La Russia, l’Ucraina e l’Occidente: ci sarà una guerra?

Mentre l’Ucraina scivola sempre più a fondo nel caos, il suono dei tamburi di guerra si fa sempre più forte. Sabato scorso il presidente Vladimir Putin si è assicurato il sostegno del parlamento per l'invio dell’esercito russo non solo in Crimea ma anche nel resto dell’Ucraina.

Questa minaccia è stata lanciata solo pochi giorni dopo che uomini armati “non identificati” hanno preso il controllo della penisola di Crimea. Non sorprende che siano stati poi identificati come soldati appartenenti alla Flotta russa del Mar Nero, stanziata in Crimea. Non sorprende neanche che il neo-presidente filo-russo della Crimea abbia immediatamente invocato l’intervento di Mosca. Contemporaneamente alcuni manifestanti filo-Mosca hanno issato bandiere russe sugli uffici governativi in due città dell’est Ucraina I leader occidentali, contrariati, hanno detto che la Russia non deve intervenire. Mosca ha alzato le mani, obiettando con sdegno di non avere nessuna intenzione di farlo. Ma i fatti sembrano dire il contrario: per tutta la scorsa settimana le truppe russe hanno svolto quelle che sono state descritte come “manovre di routine” ai confini con l’Ucraina. Putin si è assicurato senza difficoltà l’approvazione unanime del senato russo all’uso della forza armata sul territorio dei suoi vicini, proclameando la necessità di proteggere i cittadini russi. Ha chiesto che le forze russe vengano usate “fino alla normalizzazione della situazione politica nel paese”: una richiesta che suona molto ragionevole, un guanto di velluto che nasconde a malapena il pugno di ferro, dal momento che ha usato esattamente la stessa scusa per invadere la Georgia nel 2008.

Una minaccia, rivolta a quello che dovrebbe essere un Paese indipendente con 46 milioni di abitanti ai confini dell’Europa centrale, che crea lo scontro diretto più grande tra la Russia e l’Occidente dai tempi della Guerra Fredda. C’è stato un turbinio di attività diplomatiche in varie capitali con lo scopo di “calmare la situazione”. Il governo di Kiev ha protestato. L’Europa ha protestato. Obama ha protestato. La Gran Bretagna ha convocato l’ambasciatore Russo per esprimergli la propria “preoccupazione”. Poco dopo il Ministro degli Esteri britannico William Hague è volato a Kiev, presumibilmente per esprimere la propria solidarietà al governo provvisorio. I ministri dell’UE sono stati costretti a riunioni d’emergenza. Il presidente ceco Milos Zeman ha ricordato l’invasione della Cecoslovacchia da parte dell’Unione Sovietica del 1968.

Washington ha avvertito che le azioni della Russia potrebbero avere delle “conseguenze”, ma nessuno sa dire quali sarebbero queste conseguenze. In risposta Putin ha tranquillamente riaffermato il proprio diritto a schierare soldati in Ucraina “per difendere l’interesse della popolazione russa”. I politici occidentali hanno centinaia di argomenti, ma Putin ha centinaia di migliaia di soldati, carri armati e cannoni. E mentre le forze della NATO sono piuttosto lontane, le sue forze sono opportunamente concentrate proprio sul confine Ucraino, e alcune sono già sul territorio, in Crimea, dato che la Russia ha in questa regione una base navale permanente.

La tensione tra le due parti in causa cresce di ora in ora. In un discorso televisivo, il presidente provvisorio dell’Ucraina Olexander Turchynov ha esortato la gente a mantenere la calma. (Chiunque sta esortando esattamente alla stessa cosa). Ha chiesto agli Ucraini di ricucire le divisioni nel Paese e ha detto loro di non cadere nelle provocazioni. Ma allo stesso tempo ha detto di avere messo l’esercito in piena allerta: un messaggio davvero tranquillizzante.

Il primo ministro Arseniy Yatsenyuk , che stava in piedi vicino al signor Turchynov, si è detto “convinto” che la Russia non sarebbe intervenuta militarmente “perché questo sarebbe l’inizio della guerra e la fine di tutti i rapporti diplomatici”.

Paura e miseria in Ucraina

La situazione in Ucraina è drammatica. L’euforia dei primi giorni dopo la caduta di Yanukovych è svanita e il suo posto è stato preso da un clima di preoccupazione e tensione. Non è un caso che il primo atto del Parlamento durante la prima seduta dopo la riapertura sia stata un voto per abolire il Russo come seconda lingua ufficiale. Secondo vari rapporti, le bande fasciste erano “di guardia” alla Rada mentre si teneva questa votazione. Queste milizie fasciste ora sono state integrate nella polizia e nelle forze armate e i loro leader stanno ottenendo importanti posizioni nella Difesa, nella Sicurezza Interna, nel Pubblico Ministero e altri ministeri chiave. C’è forse da meravigliarsi del fatto che i lavoratori e la popolazione russofona siano preoccupati? Se hanno paura è perché hanno qualcosa da temere.

