovo progetto edilizio. Tutto questo mostra che i politici portano avanti una linea molto chiara – una politica di classe a vantaggio dei capitalisti.

Anche l’argomento circa la “sacralità” della proprietà privata è falso. Ogni volta che lo Stato costruisce grandi infrastrutture per l’interesse pubblico, ad esempio nuove linee ferroviare, autostrade o ponti, il governo non si fa problemi ad espropriare case, terreni, etc. sul luogo della nuova costruzione. Viene normalmente concesso un indennizzo in modo che i proprietari possano comprare un edificio analogo da qualche altra parte.

Perché allora questo deve essere impossibile per l’Ungdomhuset di Copenhagen? Un centro sociale, dopo tutto, è qualcosa di cui potrebbero beneficiare moltio giovani. Faderhuset è una piccola setta religiosa che potrebbe accontentarsi di qualsiasi altro edificio a Copenhagen. L’unica ragione per cui si stanno attaccando così pervicacemente a questa luogo in particolare è che in questo modo stanno godendo di una attenzione mediatica come mai prima d’oggi.

Metodi anarchici

I marxisti non sono affatto neutrali in questa lotta. Noi pensiamo che la responsabilità principale di questo conflitto vada cercata tra i fautori delle politiche borghesi e nel sistema capitalista nel suo complesso. Noi combattiamo contro le menzogne della borghesia e contro il suo vile attacco ad Ungdomhuset e a tutte le altre realtà culturali giovanili e popolari. Pensiamo anche che la richiesta di più spazi sociali sia importante e che debba essere assunta come una rivendicazione significativa della lotta rivoluzionaria.

Ma allo stesso tempo pensiamo anche che molti dei metodi che alcuni dei giovani autonomi hanno usato in questa lotta siano sbagliati, e che la loro strategia sia completamente contro-producente rispetto al raggiungimento dei loro scopi.

Tra molti attivisti autonomi circola l’idea che la lotta per i centri sociali possa essere portata avanti come una lotta indipendente da una più ampia lotta politica e sindacale, e cioè, in pratica, in modo isolato dalla lotta di classe. Vedono l’occupazione di edifici lasciati vuoti come un fine in sé. Naturalmente l’occupazione di alcuni edifici può porre maggiormente in luce la questione, ed ottenere una certa attenzione mediatica, ma le occupazioni, di per sé, non possono risolvere nulla. Non possono vincere la lotta da sole, se non sono parte di una battaglia più radicale per cambiare la società.

È sbagliato pensare che si possa creare una piccola isola in cui possa esistere un “esempio” di socialismo, isolato dal mondo capitalista circostante, con la sua corsa cinica, amorale e senza scrupoli ai profitti. Il problema è che è questo è assolutamente impossibile. Se ci si vuole nascondere nel proprio piccolo mondo, lontano dalla politica, si può provare a chiudere tutte le finestre, mettere un enorme lucchetto alla porta e nascondersi sotto il letto. Ma un giorno o l’altro la politica arriverà e busserà alla porta – e se non saremo noi ad aprirla sarà la politica a sfondarla!

Questo è precisamente quanto è accaduto con Ungdomhuset, Christiania ed ogni altro tentativo di creare simili spazi. Quando vivi in una società capitalista, inevitabilmente finirai per essere sottomesso ai suoi meccanismi di sfruttamento e oppressione, che tu lo voglia o no. E le norme morali e culturali dominanti nella società influenzeranno sempre quelli che ci vivono.

Ogni esperienza mostra che è impossibile costruire una piccola “comune liberata” dal capitalismo. Se la lotta non viene portata avanti come uno scontro generale contro il capitalismo e per la conquista del potere a livello nazionale ed internazionale, tutti i progetti di questo tipo sono condannati in partenza al fallimento.

Allo stesso tempo noi crediamo che le tattiche concretamente utilizzate da alcuni attivisti autonomi siano assolutamente contro-producenti. Per esempio, il 16 dicembre scorso, una manifestazione pacifica fu trasformata in un’azione di devastazione pura e semplice, con scontri con la polizia e la distruzione di negozi sulle vie principali. Non c’è dubbio che la polizia abbia una parte di responsabilità per questi atti di violenza e che la repressione della manifestazione sia stata brutale. Ma gli autonomi sono caduti in pieno nelle provocazioni della polizia. Questi incidenti hanno danneggiato seriamente la causa di Ungdomhuset agli occhi di molte persone comuni, e regalato la scusa ai politici borghesi per lanciare ulteriori attacchi. Molte delle simpatie che Ungdomhuset aveva conquistato tra un’ampia fascia della popolazione di Copenhagen, per esempio con importanti manifestazioni pacifiche di quattro-cinquemila persone solo poche settimane prima, sono svanite come conseguenza di questa tattica di “azione diretta”..

Come si può vincere la lotta

L’unico modo per vincere questa lotta è farla diventare una parte della lotta di classe. Questa è una questione di classe e non può essere separata dalla lotta della classe lavoratrice e dai quei metodi e quelle organizzazioni che la classe adotta tradizionalmente. Ogni singolo tentativo di ridurre la lotta ad occupazioni isolate di edifici o a guerriglia urbana con la polizia è destinato a fallire miseramente.

Ciò che è necessario è portare avanti la rivendicazione di più spazi giovanili nei tre partiti dei lavoratori, nel Partito Socialdemocratico, nel Partito Popolare Socialista, nella Lista Unitaria ed anche all’interno dell’intero movimento sindacale, del movimento degli studenti e degli apprendisti, del movimento degli inquilini, nelle organizzazioni di disoccupati, etc. Queste organizzazioni hanno la forza ed il seguito di massa necessari per condurre una campagna di ampio respiro in difesa dei diritti dei giovani, compreso il diritto ad avere dei centri sociali dove riunirsi.

Se si sviluppasse una campagna del genere, con la convocazione di grandi manifestazioni di protesta contro la politica del governo, i politici borghesi si troverebbero in serie difficoltà. Allo stesso tempo questo minerebbe la credibilità di Anders Fogh (il primo ministro danese) tra la popolazione danese.

In questo modo è possibile non solo vincere la lotta per i centri sociali – che costituirebbe già una riforma importante e una vittoria per il movimento – ma anche fare un grosso passo in avanti nella lotta contro Fogh ed il suo governo di destra, e nella lotta per rovesciare il sistema capitalista in Danimarca e nel resto del mondo.

6 marzo 2007