Quando Putin parla di una minaccia per la popolazione di lingua russa dell’Ucraina non sta mentendo. Il ruolo dei fascisti nel movimento Euromaidan è stato sistematicamente minimizzato e ignorato dai media occidentali. Come sempre, presentano qualsiasi movimento che si opponga ad un governo che non va loro bene come formato da “combattenti per la libertà” democratici, in base al secolare principio: il nemico del mio nemico è mio amico. Permetteteci di ricordare che Washington ha definito sia i Talebani che Osama Bin Laden dei “combattenti per la libertà”, fintanto che uccidevano i Russi e non gli Americani.

Il rovesciamento di Yanukovych ha dato il via libera ai fascisti per lanciare un pogrom contro il Partito Comunista (assalti alle sue sedi, attacchi incendiari contro le abitazioni dei suoi leader, censura di pubblicazioni, ecc…). Questa tattica così audace dei fascisti suggerisce chiaramente che essi sentono di poter contare su un forte sostegno dall’esterno. Fanno probabilmente affidamento sugli USA (o parte dell’amministrazione USA e del Partito Repubblicano), piuttosto che sulla Germania. È ormai ufficiale che gli Stati Uniti hanno investito negli ultimi 20 anni qualcosa come 5 miliardi di dollari nel sostegno all’opposizione in Ucraina, e i legami tra i fascisti del movimento di Bandera e gli USA risalgono agli anni del governo Reagan.

Inevitabilmente, l’antisemitismo ha mostrato la propria brutta faccia in Ucraina. A Leopoli è stata assaltata una sinagoga. Di conseguenza un rabbino capo ha consigliato agli ebrei di non lasciare le proprie case e un funzionario israeliano sta invitando gli ebrei ucraini ad immigrare in Israele. Questo non vuol dire che un vero e proprio regime fascista sostenuto dagli Stati Uniti sia ora al potere, ma il ruolo e la forza relativamente indipendenti dei fascisti sono un elemento importante della situazione e ciò che rende un compromesso più difficile da raggiungere e mantenere.

Destra, ultra-nazionalisti e bande fasciste si sono scatenati. Esponenti della sinistra sono stati aggrediti. Rostislav Vasil'ko il segretario del circolo cittadino del Partito Comunista di Leopoli è stato selvaggiamente picchiato. Ha subito un danno ai polmoni e la testa spaccata. È in condizioni critiche all’ospedale. Ci sono stati molti casi del genere.

Questi avvenimenti hanno comprensibilmente creato un clima di paura e rabbia nei centri industriali dell’Ucraina dell’est. L’attività principale del Partito Comunista (KPU) è stata quella di mobilitarsi per difendere i monumenti a Lenin che sono stati distrutti in molti luoghi nell’Ucraina occidentale. Nelle regioni orientali ogni giorno si tengono assemblee di massa a cui partecipano migliaia di persone.

C’è un vuoto a sinistra che deve essere riempito. Il logico candidato a farlo sarebbe il Partito Comunista (KPU). Sfortunatamente, dopo il 2004 anziché mantenere un’indipendenza di classe il KPU si è subordinato a quel settore dell’oligarchia rappresentato da Yanukovych e dal Partito delle Regioni. Hanno argomentato che Yanukovych fosse il “male minore” rispetto al suo rivale Yushenko. Questo è stato un grave errore. Probabilmente è stata una reazione alla precedente esperienza del KPU della lotta al fianco di Yushenko contro Kuchma (Leonid Kuchma è stato presidente dell'Ucraina dal 1994 al 2005, quando ha guidato la transizione al capitalismo. Yushenko, anch'egli un politico borghese, lo ha succeduto fino al 2010, ndt).

Ciononostante, ci sono dati che dicono che il KPU sta crescendo (ad esempio a Lugansk). Non ho le cifre esatte, ma sembra che tutte le sezioni del KPU nel Sud e nell’Est abbiano registrato una crescita. Questo non è sorprendente. Avvertendo la crescente minaccia da parte dei fascisti e degli ultra-nazionalisti, le masse naturalmente gravitano intorno a quelle organizzazioni di massa che sentono loro vicine e che sembrano difendere i loro interessi di classe, così come la loro identità di russi. Nonostante tutte le politiche sbagliate adottate dei leader del KPU è necessario esprimere la nostra ferma solidarietà e il nostro sostegno ai comunisti ucraini contro questa aggressione fascista.

La situazione in Crimea

La Crimea è il centro del sentimento filo-russo. La regione, una penisola sulla costa ucraina del Mar Nero, ha 2,3 milioni di abitanti, la maggior parte dei quali si considera appartenente all’etnia russa e parla russo. La regione ha votato massicciamente per Viktor Yanukovych nelle elezioni presidenziali del 2010, e molta gente pensa che ora lui sia vittima di un colpo di stato; questo porta i separatisti presenti nel parlamento della Crimea a spingere per un voto sulla separazione dall’Ucraina.

Nei fatti, la Russia è stata la potenza dominante in Crimea per la maggior parte degli ultimi 200 anni, fin dall’annessione della regione nel 1783. Tuttavia è stata ceduta da Mosca all’Ucraina, all’epoca facente parte dell’Unione Sovietica, nel 1954. Gli abitanti della regione di etnia russa però vedono questo passaggio come un errore storico che ora deve essere sanato. Tuttavia i Musulmani Tatari di Crimea rappresentano una minoranza significativa. Un tempo maggioranza della popolazione, sono stati deportati in massa da Stalin nel 1944 per la loro presunta collaborazione con gli invasori nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. La composizione etnica è complessa: secondo il censimento del 2001 gli Ucraini costituiscono il 24% della popolazione, contro il 58% dei Russi e il 12% dei Tatari. I Tatari sono tornati dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, provocando continue tensioni coi russi riguardo ai diritti fondiari. L’elemento più preoccupante dell’equazione è la lotta che è scoppiata tra attivisti Russi e Tatari nelle strade.

La situazione in Crimea è precipitata rapidamente dopo il rovesciamento di Yanukovych. Dopo l’occupazione del Parlameno di Crimea a Simferopoli da parte di paramilitari russi, i deputati hanno votato un cambiamento del governo locale e annunciato un referendum sull’Indipendenza per il 25 maggio. Il risultato di questo referendum è scontato. La maggioranza della Crimea è formata da cittadini di etnia russa che ora stanno chiedendo a gran voce all’Ucraina di tornare alla Russia.

La Crimea è ormai completamente fuori dal controllo del governo di Kiev. Tutti gli aeroporti sono stati bloccati dalla Marina russa ed entrare in Crimea è al momento impossibile, come hanno scoperto gli inviati dell’Onu quando hanno provato ad andarci. Formalmente la Crimea resta legalmente parte dell’Ucraina, uno status che la Russia ha accettato quando si è impegnata a mantenere l’integrità territoriale dell’Ucraina in un memorandum firmato nel 1994 e sottoscritto anche da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Il governo di Kiev si è appellato proprio a questi garanti per ricevere un aiuto. Ma ciò che è legale dal punto di vista formale è una cosa, ciò che accade in pratica un’altra. Nelle parole di Solone l'Ateniese, “La legge è come una tela di ragno: trattiene gli insetti piccoli, mentre i grandi la trafiggono.”

Il cinismo degli Stati Uniti e dell’Unione Europea

Le azioni e le parole dei leader degli Stati Uniti puzzano di ipocrisia. Mentre chiedono alla Russia di non intervenire nelle questioni interne dell’Ucraina, loro sono intervenuti a lungo, cercando con tutti i mezzi di trascinare il paese fuori dall’orbita di Mosca verso l’ovile della NATO e dell’Unione Europea. Il loro comportamento cinico ha giocato un ruolo chiave nella destabilizzazione dell’Ucraina e nel determinare l’attuale catastrofe.

Gli americani accusano i russi di violare la sovranità nazionale dell’Ucraina. Ma gli Usa non hanno violato la sovranità nazionale dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Jugoslavia? Accusano la Russia di complottare per la disgregazione dell’Ucraina. Loro non hanno organizzato e messo in atto la disgregazione della Jugoslavia e della Cecoslovacchia? Non hanno sostenuto attivamente la disgregazione dell’Unione sovietica, che da allora è stata la causa di così tante guerre, morti e sofferenze? Mentre fingono di difendere la libertà e la democrazia, gli imperialisti americani non hanno esitato ad appoggiarsi ad elementi fascisti e nazisti per rovesciare il governo filo-russo di Victor Yanukovych. Mentre fingono di difendere l’indipendenza e la sovranità nazionale dell’Ucraina, hanno creato una situazione che minaccia di distruggere del tutto l’Ucraina come Stato unitario.

L’Unione Europea ha ingannato la popolazione facendo loro credere che se l’Ucraina fosse passata sotto il controllo di Berlino invece che di Mosca, i loro problemi economici sarebbero finiti, i cittadini ucraini sarebbero stati accolti a braccia aperte a lavorare e vivere in Europa e la Banca Centrale Europea avrebbe fatto piovere sul popolo riconoscente miliardi di euro.

Molti ucraini, stanchi di decenni di corruzione, truffe e caos economico, ci hanno creduto. Ma era una bugia dall’inizio alla fine. L’Ucraina è probabilmente l’unico luogo in Europa dove la gente scende in piazza sventolando le bandiere dell’Unione Europea. In Grecia la stessa bandiera viene bruciata. In quasi tutti gli altri paesi il nome dell’Unione Europea è sinonimo di sventura. La differenza è che in questi paesi la popolazione ha avuto un'esperienza reale di che cosa significhi l’Unione Europea capitalista, mentre per gli Ucraini è solo un sogno.

Ora gli Ucraini stanno cominciando a capire la realtà. L’economia del Paese è sull’orlo dell’abisso. Il governo di Kiev è letteralmente in bancarotta. La banca centrale dell’Ucraina ha posto il limite di 15.000 hryvnia (1000€) al giorno ai prelievi in contanti per evitare l’assalto alle banche e il completo crollo della valuta. Il governo di Kiev dice di avere bisogno di 35 miliardi di dollari nei prossimi due anni per evitare il default sui suoi prestiti. Ma chi pagherà? La Russia ha sospeso la prossima rata di un prestito di 15 miliardi di dollari. L’Unione Europea manda solo un sacco di belle parole, mentre per quanto riguarda i soldi, poco o nulla. Ma le parole non possono riempire le pance vuote.

È l’inizio della Terza Guerra Mondiale?

Forse perché è il centenario del 1914 qualcuno vede le ombre di Sarajevo. Significa che questo è l’inizio della Terza Guerra Mondiale? Simili analogie storiche sono superficiali e prive di qualsiasi contenuto reale. L’equilibrio di forze a livello mondiale non è neanche lontanamente simile a quello che c’era nel 1914. Né lo sono gli interessi degli Stati coinvolti.

Nel 1914 la Germania è stata costretta ad entrare in guerra per difendere l’Austria, proprio alleato, e in ogni caso era alla ricerca di un pretesto per la guerra. All’epoca erano coinvolti gli interessi vitali di Germania, Austria, Russia, Francia e Gran Bretagna. L’assassinio di Francesco Ferdinando a Sarajevo è stato solo la scintilla che ha scatenato un’esplosione a livello europeo che si stava preparando da decenni. Basta un semplice elemento per mettere in luce la differenza. Gli eventi di Sarajevo hanno portato immediatamente all’ultimatum dell’Austria alla Serbia, stilato con condizioni tali che i Serbi non avrebbero mai potuto accettarlo. Questo perché l’Austria stava disperatamente cercando una scusa per invadere e distruggere la Serbia.

Qual è la situazione adesso? L’America dice tutto e il contrario di tutto sull’”aggressione” della Russia, anche se finora il suo esercito non ha ancora invaso l’Ucraina (pur essendo già presente in Crimea). Questo perché l’America non ha interessi fondamentali in Ucraina. Naturalmente agli Usa piacerebbe vedere la cessazione dell'attività della base navale russa in Crimea. Ma le sue attività d’ingerenza nella vita politica ucraina, attività che hanno contribuito fortemente a destabilizzare il Paese e quindi a determinare l’attuale situazione, non sono state dettate da interessi economici. L’Ucraina non ha il petrolio, come l’Iraq, ma solo grossi debiti da pagare, e l’America ha già abbastanza debiti per conto proprio.

L’America non è interessata al destino del popolo ucraino o dell’Ucraina come nazione. Non vuole assumersi alcuna responsabilità per i problemi economici del paese. Quello che vuole, e che ha sempre voluto, è dividere l’Ucraina dalla Russia. Questo fa parte della sua strategia geopolitica a lungo termine per indebolire la Russia e distruggere la sua influenza sugli Stati che appartenevano all’Unione Sovietica.

Dopo essersi vista umiliata dall’Occidente in Jugoslavia, in Iraq e più recentemente in Libia, la Russia sta ora mettendo dei paletti. Questo era già chiaro in Georgia ed è stato chiaro anche in Siria. Ma dal punto di vista di Mosca, l’Ucraina è molto più importante di tutto ciò. Gli “strateghi” di Washington sono una massa di miopi ignoranti della peggior specie. Hanno commesso un grave errore rispetto al calcolo su quale potesse essere la risposta russa. Ora si dicono sorpresi. Se il loro stupore fosse reale, devono avere un Big Mac al posto del cervello.

L’Occidente sta perseguendo una politica cinica per il potere in Ucraina. Né la Merkel né Obama hanno a cuore gli interessi del popolo ucraino. È stata sollevata la questione dell’ingresso dell’Ucraina nella NATO. Il primo passo, “la cooperazione militare” è già stato accennato. Ma la Russia non può accettare in nessun caso la presenza della NATO e l’installazione di armamenti anti-missilistici statunitensi sul suolo ucraino. Tutto ciò equivale ad un’azione ostile e una provocazione nei confronti della Russia. Da questo punto di vista la reazione di Mosca era logica e inevitabile.

Ma no, non si tratta del 1914 o del 1939. Non è neanche la Guerra Fredda. È il post-Guerra Fredda, e non c’è alcuna ragione per cui l’attuale guerra a parole debba sfociare in un conflitto militare tra le grandi potenze. Non è neanche come nel 1968, quando l’esercito sovietico ha invaso la Cecoslovacchia. Stavolta Mosca ha un sostegno notevole all’interno dell’Ucraina. Può permettersi di aspettare e lasciare che gli eventi facciano il loro corso. In seguito, potrà intervenire quando le farà più comodo, certa di essere accolta come un liberatore quantomeno da una significativa parte della popolazione.

L’altro giorno Obama ha parlato con Putin per un’ora e mezza. Il contenuto di questa conversazione non è noto. Quello che si sa è che non ha risolto proprio nulla. Il Segretario di Stato americano John Kerry ha fatto appello a tutte le parti in causa a “fare un passo indietro ed evitare ogni provocazione”. Kerry sputa fuoco e fiamme avvertendo la Russia che le sue azioni avranno delle “conseguenze”. Quali? Ha proposto timidamente l’espulsione della Russia dal G8, una cosa per cui l’uomo che risiede al Cremlino difficilmente perderà il sonno.

Recentemente la Russia ha ripetutamente superato in astuzia gli Stati Uniti sulla scena mondiale. Obama è stato umiliato da Putin sulla Siria e nella cerchia dominante degli USA si respira rispetto a questo episodio una ribollente frustrazione. Obama viene ritratto come un presidente debole e indeciso che non è in grado di resistere ai Russi. I Repubblicani come il rabbioso reazionario John McCain, come prevedibile, lo attaccano per questo. Ma cosa suggerisce McCain? Non un’azione militare. Vuole che il governo applichi in modo più ampio una legge che permette al governo Americano di sanzionare i funzionari russi colpevoli di violazione dei diritti umani. Forse non sarebbe una cattiva idea punire anche i funzionari americani colpevoli di violazione dei diritti umani. Questo terrebbe la Corte Internazionale di Giustizia occupata per un periodo piuttosto lungo. Ma questa buona idea non è passata per la mente del signor McCain. Né ha mai tenuto conto di come esattamente questi anonimi “funzionari russi” debbano essere estradati dalla Russia. Ma il ragionamento logico non è mai stato il punto di forza dei Repubblicani in generale e di John McCain in particolare.

La Gran Bretagna si è unita a Stati Uniti, Francia e Canada nella sospensione dei preparativi per una riunione del G8 che avrebbe dovuto tenersi in Russia a giugno. Il Ministro degli Esteri britannico William Hague ha destinato un colpo ancora più decisivo alla Russia: ha intenzione di boicottare le Paralimpiadi di Sochi. Questo sì che farà davvero tremare di paura i Russi! Ma è stata Frau Merkel, il capo indiscusso dell’Unione Europea, a creare per prima questo trambusto. Come Obama anche lei ha passato un po’ di tempo a parlare al telefono con il presidente russo. Ancora una volta il contenuto preciso della conversazione non è stato reso noto (eccetto che alla CIA che, come al solito, avrà ascoltato tutto). Ma da quel che sappiamo la leader tedesca si è dimostrata estremamente comprensiva verso il punto di vista di Mosca.

L’intera telefonata è stata molto cordiale e si è conclusa con l’impegno dei tedeschi a mantenere stretti legami con la Russia e a continuare un dialogo amichevole. Come mai la conversazione è stata così amichevole? Non potrebbe avere qualcosa a che fare con il fatto che la Russia è il principale fornitore di gas della Germania? Forse Angela è preoccupata del fatto che se pestasse troppo forte i piedi a Vladimir, lui potrebbe essere tentato di staccare la spina? Forse non lo sapremo mai.

L’occidente parla lingue diverse: il messaggio che arriva da Washington non è esattamente lo stesso che arriva da Londra. E quello che arriva da Berlino è completamente diverso dai primi due. Una cosa però è molto chiara. In tutte queste conversazioni, amichevoli o meno, nessuno ha mai fatto riferimento alla sola cosa che avrebbe potuto impressionare Putin: la possibilità di un’azione militare. La faccia di bronzo di Anders Fogh Rasmussen (un “gentile Scandinavo”), che parla abitualmente a nome della NATO, il che vale a dire per gli USA, ha chiesto alla Russia di ritirare le sue truppe dalle proprie basi. Lo ha fatto con il tradizionale stile scandinavo, cioè dolcemente, gentilmente e molto educatamente: “Invitiamo la Russia a disinnescare le tensioni… a ritirare le sue truppe dalle proprie basi e ad astenersi da qualsiasi interferenza in altre regioni dell'Ucraina”. Parlando a Bruxelles ha detto in tono più rassicurante che l’Ucraina è un “partner prezioso” per la NATO e le dovrebbe essere permesso di decidere il proprio futuro. In seguito, pur condannando i Russi per “l’aggressione” li ha pregati di aprire un dialogo.

Ancora una volta non si è nemmeno accennato a un ultimatum di alcun genere. C’è una ragione decisamente valida per il silenzio di Rasmussen: sa fin troppo bene che un’azione militare da parte dell’Occidente è completamente esclusa.

L’esercito ucraino

L’Ucraina ha accusato la Russia di stare mettendo in atto un’invasione militare con l’invio di forze navali nella regione della Crimea. Ma cosa si può fare al riguardo? Teoricamente l’Ucraina ha il più grande esercito d’Europa, dotato di armamenti moderni e tecnologici. Ma tutte le notizie indicano che l’esercito ucraino, come il resto dello Stato, ha risentito di anni di trascuratezza, di mancanza di finanziamenti e corruzione. Inoltre, l’esercito ucraino riflette inevitabilmente le contraddizioni della società ucraina e contiene al suo interno le stesse divisioni. Sottoposto a pressioni eccessive può andare in pezzi.

Questa ipotesi ha ricevuto una prova clamorosa a proprio sostegno anche in questi ultimi giorni quando il capo della Marina Ucraina, appena nominato, ha pubblicamente disertato e giurato fedeltà alla regione di Crimea, in presenza del suo nuovo leader filo-russo. Dal momento che il contrammiraglio Denys Berezovsky era stato nominato capo della Marina appena sabato, nel contesto della reazione del governo di Kiev alla minaccia di invasione russa, è stato un colpo devastante. L’ammiraglio si è impegnato a “obbedire totalmente al comandante supremo della Repubblica autonoma di Crimea” e a “difendere la vita e la libertà” del popolo di Crimea. Le ripercussioni della defezione di Berezovsky si faranno sentire in tutte le forze armate ucraine.

Ieri la BBC ha mandato in onda le immagini dei marinai ucraini bloccati nella propria base in Crimea dai soldati russi. Le facce di questi ragazzi mostrano preoccupazione, non atteggiamento di sfida. Questa preoccupazione non è dettata tanto dalla paura per la propria vita quanto dalla paura di ricevere l’ordine di sparare contro uomini che, fino a pochi giorni fa, erano loro amici e compagni. È chiaro che non hanno il fegato per una guerra. Se prendiamo per buona la massima di Napoleone per cui “il morale sta al fisico in rapporto di tre a uno”, allora la capacità di combattimento di queste truppe rasenta lo zero.

Perciò è improbabile che l’esercito ucraino sia pronto al combattimento, almeno al momento, anche se la situazione può cambiare. È ancora meno probabile che possa respingere con successo un’invasione russa, tantomeno che possa riconquistare la Crimea, che è stata già occupata del tutto tranne che formalmente. Cosa possono fare? Il parlamento ucraino chiede al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di discutere della crisi scoppiata in Crimea. Naturalmente il Consiglio discuterà e discuterà ancora per poi non fare alcunché. Anche sulla più innocua risoluzione sull’Ucraina sarà posto il veto dalla Russia che, opportunamente, è membro del suddetto consiglio. Qualunque cosa accada adesso, la Crimea è persa.

Che cosa accadrà ora?

Quando Yanukovich è scomparso dopo essere stato esautorato, tutto credevano che Putin lo avesse scaricato, ma poi è apparso di nuovo in Russia. Ha tenuto una conferenza stampa nella città di Rostov sul Don, vicino al confine ucraino, proclamando che era ancora il Presidente legittimo dell'Ucraina. Il procuratore generale dell'Ucraina ha detto che chiederà alla Russia l'estradizione di Yanukovich, se fosse confermato che sia ancora nel paese. Putin sta adottando la vecchia tattica degli imperatori romani, che erano sempre disposti a garantire rifugio ai re deposti. In un secondo momento, in caso di invasione, sarebbero stati un'utile copertura: il trono sarebbe stato di nuovo loro, naturalmente sotto il dominio di Roma.

È possibile un accordo tra la Russia e gli Usa? Non si può scartare in principio. Ma naturalmente il corso degli avvenimenti suggerisce altri scenari possibili, e gli avvenimenti accadono rapidamente. La divisione dell'Ucraina sembrerebbe un'eventualità sempre più probabile, ma data la grandezza e la collocazione geografica del paese, le conseguenze sarebbero di vasta portata. Non si potrebbe realizzare senza scontri armati o addirittura una guerra civile. La Russia sarebbe a quel punto costretta ad intervenire. Dato che l'Unione europea non possiede un esercito, il suo ruolo sarebbe pari a zero in una situazione del genere.

Non può passare inosservato come il burattino della Germania, Klitschko, non figuri nella lista dei ministri del nuovo governo. Il burattino degli americani Yatsenyuk, invece, è diventato primo ministro. È chiaro che è Washington a comandare la danza a Kiev ora. Ci si può aspettare che gli americani assumano un atteggiamento belligerante (almeno a parole): dopotutto,ogni conflagrazione in Ucraina si riverserà in primo luogo su Russia ed Ue, mentre l'amministrazione Usa è seduta a una distanza piuttosto confortevole dagli avvenimenti (o almeno, questo è quello che pensa).

Yatsenyuk è sotto pressione da diverse parti. Da una parte i fanatici ultranazionalisti gli soffiano sul collo, spalleggiati dalla teppaglia in Piazza Maidan. Dall'altro lato, Washington gli dice di tenere duro, assicurandogli il pieno appoggio degli Usa. È una combinazione esplosiva.

L'Ucraina orientale ribolle di rabbia. Alcuni simpatizzanti del governo di Kiev sono stati cacciati fuori dagli uffici governativi a Kharkov senza troppe cerimonie da una folla inferocita. Le regioni orientali stanno rapidamente sfuggendo dal controllo del governo centrale. Cosa può fare quest'ultimo per impedirlo? Se non fa nnulla il distacco si approfondirà, se prova ad intervenire militarmente si verificherà uno scontro sanguinoso e i carri armati russi oltrepasseranno immediatamente la frontiera. Putin ha avvertito Obama: una qualunque minaccia alla popolazione russa dell'Ucraina e la Russia entrerà nel paese, e non c'è alcuna ragione per ritenere che stesse bluffando.

A Mosca l'ambiente si sta polarizzando. Una piccola manifestazione contro la guerra è stata dispersa velocemente ed è stata seguita da un enorme corteo in appoggio a un eventuale intervento. Se, come è piuttosto probabile, il governo di Kiev cerca riaffermare il proprio controllo su queste regioni e avviene uno spargimento di sangue, i carri armati russi varcherebbero i confini ucraini in un istante e nulla potrebbe fermarli. Anzi sarebbero accolti come liberatori dalla maggior parte della popolazione.

È impossibile capire in anticipo quale sarebbe il potenziale bellico delle forze armate ucraine in una situazione simile. Come sottolineava Napoleone, la guerra è la più complessa delle equazioni. Ma non abbiamo elementi per affermare che l'esercito ucraino potrebbe fermare un'invasione russa. Il governo di Kiev e l'Occidente si troverebbero davanti al fatto compiuto: protesterebbero nella maniera più vibrante, ma sarebbero comunque impotenti. Sarebbe il primo passo verso la divisione dell'Ucraina, che rappresenterebbe una catastrofe per tutti gli Ucraini e per la classe operaia a livello internazionale.

Per un'Ucraina unita e socialista

Se il destino dell'Ucraina fosse deciso da Putin, dalla Merkel e da Obama, cosa resterebbe della sovranità nazionale ucraina? La Russia insieme agli Usa, alla Gran Bretagna e alla Francia, si è impegnata a tutelare l'integrità territoriale dell'ucraina in memorandum firmato nel 1994. Ma come tutti i trattati è solo un pezzo di carta. Tutte le questioni saranno, come sempre, in ultima analisi decise dalla forza. I pacifisti che gridano "contro la guerra" e "per la pace" e così via, sono del tutto inutili se non peggio, in situazioni come queste. Bisogna partire dalla situazione reale così come si presenta.

Un saggio diplomatico disse in un'occasione: "Le nazioni non hanno amici, solo interessi". Ed é proprio vero. Putin non sta agendo negli interessi della popolazione russofona dell'Ucraina, e nmmeno a Obama o alla Merkel interessa molto degli ucraini. Le loro motivazioni sono guidate dai rispettivi ristretti interessi nazionali, vale a dire dagli interessi dei ricchi e dei potenti, da quelli dei banchieri, dei capitalisti e degli oligarchi che sono i veri padroni della società capitalista.

Sarebbe un errore fatale se i lavoratori ucraini riponessero illusioni nelle intenzioni delle potenze straniere. La popolazione russofona dell'Ucraina, che comprende i battaglioni pesanti della classe operaia, guarda a Mosca perchè mantenga i suoi impegni, mentre molti Ucraini delle regioni occidentali guardano all'Ue come ad un'ancora di salvezza. In tutti e due casi si sbagliano e, prima o poi, malediranno il loro errore.

Tutto il caos attuale trae le proprie origini dal tremendo crollo dell'economia ucraina successivo alla fine dell'Urss. La realtà è che il capitalismo ha fallito sia in Ucraina sia in Russia. Solo un manipolo di oligarchi miliardari si è arricchito saccheggiando le proprietà dello Stato, mentre milioni di persone comuni sono sprofondate nella povertà. Sulla base del capitalismo, non ci sono soluzioni. Molti nelle regioni occidentali sono stati sedotti dalle sirene dell'America e dell'Europa, ma presto scopriranno che si è trattato di una trappola. Nell'abbraccio ferreo del Fmi si troveranno in una posizione molto peggiore di prima.

E che dire della popolazione delle regioni orientali dell'Ucraina? Se arriva la Russia risolverà tutti i problemi? La situazione economica era brutta prima, ma la divisione dell'Ucraina renderà le cose molto peggiori. La "generosità" di Mosca non durerà a lungo specialmente se, come è inevitabile, il prezzo di gas e petrolio comincerà a diminuire. L'economia russa è destinata a una recessione e una guerra con l'Ucraina, anche se fosse vittoriosa, potrebbe essere il detonatore per questa crisi. Stamattina la Borsa di Mosca ha aperto in caduta libera: è un avvertimento di quello che succederà nel futuro.

Tuttavia, gli effetti peggiori non saranno economici ma politici. Un'invasione della Russia e la divisione dell'Ucraina innescherebbero inevitabilmente una serie di eventi che avrebbero conseguenze molto negative per la coscienza della classe operaia a livello internazionale, e specialmente in Europa. I conflitti nazionali sarebbero enormemente esacerbati, creando dei mostri, come abbiamo visto in Jugoslavia. Uno spargimento di sangue sarebbe il miglior nutrimento per un odio e per un rancore che durerebbero per generazioni.

Il caso della Crimea è particolarmente preoccupante a riguardo. I Tatari di Crimea, musulmani, la cui ostilità verso la Russia risale alle deportazioni ordinate da Stalin durante la Seconda guerra mondiale, si oppongono aspramente ad ogni riavvicinamento a Mosca. Se come sembra inevitabile la Crimea sarà annessa alla Russia,si verificheranno ulteriori tensioni tra Russi e Tatari. Potremmo assistere alla formazioni di gruppi terroristi ed anche guerriglieri come in Cecenia, che porterebbero avanti una lotta armata feroce contro la Russia, con tutti gli orrori che ciò comporta.

Nella stessa Ucraina si verificherebbero le stesse cose: attacchi terroristici, uccisioni indiscriminate di civili, bombardamenti: tutte le cose orribili che abbiamo visto così frequentemente in un paese dopo l'altro, in Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Siria, Libia, ecc. Una volta che hanno inizio, è difficile fermare questi processi. La follia terrorista si diffonderebbe, infettando la Russia e l'Europa, dove la presenza di grandi numeri di immigrati dall'Ucraina e dalla Russia sarebbe un terreno fertile per gli attentati e gli omicidi di stampo terrorista.

La popolazione delle regioni orientali saluteranno probabilmente con sollievo l'arrivo delle truppe russe, ma sarebbe più sulla base della speranza che della realtà dei fatti. alla stessa maniera, la popolazione di Kiev e delle regioni orientali che guardano con speranza a Berlino e a Washington vedranno le loro illusioni fatte a pezzi. "Le cose non possono andare peggio di così", si immaginano. Purtroppo possono andare molto, molto peggio.

Lottiamo per l'unità della classe operaia e per l'unità dell'Ucraina, ma l'unica garanzia perchè ciò si realizzi è una lotta rivoluzionaria contro l'oligarchia. Non possiamo affidare questo compito ad altri che non sia la classe operaia ucraina. I lavoratori a Mosca che scendono in piazza in appoggio alle azioni del governo non appoggiano la guerra ma vogliono dimostrare il loro appoggio ai loro fratelli e sorelle in Ucraina. La vedono come una lotta contro il fascismo, ma l'unica forza che può sconfiggere il fascismo è la classe operaia, una volta che sia unita e mobilitata per cambiare la società.

È necessario sconfiggere il fascismo in Ucraina? Certamente! I fascisti e gli sciovinisti ucraini sono i nostri nemici e devono essere schiacciati senza pietà. La classe operaia, il Partito comunista e i sindacati devono sviluppare ed estendere le milizie antifasciste che si stanno già creando. I comitati antifascisti dovrebbero collegarsi a livello di tutto il paese, coinvolgendo sia chi è madrelingua ucraina e chi russa, i Tatari e coloro di origine ebraica. I fascisti possono essere sconfitti dalla forza organizzata della classe operaia, ma solo a condizione che non si permetta qualunque divisione al suo interno.

La divisione della classe operaia ucraina sarebbe un'azione criminale. Non c'è alcuna ragione a favore della divisione dell'Ucraina. Per secoli ucraini e russi hanno vissuto e lavorato assieme. I due popoli hanno molti legami storici e culturali in comune, che rimangono forti tuttora. Dopo che la banda di reazionari che siede nella Rada ha approvato una legge criminale che proibisce la lingua russa, ci sono stati casi di persone nelle regioni occidentali che hanno deciso di parlare solo russo per 24 ore, e di casi di persone nelle regioni orientali che hanno deciso di parlare solo in ucraino per la stessa durata di tempo. Questo piccolo ma significativo episodio dimostra che la gente comune in Ucraina si oppone alla follia nazionalista e desidera in maniera fervente l'unità.

Compagni! Fratelli e sorelle! Lavoratori di Ucraina e Russia! Non riponete alcuna fiducia nei vostri governi, che sono solo una copertura per il dominio di un'oligarchia capitalista degenerata! Abbiate fiducia solo in voi stessi,nell'unità della vostra classe e nella coscienza di classe. Non permettete di farvi ingannare dalla demagogia falsa dei nazionalisti e dal veleno pieno di odio del fascismo. Lottate con tutte le vostre forze per la sacra unità della classe operaia, che superi tutte le differenze religiose, linguistiche, etniche e nazionali!

Comunisti di Russia e Ucraina! Se volete rimanere fedeli al comunismo, agli ideali di Lenin e della rivoluzione d'Ottobre, è necessario rompere con la borghesia e con l'oligarchia e lottare per il socialismo. Putin non ci rappresenta, come non ci rappresenta Yanukovich o Yatsenyuk, o qualsiasi altro partito o fazione della borghesia. L'unica forza che può cambiare la società è la classe operaia, armata del programma del socialismo sotto la direzione di un Partito comunista che sia degno di questo nome.

Diciamo basta allo sciovinismo! Che il nostro slogan sia: ritornare a Lenin! Viva il socialismo! Viva l'internazionalismo proletario e la sacra unità della classe operaia!

3 marzo 2014